61) Lc 12,13-21
61) Lc 12, 13-21 – 01/07/21
- Il Testo
13Disse uno dalla folla a lui: «Maestro dì a mio fratello di dividere con me l’eredità». 14Quegli gli disse: «Uomo, chi mi ha posto giudice o mediatore tra voi?». 15Disse verso di loro: «Guardate e custoditevi da ogni cupidigia, poiché non per il fatto che uno abbondi, la sua vita dipende dai suoi beni».
16Disse una parabola verso di loro dicendo: «La terra di un uomo ricco fece un buon raccolto. 17E ragionava in se stesso dicendo: “Che farò, poiché non ho dove condurre i miei frutti”. 18E disse: “Questo farò: butterò giù i miei magazzini e [ne] costruirò più grandi e condurrò lì tutto il grano e i miei beni, 19e dirò alla mia anima: anima, hai molti beni che giacciono per molti anni. Riposa, mangia, bevi, rallegrati”. 20Disse a lui Dio: “Stolto, questa notte la tua anima sarà domandata a te. Quanto hai preparato per chi sarà?”. 21Così [è] chi tesorizza per se stesso non si arricchisce presso Dio».
- Messaggio nel contesto
Una richiesta impertinente
Quella dell’uomo dalla folla è una richiesta che non entra in nessun modo nell’attività/missione di Gesù. Possiamo dire che si tratta di una richiesta impertinente. A Gesù viene riconosciuta un’autorità, ma per fare qualcosa che egli non ha mai deciso di fare. Assomiglia molto questo a quando facciamo preghiere che non hanno a che vedere con ciò che entra nella vita cristiana.
Gesù risponde in modo differenziato. Rispetto al richiedente egli si sottrae dalla richiesta, mostrando che egli non è stato costituito giudice su di loro (su queste cose). Sicuramente egli sarà giudice degli uomini. Ma alla fine dei tempi e con un’altra prospettiva. Proprio questa prospettiva sembrerebbe emergere dall’insegnamento ai suoi: la vita di ciascuno e quanto i beni possono influire su di essa. La spiegazione di Gesù è chiara: l’aumento dei beni non costituisce una sicurezza per la vita (che egli verrà a giudicare)
La parabola
Proprio per spiegare questo aspetto – sempre ai suoi – Gesù racconta una parabola. Essa presenta tre momenti, connotati da tre attori diversi: il raccolto, l’uomo ricco e Dio. Tre elementi in stretta correlazione tra loro.
Innanzitutto il raccolto: la terra di un uomo ricco produsse un raccolto abbondante. Tale abbondanza è certamente espressione – nella Bibbia – di una benedizione divina. Una benedizione che rende quest’uomo più ricco di quanto non lo sia già. Questa abbondanza – che in sé è tuttavia neutra – diventa nel rapporto con l’uomo ricco pericolosa.
L’uomo ricco infatti fa di questa abbondanza la sua sicurezza. Per essa egli progetta di distruggere i suoi magazzini per costruirne addirittura di più grandi. L’accrescimento di questa grandezza serve all’accumulo, che a sua volta è funzionale al godimento della sua anima/vita per molti anni: «riposa, mangia, bevi, rallegrati».
L’intervento di Dio spezza questo progetto e spiega l’errore: il tempo concesso non è «molti anni ancora» ma è terminato e tutto ciò per cui si è lavorato non sarà per colui che si è impegnato tutta la vita per accumularlo.
Non emerge qui un significato morale della vicenda. Non osserviamo la denuncia all’attaccamento alle ricchezze. Non ai beni che vanno condivisi con i poveri. Niente di tutto questo. Dio fa notare all’uomo che questi ha tesorizzato per qualcosa che – più presto che tardi – dovrà lasciare. Ha cioè speso la vita per accumulare – tesorizzare – qualcosa che non vale la pena di accumulare. Semplicemente perché non rimane.
Inoltre questa attenzione gli ha impedito di tesorizzare presso Dio, ove invece questi beni rimangono.
Un significato esistenziale
Ciò fa emergere, inoltre, un significato complessivo della vicenda, che ha a che fare con la relazione tra il rivolgersi a Gesù e gli obiettivi reali della vita. Sembra evidente che sia inutile interpellare Gesù per obiettivi che non si confanno a ciò che è essenziale nella vita. Semplicemente perché Gesù non aiuta in ciò che poi risulta nocivo.
Tale constatazione fa emergere la domanda di fondo: quali sono gli elementi che persegui nella tua vita? Una domanda ancor più radicale potrebbe essere: in che modo vivi? Si può vivere la vita cercando il godimento («riposa, mangia, bevi, rallegrati»): questo movimento cerca per sé. Si tratta comunque di un accumulo. Si può vivere la vita, però, anche cercando di dare agli altri, in un movimento che trova la propria realizzazione nel fare del bene all’altro.
L’uno e l’altro movimento sono certamente iscritti nel concetto di vocazione, che è l’orizzonte nel quale ognuno concepisce la propria vita. Ed è proprio questo l’orizzonte per il quale va interpellato Gesù. Il vangelo ci dice che chi trova questa dimensione avrà «in sovrappiù» tutto il resto che gli serve per vivere. Forse, proprio chi non riflette abbastanza sulla sua vocazione, sul suo posto nel mondo, sarà portato ad accumulare solamente per sé. E a chiedere a Gesù circa questioni impertinenti. E a ricevere risposte di diniego, che non sono rifiuto, ma espressione dell’amore di un padre che non desidera l’infelicità del Figlio. Ma per comprender questo bisognerà ancora una volta avere fede… dando maggior credito alla sua Parola che ai nostri pensieri e desideri.
3. Alcune domande per riflettere
- Mi capita di pregare Gesù in modo impertinente (cioè non conforme a quella che è la sua predicazione nel vangelo)? Cosa gli chiedo di impertinente?
- In quale rapporto stanno i beni terreni con lo scopo/gli scopi della mia vita?
- Ho mai messo in discussione gli obiettivi della mia vita scoprendo che la preghiera per essi non produce risultati? Ho mai pensato a quanto siano “evangeliche” le realtà che ricerco?
- Si può vivere la vita in diversi modi, ma due sono i principali: cercando il godimento («riposa, mangia, bevi, rallegrati») per sé oppure cercando di dare agli altri. In quale dei due modi si configura una “vocazione”? Qual’è la mia vocazione?