13) Mt 5.33-42 – 15/06/2023

  1. Il testo

33Di nuovo avete udito che fu detto agli antichi: «Non spergiurare, restituirai al Signore i tuoi giuramenti». 34Io, però, vi dico non giurare per niente, né per il cielo, poiché è il trono di Dio, 35né per la terra poiché è sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, poiché è la città del grande Re, 36né giurare per la tua stessa testa, poiché non puoi fare un solo capello bianco o nero. 37Sia la vostra parola sì sì, no no. Il di più di queste cose è dal malvagio. 38Avete udito che fu detto: «Occhio per occhio e dente per dente». 39Io, però, vi dico di non opporvi al malvagio. Ma chiunque ti percuote sulla [tua] guancia destra, volgi a lui anche l’altra. 40E a chi vuole giudicarti e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello. 41Chiunque ti costringe [a fare] un miglio, fanne con lui due. 42A chi ti chiede dai, e non girarti a chi desidera da te di essere prestato [qualcosa]

  • Il messaggio

Le due antitesi presenti nel brano sono vicine perché esprimono la parola e il comportamento di fronte ad una situazione che può essere provocatoria.

La prima delle antitesi colpisce per una sorta di inversione : «Non spergiurare, restituirai al Signore i tuoi giuramenti». Spergiurare è il contrario di giurare, è un venire meno al giuramento, tanto è vero che a questo viene aggiunta la frase “restituirai al Signore i tuoi giuramenti”: dopo aver fatto una promessa, questa viene restituita, portata a compimento. Spergiurare, dunque, significa venire meno a un voto, a un giuramento fatto al Signore, ed ha come termine Dio.

34Io, però, vi dico non giurare per niente, né per il cielo, poiché è il trono di Dio, 35né per la terra poiché è sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, poiché è la città del grande Re, 36né giurare per la tua stessa testa, poiché non puoi fare un solo capello bianco o nero. 37Sia la vostra parola sì sì, no no. Il di più di queste cose è dal malvagio. Il giuramento non è inteso tanto come voto fatto a Dio, ma come giuramento che chiama in causa la divinità per attestare la verità di ciò che viene detto. Il giuramento davanti a Dio è il portare forza ad una dichiarazione fatta.

Lo spostamento attuato da Gesù è sulle situazioni pratiche, Egli invita a non giurare per niente. Da questo punto di vista non bisogna giurare non solo per Dio, ma per nessuna cosa, per il cielo perché appartiene a Dio, per la terra perché è sgabello di Dio, per Gerusalemme perché è città di Dio, per se stessi perché non ci si appartiene ma si appartiene a Dio. Gesù sta radicalizzando la legge del giuramento dicendo che nessuna cosa può essere oggetto di giuramento perché siamo sempre davanti a Dio, non c’è bisogno di giurare per Dio.

Il secondo passaggio, consiste nel non aver bisogno di nessuna autenticazione della parola per mezzo di Dio, perché il giuramento è una forma di autentificazione. Non c’è bisogno in maniera assoluta di autentificare la propria parola perché questa dev’essere già davanti a Dio un “sì” o un “no”.

37Sia la vostra parola sì sì, no no. Il di più di queste cose è dal malvagio. Gesù aggiunge che il di più di queste cose è dal malvagio, il giuramento non solo non è necessario ma è anche dannoso, perché viene dal malvagio ogni tentativo di garantire la propria rettitudine a partire da altro diverso da sé.

L’unica cosa che autentica la nostra parola è il si e il no, cioè la nostra parola stessa. Questo pone tanti problemi perché il giuramento è anche una forma di attestazione sociale. Il compimento della legge del Deuteronomio è proprio la nostra parola “sì” o “no”, perché già con questa parola siamo davanti a Dio, e tutta la realtà appartiene a Lui.

38Avete udito che fu detto: «Occhio per occhio e dente per dente». La legge mosaica permette una reazione commisurata al male ricevuto, la legge dell’ “occhio per occhio” consiste in una reazione rispetto ad un’azione ricevuta commisurata, proporzionata al danno ricevuto. Gesù invece non contempla nessuna reazione.

39Io, però, vi dico di non opporvi al malvagio. Non dobbiamo controbattere, reagire al male perché la reazione stessa comporta una partecipazione attiva al male, che diventa legittimazione della risposta, quindi il male ricevuto diventa il principio con il quale noi possiamo reagire con il male. Di fatto propagando il male in maniera infinita.

Ma chiunque ti percuote sulla [tua] guancia destra, volgi a lui anche l’altra. 40E a chi vuole giudicarti e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello. 41Chiunque ti costringe [a fare] un miglio, fanne con lui due. 42A chi ti chiede dai, e non girarti a chi desidera da te di essere prestato [qualcosa] Gli esempi sono molto esemplificativi e dicono soprattutto che Gesù non contempla mai che il male possa diventare il principio di un’azione personale neanche quando è ricevuto. Il male non può diventare il principio di una reazione personale neanche quando è subito perché anima le azioni.

Due esempi sono particolarmente significativi perché hanno verbi simili:  Ma chiunque ti percuote sulla [tua] guancia destra, volgi a lui anche l’altra; A chi ti chiede dai, e non girarti a chi desidera da te di essere prestato [qualcosa]. I verbi volgi” e non “volgerti” indicano un particolare atteggiamento, nonché la capacità di restare di fronte alla reazione dell’altro senza essere nemico. Sono tutte immagini di situazioni nelle quali si rimane nelle situazioni. Sono tutti verbi che esprimono lo sforzo di rimanere nella relazione senza che questa sia animata dal male. Questo potrebbe diventare in realtà lo strumento per permettere il cambiamento dell’altro, talvolta non è contrastare ma assecondare la richiesta in un modo che non sia animato dalla violenza. Ma come riuscire a stare con una persona che manifesta il male, accettando questo male e allo stesso tempo accettando la persona?

È necessario che siano presenti due cose per vivere queste situazioni: la prima è una grande fiducia che la parola di Gesù è vera, che non è utopia. Ci vuole un combattimento corpo a corpo con la parola di Dio, ed è la parola che ci mostra quanta violenza c’è dentro di noi.

                Il secondo momento necessario, è la presenza di una comunità che si esercita, la presenza di fratelli e sorelle che condividono il cammino, perché altrimenti è complicato instaurare relazioni consolidate in questo.

Per imparare bene, bisogna fare degli esercizi e la comunità è il luogo dell’esercizio del Vangelo, quindi non ci scoraggia il fatto che all’interno della comunità possa manifestarsi il problema, il litigio, la violenza, anche tra gli apostoli c’era, ma ciò che conta è che quello che non funziona dev’essere oggetto di un lavoro da fare insieme.

Tuttavia, oggi si fa molta fatica a mantenere un assetto dove l’esercizio del Vangelo sia sufficientemente frequente, non si intessono relazioni facendo l’esercizio del Vangelo.

Se non facciamo esperienza, e il Vangelo rimane solo parola, sarà sempre come la prima volta, il Vangelo funziona se noi riusciamo ad incarnarlo pienamente.

  • Alcune domande per riflettere
  • [La mia fede] «Il di più di queste cose è dal malvagio». Gesù non contempla alcuna autenticazione “esterna” alla propria parola. Qualunque tentativo di essa viene dal malvagio. Viene dal malvagio ogni tentativo di voler garantire la rettitudine della propria intenzione a partire da altro da sé. Che valore ha ai miei occhi la mia parola? Penso sia assoluta oppure ne riconosco una debolezza? Come questa consapevolezza – in un senso o nell’altro – modifica il mio modo di parlare?
  • [Gli altri] «Non giurare per niente». La consapevolezza di non dover giurare introduce un problema nei rapporti interpersonali. Come faccio a fidarmi dell’altro? Sulla base di cosa dovrei farlo senza alcuna “certezza” che egli rispetterà la sua parola?
  • [La prassi] «Ma io vi dico di non opporvi al malvagio». Questa richiesta – che non è inazione – chiede di non prendere parte (propagare) al male che si è ricevuto. Rifletto mai sul fatto che il desiderio di reazione al male subito è già azione del male dentro di me? come mi pongo di fronte a questo male? Lo riconosco parte di me o introdotto dall’esterno? Come mi comporto di fronte a questa “presenza” che tenta di abitarmi e dirigere le mie parole e azioni? Cosa mi chiede Gesù rispetto a questa “presenza”?
  • [La mia offerta] «Voltare» all’altro la guancia e «non voltarsi» di fronte alle esigenze dell’altro sono due facce della stessa medaglia. Laddove il «voltarsi» è sempre per mantenere una disponibilità di fronte all’altro. Quanto la mia disponibilità si lascia scoraggiare di fronte al male subito? Quanto la mia vita è animata da questa parola e quanto dalle azioni subite? Come mi pongo di fronte a questa parola del vangelo? Come fare per farla diventare ciò che anima la mia via?