14) Mt 5, 43-47 – 21/06/2023

  1. 1.   Il Testo

43Avete udito che fu detto: «Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico». 44Io, però, vi dico: amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano, 45così che siate figli del Padre vostro quello nei cieli, poiché il suo sole sorge sui cattivi e buoni e piove sui giusti e ingiusti. 46Se infatti amate coloro che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non anche i pubblicani fanno lo stesso? 47E se salutate solo i vostri fratelli, che fate di sovrabbondante? Non fanno lo stesso anche i gentili? 48Siate dunque voi perfetti come il padre vostro, quello celeste, è perfetto.

  • 2.   Il Messaggio

                43Avete udito che fu detto: «Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico». Questa Legge non c’è nel Deuteronomio nè in tutto l’Antico Testamento. Ci sono due parole che Gesù utilizza e sulle quali dobbiamo soffermarci, per capire il seguito: “ prossimo” e “ nemico”. Nelle Sacre Scritture al tempo di Gesù ci sono molte parole che invitano all’amore del prossimo il quale è, indistintamente, colui che ci è a fianco, finanche lo straniero può essere il prossimo. Amare il prossimo è l’espressione di un’apertura nei confronti di chi è vicino.

                Ci si chiede quindi chi è il “nemico”. Se si cerca la parola nella Storia di Israele, il nemico non è, principalmente, il nemico personale o individuale ma colui che il popolo di Israele incontra e che combatte contro Israele volendo sottrarre ad Israele qualcosa , come la Fede, la Promessa, la Terra. Pertanto, i nemici sono coloro i quali minano la nostra identità di popolo, di figlio, di Fede per cui odiare il nemico significa allontanare da sé, cioè dalla propria interiorità, l’altro che può minare la fedeltà del mio rapporto con Dio.

                La grande differenza con l’interpretazione che siamo portati a fare è che noi possiamo comprendere il nemico come colui che va contro i nostri progetti, ma non è innanzitutto quello. Alle nostre comprensioni e interpretazioni sfugge considerare che il comandamento, la parola, ha sempre come orizzonte di comprensione il nostro personale rapporto con Dio. Il rapporto con il prossimo può minare la nostra fedeltà con Dio da qui la necessità di odiare che non necessariamente è qualcosa che si deve tradurre in azione, anche se succede (chiunque toccherà il monte sarà lapidato,  chi commette alcuni tipi di peccato in Israele è lapidato , perché c’è una voluta presa di distanza da chi non abbraccia la stessa Fede).

                44Io, però, vi dico: amate i vostri nemici, Ogni volta che parliamo di giustizia e ingiustizia ci rifacciamo ad un orizzonte che ha sempre a che fare con un guadagno dell’oggi. Gesù dice che se si vuole essere veramente figlio ed avere un’autentica fedeltà allora non si deve odiare, perché l’autentica fedeltà nel Dio di Israele la si ottiene continuando ad amare ad oltranza. Questo è sconcertante perché, mentre nella Legge antica si disponeva di preservare la propria Fede finanche arrivando a odiare il nemico. Gesù dice di preservare la propria Fede continuando ad amare ad oltranza. La pienezza della Legge sta non solo nel proteggere la propria Fede, in quanto l’altro potrebbe contaminarla o portarla via, ma continuando ad amare fino alla totale profondità che permette di custodire la fedeltà che Gesù chiamerà, stravolgendo tutti, figliolanza. Non è più una Legge dove Dio è colui che dobbiamo adorare e basta ma diventa il Padre e infatti, successivamente, Gesù insegnerà la preghiera al Padre nostro. Gesù sta segnando dei passaggi epocali perché sta parlando della custodia, della difesa, dell’incremento, dell’identità della Fede che va difesa continuando ad amare anche di fronte ad un altro che non la condivide.

                e pregate per coloro che vi perseguitano. Abbiamo già incontrato quelli che ci perseguitano e appartengono all’orizzonte del Regno: le Beatitudini. E’ evidente che Gesù sta riscrivendo una Legge che nella mentalità di Israele è lo strumento per mantenere quel patto fatto con Dio, è la propria fedeltà, è la propria risposta ad una parola che Dio ha dato. Tutto questo finanche nella preghiera che diventa il desiderio del bene per l’altro nell’ottica di Dio (non è un’elemosina, si prega per l’altro affinché il suo rapporto con Dio cresca). Addirittura ci si sostituisce all’altro che non prega, pregando in sua vece. La struttura cambia completamente: io che ho un rapporto con Dio e desidero la pienezza del rapporto con Dio mi metto a pregare per l’altro. Anche oggi pregare per un’altra persona significa farlo al suo posto.

                45così che siate figli del Padre vostro quello nei cieli, poiché il suo sole sorge sui cattivi e buoni e piove sui giusti e ingiusti. In gioco non c’è l’ottenimento di un risultato ma c’è la propria identità di figlio di Dio che Gesù svela non più nella funzione di un uomo che obbedisce alla Legge di un Dio-Signore, al quale si deve obbedire, ma un Dio-Padre nel quale ci si riconosce come figlio. La questione paternità-figliolanza è una dimensione di identità, di famiglia, di provenienza nativa, la propria identità di figlio proviene da ciò che il padre ha trasmesso. Gesù sta dicendo che fare questo significa essere veramente figlio e come il Padre che fa sorgere il sole e piovere su tutti. Si tratta dell’emulazione della bontà divina che non smette di abbracciare tutti. Non è un precetto morale. Lo diventa ma la radice è altro. Matteo lo spiegherà meglio oltre, con le parole d Gesù.

                46Se infatti amate coloro che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non anche i pubblicani fanno lo stesso? 47E se salutate solo i vostri fratelli, che fate di sovrabbondante? Non fanno lo stesso anche i gentili? Vengono usate due parole: “ricompensa” e “sovrabbondanza”. Mentre i due esempi negativi sono: “pubblicani” e “gentili”. I pubblicani sono quegli ebrei che non rispettano la Legge e i gentili sono quegli uomini che non appartengono al popolo di Israele e non rispettano la Legge. Quindi, il problema è rispettare la Legge. I buoni e i cattivi sono distinti in base al rispetto della Legge ma la Legge a cui si riferisce Gesù è, sicuramente, quella dell’interiorità. 

                48Siate dunque voi perfetti come il padre vostro, quello celeste, è perfetto. Anche la perfezione si riferisce alla perfetta osservanza della Legge. Laddove perfetto significa completo, pieno. Nel mondo ebraico chi osserva la Legge viene definito “giusto” (Zaccaria, Giuseppe etc.). La sovrabbondanza della giustizia è di fatto la sovrabbondanza del Regno. Se il nostro orizzonte è umano la nostra ricompensa è, allo stesso modo, umana. Ma se vogliamo qualcosa che è sopra l’umano, se la nostra sete è Gesù allora capiamo la sovrabbondanza, se la nostra sete non è Gesù allora ci accontentiamo di ciò che c’è. L’immagine di ciò che sovrabbonda va oltre la dimensione orizzontale. Occhio per occhio, buoni e cattivi, fratello e non fratello, se non va un po’ oltre è perché siamo noi a non cercare un po’ oltre e se non cerchiamo un po’ oltre allora Dio scompare dalla nostra interiorità.

                L’evangelista Luca nel cap. 6 dice “se amate quelli che vi amano quale grazia è a voi?” perché amare coloro che non ci amano può solo venire da una dimensione di Grazia, cioè dal rapporto con Dio, non è frutto di uno sforzo personale, nel qual caso sarebbe un atto morale, ma è l’esercizio di una ricerca di Dio dove Dio,  nella ricerca stessa che Lui stesso suscita , ci dona la Grazia per fare le cose. Sant’Agostino direbbe che il desiderio di Dio è già un’azione che Dio utilizza per allargare il nostro cuore e in quanto desiderio non è completo ma vuole allargarsi. Questa è sovrabbondanza, l’eccedenza.

                        3.   Alcune domande per riflettere

  1. [La mia fede] All’«odio» per i nemici Gesù sostituisce l’amore verso di loro. Nell’amore indiscriminato sta la vera custodia della propria fedeltà a Dio. In che modo leggo oggi le provocazioni contro la fede? Cosa mi suscitano? riescono a cambiare l’orientamento del mio cuore? riescono a modificare la mia figliolanza in Dio?
  2. [Gli altri] La «sovrabbondanza» della giustizia che Dio chiede (Mt 5,20.47) viene dall’amare tutti indistintamente. Essa è frutto dell’accoglienza del Regno nella nostra vita. Pertanto tale accoglienza è “osservabile” da quanto si «ama» indistintamente. Quanto il mio rapporto con gli altri mi svela il mio rapporto con Dio? Cosa mi provoca questa osservazione?
  3. [La prassi] «Odio» e «amore» sono due atteggiamenti che sono orientati a proteggere quanto amiamo di più. Quanto più l’oggetto dell’amore diventa importante tanto più essi si accrescono. Cosa mi procura l’amore di Dio? Cosa fa crescere dentro di me e cosa fa decrescere?
  4. [La mia offerta] Spesso facciamo l’esperienza che amare i nemici è faticoso. E che questo ci chiede la morte di una parte di noi. Quanto Ono disposto, abbracciando la legge di Dio, a far morire ciò che dentro di me le si oppone? Quanto dò ragione a questa parte e alla parola di Gesù? Come abitano insieme entrambe dentro di me?