11) Lc 2, 21-32-11/12/2019
1.Il testo
21E quando furono compiuti gli otto giorni per circonciderlo, anche fu chiamato [con] il suo nome Gesù, [come] fu chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel seno [della madre].
22E quando furono compiuti i giorni della loro purificazione, secondo la legge di Mosé, lo condussero a Gerusalemme per presentarlo al Signore, 23come è scritto nella legge del Signore: «ogni maschio che schiude l’utero sarà chiamato santo per il Signore», 24e per donare un sacrificio secondo [quanto] detto nella legge del Signore: «una coppia di tortore o due giovani colombe».
25Ed ecco vi era un uomo in Gerusalemme, di nome Simeone – e questo uomo [era] giusto e religioso – che attendeva il conforto di Israele e lo Spirito Santo era su di lui. 26Ed era stato rivelato a lui dallo Spirito santo che non avrebbe visto morte prima di aver conosciuto il Cristo del Signore. 27E venne nello Spirito al tempio, e mentre i genitori introducevano il bambino Gesù per fare secondo la prescrizione della legge riguardo a lui, 28anche lui lo ricevette tra le braccia e benedisse Dio e disse: «Ora tu liberi il tuo servo, o padrone, secondo la tua parola in pace; 30poiché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, 31che hai preparato davanti al volto di tutti i popoli, 32luce per la rivelazione delle genti e gloria del popolo tuo Israele».
2. Il messaggio
In questo brano ci viene descritto un incontro tra Gesù e Simeone; esso ci insegna come è possibile incontrare Gesù. In fondo Luca non sta facendo altro nel suo Vangelo, come quando parla dei pastori, di Maria, di Zaccaria e di Elisabetta. Sono tutte vocazioni. Anche quella del brano odierno è a tutti gli effetti una vocazione: c’è una chiamata, c’è una promessa, c’è un adempimento. L’incontro viene connotato da delle coordinate ben precise, la coordinata più importante è costituita dalla Legge di Mosé che viene nominata almeno quattro volte.
21E quando furono compiuti gli otto giorni per circonciderlo, anche fu chiamato [con] il suo nome Gesù, [come] fu chiamato dall’angelo prima di essere concepito nel seno [della madre]. Il bambino viene circonciso e gli viene dato il nome di Gesù. La prima cosa che viene detta implicitamente è l’adempimento della circoncisione e della Legge mosaica, realizzato in obbedienza alla promessa che viene fatta dall’angelo. In questo primo momento compaiono la Legge e la Parola del Signore che viene data a Maria.
22E quando furono compiuti i giorni della loro purificazione, secondo la legge di Mosé, lo condussero a Gerusalemme per presentarlo al Signore, 23come è scritto nella legge del Signore: «ogni maschio che schiude l’utero sarà chiamato santo per il Signore», 24e per donare un sacrificio secondo [quanto] detto nella legge del Signore: «una coppia di tortore o due giovani colombe». Ogni primogenito dev’essere presentato al Signore. Dopo i giorni della purificazione Gesù viene presentato al tempio, per cui Giuseppe, Maria e Gesù si recano al tempio per adempiere la Legge di Mosé. Il termine «santo» significa in questo contesto «consacrato». Per i primogeniti la Legge d’Israele prevede, dopo aver fatto l’esperienza dell’Egitto e della Pasqua, di ricattare i primogeniti e donare un sacrificio. Luca fa una sottolineatura: per riscattare il primogenito donato al Signore si fa un sacrificio, i ricchi donano un capretto, i poveri una coppia di colombe. Questo è un modo per dirci che Giuseppe e Maria non sono ricchi e quindi offrono una coppia di colombe secondo la Legge. Gesù dunque è condotto al tempio in adempimento alla Legge: fino a questo momento tutti i passi che Gesù compie come infante sono dovuti alla sua obbedienza alla Legge. La Legge è quella veterotestamentaria, che il Signore in un certo modo ha rinnovato: eppure si è sottomesso completamente ad essa, che Lo conduce al tempio.
25Ed ecco vi era un uomo in Gerusalemme, di nome Simeone – e questo uomo [era] giusto e religioso – che attendeva il conforto di Israele e lo Spirito Santo era su di lui. 26Ed era stato rivelato a lui dallo Spirito santo che non avrebbe visto morte prima di aver conosciuto il Cristo del Signore. Una volta che Gesù è arrivato al tempio il racconto cambia; l’evangelista comincia a descrivere chi già è presente nel tempio in Gerusalemme, un uomo di nome Simeone, giusto e religioso. Il termine «giusto» riprende la descrizione di Zaccaria (indica colui che osserva tutte le norme del Signore). Il termine «religioso» invece può significare molte cose: se volessimo tradurre fedelmente l’aggettivo dovremmo dire «ben accogliente» (eulabès). Tutto il personaggio di Simeone è quindi connotato da una grande caratteristica: è l’uomo che sa accogliere, che ha una buona disposizione ad accogliere. Ma cosa? Attende il conforto d’Israele; anche il verbo «attende» si può tradurre in altra maniera. Si ritrova al v. 28, quando Simeone riceve il bambino Gesù tra le braccia. Dunque Simeone è un uomo che ha la capacità di accogliere e questa capacità si esprime nel suo aspettare. Questa è la coordinata principale di Simeone che si intreccia con la coordinata di Gesù. Abbiamo dunque due linee si congiungono e che fanno realizzare questo incontro: Gesù che è condotto al tempio dall’osservanza della Legge e Simeone è condotto al tempio dallo Spirito mediante la sua capacità di essere accogliente, di aspettare, di ricevere la consolazione d’Israele. Ci viene inoltre detto che lo Spirito Santo è su di lui, una caratteristica molto particolare perché tipica dei profeti. In Israele coloro i quali ricevono lo Spirito che rimane su di loro sono esattamente i profeti, cioè coloro che hanno la capacità di parlare a nome di Dio, ma anche di ascoltare più facilmente la presenza del Signore. Dunque, non basta aver ricevuto una Parola dal Signore, non è sufficiente limitarsi a gioire per il fatto che il Signore ha parlato, se poi non si ha l’atteggiamento di Simeone che rimane in attesa dell’adempimento di queste parole.
E’ interessante notare che Luca non descrive Simeone secondo un criterio di logica o cronologico; egli ci dice che quest’uomo è accogliente, è rimasto in atteggiamento di attesa (potremmo dire anche di vigilanza) dopo aver ricevuto la rivelazione dallo Spirito che gli ha detto che prima di morire avrebbe visto il Cristo. Simeone è un profeta al quale è stata promessa la visione del Messia, e vive tutta la sua vita in attesa del compimento della Parola del Signore, cioè l’incontro con Colui che deve salvare il mondo e tutta la sua vita è proiettata a quest’incontro: desideri, attese, pensieri, anche il fatto di andare al tempio. Possiamo chiederci anche noi quale sia quell’evento che aspettiamo nella nostra vita (una promozione, un bel lavoro, una famiglia, una bella casa?): se noi avessimo la capacità d’ascolto che ha Simeone vivremmo per una cosa soltanto, mentre nella misura in cui noi viviamo per molte cose diminuisce anche la nostra capacità di accoglienza. E l’accoglienza non è nella quantità di preghiere che facciamo, ma in quanto noi siamo attenti e capaci di accogliere, ascoltare, essere pronti ed attenti al Signore che passa. Si potrebbe dire che è una questione di temperatura, l’attesa non si misura dalle azioni ma dal desiderio di incontrare Qualcuno.
27E venne nello Spirito al tempio, e mentre i genitori introducevano il bambino Gesù per fare secondo la prescrizione della legge riguardo a lui, 28anche lui lo ricevette tra le braccia e benedisse Dio e disse: «Ora tu liberi il tuo servo, o padrone, secondo la tua parola in pace; 30poiché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, 31che hai preparato davanti al volto di tutti i popoli, 32luce per la rivelazione delle genti e gloria del popolo tuo Israele». Simeone è accompagnato dallo Spirito nel tempio mentre Maria e Giuseppe introducono il bambino Gesù per adempiere la Legge: è un vero e proprio appuntamento, non è una coincidenza, ma l’adempimento di una promessa. Questo adempimento ha due elementi coordinati: l’obbedienza da parte di Gesù alla Legge per mezzo dei genitori e la vigilanza di Simeone, che in seguito all’ invito dello Spirito si muove. Simeone afferma che ora è possibile morire, si sente libero e sciolto da questa promessa, i suoi occhi hanno visto la salvezza del Signore (all’inizio del brano il bambino è definito «consolazione d’Israele», ora «salvezza», cioè il Cristo, l’inviato, il Messia). Al v.32 per «genti» si intendono tutti coloro che non appartengono al popolo eletto: Simeone sta profetizzando che Gesù è rivelazione non solo per il popolo d’Israele, non solo per un uomo saggio e fedele nel tempio ma per tutti i popoli. E’ una vera e propria profezia. L’espressione «gloria del tuo popolo» si riferisce al fatto che la gloria appartiene sicuramente a Dio e sorge dal popolo d’Israele.
Il brano recupera due dimensioni fondamentali: Gesù ci insegna ancora una volta che la volontà di Dio si compie misteriosamente nell’obbedienza alla sua Legge. E’ la Legge del Signore che conduce il bambino all’incontro con Simeone. E se la Legge fosse faticosa? Gesù in Mt 11, 28 dice: «Venite a Me voi tutti che siete stanchi e sovraccaricati, ed io vi ristorerò. Caricatevi del mio giogo». Il mistero della Croce è questo, cioè la sottomissione ad un giogo del Signore che diventa liberante. Se pensiamo che il Signore ci toglie qualcosa sbagliamo, Lui non ci toglie le difficoltà, ma ci aiuta a portarle. Il giogo, il carico, il peso diventano più leggeri non perché Lui li tolga, ma perché li porta con noi. La stessa cosa fa Gesù: si sottopone al giogo della Legge, la porta (fino alla fine), insegnandoci che l’unico modo per vivere il rapporto con Lui è caricarsi di questo giogo (che poi è la Croce). Non è possibile accogliere Cristo senza accoglierne anche la Croce. Il primo elemento sul quale questo Vangelo ci istruisce è dunque che Gesù realizza da bambino questa profezia perché si sottomette totalmente alla Legge. Il secondo elemento afferisce ad una qualità che abbiamo imparato essere sia un dono sia un esercizio, all’ascolto e all’accoglienza. I due sostantivi sono sinonimi perché ascoltare significa accogliere, non c’è nessun ascolto della Parola senza un’accoglienza di quello che questa Parola chiede. Chi ascolta senza accogliere in realtà non sta ascoltando (si veda la parabola del seminatore). Ma soprattutto è importante la fede perché fino a quando la Parola che ci viene offerta e promessa non si è realizzata nella nostra vita, è necessario rimanere fedeli al nostro posto e aspettare. Simeone è un uomo vecchio che però tutti i giorni sale al tempio perché il Signore gli ha detto che lui avrebbe visto il Messia. Lui non sa quando sarebbe arrivato, ma ogni giorno fa il suo compito senza preoccuparsi di quando questo possa accadere perché ha la certezza che questo accadrà.
Uno degli ultimi brani dell’anno liturgico si conclude non a caso con le parole «Il Figlio dell’Uomo quando verrà, troverà la fede sulla terra?» La fede è la nostra capacità di aspettare con certezza che quello che il Signore ha detto si realizza, senza fuggire, senza sottrarsi, senza far scemare questa fiducia. In Luca questa Parola che si realizza in Simeone diventa una profezia per tutti i popoli (è un elemento ormai molto ricorrente nel suo Vangelo). Tutti coloro che riescono a vivere la fedeltà alla Parola del Signore diventano strumento per gli altri di rivelazione. Lo abbiamo visto anche in Zaccaria (che ha fallito), in Maria (che non ha fallito), nei pastori (che non hanno fallito e riescono ad annunziare addirittura a Maria quello che dicono gli angeli); anche Simeone riesce a profetizzare a tutti la venuta del Messia perché si trova al suo posto nel momento giusto. Ancora una volta riemerge la corresponsabilità nella fede. Ognuno ha le sue caratteristiche: Zaccaria è un sacerdote, i pastori sono guide del gregge, Simeone è un uomo pio che vive nel tempio. Sono tutte figure ’guida’, cioè persone alle quali il Signore ha chiesto un compito sicuramente particolare, ma questo non significa che ciascuno di noi non possa vivere il compito particolare che il Signore gli ha affidato nei confronti degli altri. E se noi dovessimo fallire? Non nel senso che possiamo sbagliare ma nel senso che ci scordiamo qual è la nostra vocazione, compito? Sarà una mancanza non solo per noi ma anche per quelli che il Signore in qualche modo ci ha messo. In tutte queste vocazioni, Luca ci sta raccontando qual è il modo di agire di Dio e noi possiamo focalizzare l’attenzione o sui soggetti che ricevono (e sono modelli o in positivo o negativo) o possiamo cominciare anche a guardare come il Signore agisce. Sembra che nella storia della salvezza ci sia uno schema che si ripete: Dio chiede a qualcuno una fedeltà, questa fedeltà è legata ad una promessa personale ma questa diventa per gli altri frutto di bene (in fondo per Abramo funziona così: la promessa di Abramo, è il figlio, e quindi la discendenza di Israele). Dio dunque ci chiede corresponsabilità, ci chiede di essere responsabili del fratello (si pensi a Caino in Genesi 3). Anche nei Vangeli dell’infanzia dunque Gesù ci parla, è presente anche se non può parlare. Dio si esprime quindi qui in un’altra maniera che comunque richiama sempre alla presenza di Gesù.
3. Le risonanze personali
vv. 21-32 Luca in questo brano ci descrive un evento, cioè l’incontro tra Simeone e Gesù ancora in fasce. Questo incontro non avviene per caso ma segue delle tappe ben precise: Maria e suo marito Giuseppe hanno rispettato la legge di Mosé e l’obbedienza a Dio; dall’altro canto c’è Simeone che sa attendere, accogliere e ricevere. Simeone è un uomo giusto e religioso e riesce a riconoscere il Cristo Salvatore profetizzando la Sua missione. In questo brano Gesù ci insegna che la volontà di Dio si compie nell’obbedienza e con la Sua Legge, per vivere in Lui bisogna accettare la Croce, attraverso l’esempio di Simeone che nella sua attesa e nel suo modo di ricevere e accogliere la salvezza dimostra la sua fedeltà. La fede permette di riconoscere la volontà di Dio nella nostra vita, senza di essi siamo ciechi e sterili.