102) Lc 22,54-71 – 30/11/2022
- Il testo
54 Avendolo preso lo condussero e lo introdussero nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. 55Avendo acceso un fuoco nel mezzo del cortile anche Pietro sedette con quelli che erano seduti insieme. 56Vistolo una ragazza che sedeva verso la luce e lo fissava gli disse: «Anche costui era con lui». 57 Quello, però, negò dicendo: «Non lo conosco, donna». 58E, dopo un po’, un altro vistolo disse: «Anche tu sei da loro». Pietro, però, disse: «O uomo, non [lo] sono». 59E, passata circa un’ora, un altro con forza diceva: «In verità anche costui era con lui, e infatti è Galileo». 60Disse allora Pietro: «O uomo, non so quello che dici, e immediatamente mentre ancora parlava un gallo cantò». 61E voltatosi il Signore guardò Pietro, e Pietro si ricordò la parola del Signore come disse a lui: «Prima che il gallo canti una volta, mi rinnegherai tre volte». 62E uscito fuori pianse amaramente. 63E gli uomini che avevano [in custodia] lui lo deridevano percuotendolo, 64 e, copertolo, gli chiedevano dicendo: «Profetizza: chi è che ti ha percosso?». 65E molte altre bestemmie dicevano verso di lui. 66E come avvenne giorno, fu riunito consiglio degli anziani del popolo, sommi sacerdoti e scrivi. E lo condussero nel sinedrio dicendo: «Se tu sei il Cristo dillo a noi». Disse loro: «Se ve [lo] dico non mi crederete; se vi interrogherò non mi risponderete. 69Da ora starà il figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza di Dio». 70Dissero tutti: «Tu dunque sei il figlio di Dio?». Quello disse verso di loro: «Voi dite che io sono». 71Quelli dissero: «Che bisogno ancora abbiamo di testimonianza? Noi stessi infatti abbiamo udito dalla sua bocca».
2.Il messaggio
Una chiave di lettura di quella che è la storia di Gesù fino a questo momento è quanto Egli ha appena detto (v. 53: ma questa è la vostra ora, è l’ora delle tenebre). Subito dopo accade che mettono le mani addosso a Gesù, cosa che prima non era mai successa.
54 Avendolo preso lo condussero e lo introdussero nella casa del sommo sacerdote. Pietro lo seguiva da lontano. Nell’ora dell’autorità delle tenebre, Gesù in qualche modo perde la sua, viene catturato e condotto presso la casa del sommo sacerdote, un uomo di autorità. Nell’ora delle tenebre, colpisce l’atteggiamento di Pietro, che ancora continua a seguire Gesù, e non ha ancora fatto esperienza della sua povertà, della sua verità.
Dal racconto sembrerebbe che la sequela continui, ma da lontano, ed è spontaneo chiedersi come mai, se perché non vuole o non può più stare vicino a Gesù. Se Pietro non può difendere Gesù con la spada, come può stargli vicino? Forse seguendolo? Da lontano, perché teme di fare la stessa fine di Gesù? Probabilmente nell’animo di Pietro ci sono un coacervo di situazioni che lo conducono nel cortile del sommo sacerdote, ma leggendo il brano si evince che la scena non è chiarissima, non si comprende bene se Gesù è nel cortile o nella casa. Pietro è discepolo di Gesù, ma è l’ora delle tenebre, e queste influiscono su di lui, come influiscono su di noi, e dunque sulla capacità di dire la verità di noi stessi, sulla forza di poter professare la fede.
55Avendo acceso un fuoco nel mezzo del cortile anche Pietro sedette con quelli che erano seduti insieme. 56Vistolo una ragazza che sedeva verso la luce e lo fissava gli disse: «Anche costui era con lui». L’ora delle tenebre è intimidazione, è l’ora del condizionamento e Pietro subisce questa situazione in un contesto che non è pericoloso di per sé. Perché la prima a parlare è una ragazzina. Tuttavia, in un contesto di tenebra non riesce a testimoniare Gesù, piuttosto riesce a rinnegarlo, rinnega prima Gesù, poi i suoi compagni e poi anche l’evidenza di essere Galileo. Le tenebre entrano sempre più nel suo cuore fino ad impedirgli di testimoniare della verità dei fatti. Le tenebre manipolano la verità: 57 Quello, però, negò dicendo: «Non lo conosco, donna». 58E, dopo un po’, un altro vistolo disse: «Anche tu sei da loro». Pietro, però, disse: «O uomo, non [lo] sono». 59E, passata circa un’ora, un altro con forza diceva: «In verità anche costui era con lui, e infatti è Galileo». 60Disse allora Pietro: «O uomo, non so quello che dici, e immediatamente mentre ancora parlava un gallo cantò».
Dopo che il gallo canta, lo sguardo di Gesù ripristina la verità che è nel cuore di Pietro, e quest’ultimo comprende di sé che non è stato ciò che credeva di poter essere. E’ tuttavia importante precisare che lo sguardo di Gesù non è di condanna ma di sostegno, di verità, al punto da consentire a Pietro di ritornare in se stesso e di piangere per questo cedimento. Precedentemente, Gesù ha detto a Pietro che lo avrebbe rinnegato ma che successivamente, una volta ristabilito, avrebbe dovuto confermare i suoi fratelli (v. 32). La ristabilizzazione di Pietro comincia già con lo sguardo di Gesù.
63E gli uomini che avevano [in custodia] lui lo deridevano percuotendolo, 64 e, copertolo, gli chiedevano dicendo: «Profetizza: chi è che ti ha percosso?». 65E molte altre bestemmie dicevano verso di lui. L’ora delle tenebre continua a manipolare la realtà, tutti si prendono gioco di Gesù, lo deridono, lo percuotono, ironizzano sulla sua profezia e bestemmiano su di lui, azioni che negano ciò che Gesù è. Gesù tuttavia acconsente che la sua autorità sia coperta da questo velo di tenebre anche se ciò può apparire come uno scandalo, lo scandalo della luce che viene coperta dalle tenebre.
66E come avvenne giorno, fu riunito consiglio degli anziani del popolo, sommi sacerdoti e scrivi. E lo condussero nel sinedrio dicendo: «Se tu sei il Cristo dillo a noi». Si fa giorno, si riunisce il consiglio degli anziani, il sinedrio, Gesù viene condotto dentro e si consuma l’ultimo livello: la non accettazione della verità che Gesù proclama su di sé.
Disse loro: «Se ve [lo] dico non mi crederete; se vi interrogherò non mi risponderete. 69Da ora starà il figlio dell’uomo seduto alla destra della potenza di Dio». 70Dissero tutti: «Tu dunque sei il figlio di Dio?». Quello disse verso di loro: «Voi dite che io sono». 71Quelli dissero: «Che bisogno ancora abbiamo di testimonianza? Noi stessi infatti abbiamo udito dalla sua bocca». La richiesta riguarda il sapere se Gesù è il Messia, ovvero l’inviato di Dio, colui che deve regnare su di Israele, un re, ma Gesù risponde facendo capire che lui è figlio dell’uomo, figlio di Dio e alla fine Dio stesso («Io sono»). Tutto questo rivela la verità di Gesù. Gesù non ha mai detto a nessuno se non ai discepoli ciò che riguarda la sua identità, arriva nel luogo centrale della vita religiosa di Israele, il sinedrio, e comunica di essere ciò che loro si aspettano, fa un atto solenne di verità, che tuttavia non viene accolta.
Siamo abituati all’idea che Gesù ha ragione, ha un consenso. E’ facile essere discepoli di Gesù in un tale frangente, ma c’è un momento in cui questo non accade e forse il tempo di oggi potrebbe avere qualche connotato di questo, Gesù non ha il consenso. L’atteggiamento di Gesù insegna a noi il modo di come comportarsi in una situazione in cui si è in minoranza e non si accetta il Vangelo. Gesù incontra ostilità e mancanza di accettazione delle sue parole, sa benissimo che c’è una volontà di condanna, di morte, ma nonostante tutto questa situazione non tange la sua testimonianza, Egli non si fa influenzare da questo contesto. Non è aggressivo, tanto meno ritirato, è franco diretto e dice la verità al di là del fatto che questa possa comportare un vantaggio o meno. La sua comunicazione non è legata a vantaggi personali, è trasparente. Gesù è libero di dire la verità anche se sconveniente.
Da questo punto di vista l’insegnamento di Gesù è chiaro: Egli è condotto in un luogo in cui è in chiara minoranza e non ha timore di dire come stanno le cose. Gesù vive in prima persona quello che ha detto ai suoi in Lc 12,11: «vi condurranno di fronte ai tribunali ma non vi mancherà di testimoniare» e in Lc 21, 19: «con la vostra “sottomissione” salverete le vostre anime». Viene richiesto di sottostare alla situazione, non ribellarsi di fronte ad una situazione che può essere di palese ingiustizia ma che invece può essere compresa come occasione per testimoniare, magari proprio in quei luoghi che sono centrali, come il sinedrio, luogo più importante della fede d’Israele.
3.Alcune domande per riflettere
- [La mia fede] Dopo l’arresto, Pietro – che non ha potuto difendere Gesù con la spada – prova a mantenersi fedele seguendolo, seppur da lontano. In tale sequela si creano da sole le condizioni della testimonianza. In un mondo che cerca la propria autorità (e pertanto nega quella di Cristo) sono situazioni di vita normale quelle che Pietro deve affrontare in quanto discepolo di Gesù. Quanto la mia testimonianza – il credo – è relegato nelle mura di una chiesa? Quanto spesso rinuncio a testimoniare Gesù nelle situazioni di vita concreta? Quali sono le situazioni concrete della mia vita che mi chiedono di testimoniare che sono discepolo di Gesù?
- [Gli altri] Lo sguardo di Gesù ricorda a Pietro le sue parole e il tradimento annunciato. Ma non è uno sguardo di condanna, bensì di comprensione e amore: il Maestro sapeva. Mi è capitato di vivere questo sguardo ascoltando la Parola o pregando? O anche incrociando lo sguardo di qualche fratello al quale ho fatto un torto? Cosa mi aiuta a compiere questo sguardo?
- [La prassi] L’atteggiamento di Gesù è esemplare di fronte a un mondo che non riconosce: non si ribella, mai si irrita. Sa benissimo che il processo lo condurrà alla morte: eppure è lì per proclamare la Verità. Una verità che non ha paura delle conseguenze, e neanche si fa influenzare nei modi della sua risposta. Quanto le mie parole sono condizionate dal risultato sperato/previsto? Quanto sono capace di dire senza tirare in ballo me stesso? Quanto voglio guadagnare dalle mie parole e quanto voglio far guadagnare Lui? Quanto credo che la verità stessa si fa strada da sola e quanto penso di doverla “aiutare”?