16) Mt 6,7-15 –

1.   Il testo

7Pregando, poi, non balbettate come i gentili. Credono infatti che nella loro loquacità saranno ascoltati. 8Non dunque siate somiglianti a loro. Il Padre vostro, infatti, sa ciò di cui avete bisogno, prima che voi glie lo chiediate.  9Così dunque voi pregate: «Padre nostro che sei nei cieli, che sia santificato il tuo nome, 10che venga il tuo Regno, che accada la tua volontà come in cielo [così] anche sulla terra. 11Dà a noi il nostro pane quotidiano oggi. 12E perdona a noi i nostri debiti, come anche noi perdoniamo ai nostri debitori. 13E non ci introdurre nella tentazione, ma allontanaci dal male. 14Se infatti perdonerete agli uomini le loro cadute, perdonerà anche a voi il padre vostro, quello celeste. 15Se invece non perdonerete agli uomini, nemmeno il padre vostro perdonerà le vostre cadute. 

2.    Il messaggio:

Questa Parola è presente solo in Luca e in Matteo e in modo diverso.  Luca ci riporta una richiesta da parte dei discepoli che chiedono a Gesù: “Signore, Giovanni Battista ha insegnato ai discepoli a pregare tu che ci insegni ?”. Per Matteo la preghiera del Padre nostro è a conclusione del grande discorso della montagna che comincia con le beatitudini, e del discorso dell’amore, la reinterpretazione della Legge sulla base dell’amore e il Padre nostro.

7Pregando, poi, non balbettate come i gentili. Credono infatti che nella loro loquacità saranno ascoltati. 8Non dunque siate somiglianti a loro. I gentili sono coloro che provengono dalle genti cioè sono tutti quelli che non sono Ebrei. Il termine “balbettare” in Greco può significare “ripetere” ma il significato originario semanticamente è balbettare. Ovviamente il balbettare contiene in sé il senso della ripetizione ma, rispetto alla ripetizione in quanto tale,  ha anche un’altra sfumatura di significato nettamente peggiorativa perché chi balbetta non parla bene e questa accentazione è molto in sintonia con la seconda frase: “pensano di essere ascoltati per la loro loquacità “ma una loquacità che davanti a Dio è un balbettio. Sembra non sia semplicemente la ripetizione di qualcosa, quanto la ripetizione inefficace, improduttiva di parole che non comunicano.

Il Padre vostro, infatti, sa ciò di cui avete bisogno, prima che voi glie lo chiediate. La condizione che Gesù mette in luce e che esprime che io conosca Dio è che se io ripeto tante parole prego come quelli che non lo conoscono. Qual è il mio atteggiamento che denota il conoscere Dio?E’ la consapevolezza che il Padre vostro sa già ciò di cui avete bisogno,  prima ancora che voi glielo chiediate e allora balbettareo non balbettare non dipende dall’appartenenza o meno al popolo eletto, che potrebbe essere una forma discriminatoria e anche un po’ presuntuosa, ma la capacità di non balbettare parte dalla consapevolezza che io ho che Dio già sa e allora qui comincia la questione:  cosa dico a uno che già sa le mie esigenze? E perché gliele dovrei ripetere? Allora qui si entra in una dinamica di rapporto perché a seconda di chi è Dio per me, la mia consapevolezza che lui già lo sappia, mi fa cambiare il modo di pregare.Quindi, forse, Gesù ci esprime degli atteggiamenti che sono alla base della nostra preghiera.

 9Così dunque voi pregate: «Padre nostro che sei nei cieli, che sia santificato il tuo nome, 10che venga il tuo Regno, che accada la tua volontà come in cielo [così] anche sulla terra. Da notare che il verbo è un imperativo. Questo Imperativo (che ricorre spesso nel Vangelo per bocca di Gesù, ad es. quando Gesù chiama i discepoli) è il modo con il quale l’Autorità, l’Autorevolezza di Gesù viene fuori ma non perché sia un comando di imperio ma perché mi sta dicendo una cosa che ha una forza intrinseca che il Vangelo chiama“exousia” cioè un’autorità che fino a quel momento io non ho trovato in nessun’altra persona ed è questa l’impressione di chi ha incontrato Gesù,  l’impressione di chi parli come nessuno mai e la sua Parola è talmente forte che diventa per me quasi un imperativo.

L’oggetto della preghiera è il Regno, ove il regnare esprime l’essere riconosciuto come regnante,  il fatto che la Tua Parola diventa nella nostra vita una realtà e la tua volontà sia fatta. Santità, Regno e volontà sono realtà che appartengono a Dio e nella preghiera si è consapevoli che come in cielo tutte queste cose ci sono, così si prega perché si realizzino anche in terra. E’ difficile pensare a questa parte di preghiera senza pensare al peccato di Adamo che di per sé le nega.

C’è tutto questo aspetto che interpella il primo atto di preghiera che io faccio verso Dio avente quale oggetto la preoccupazione che Lui sia onorato. Perciò la mia prima preoccupazione non è di elencare una serie di cose per me,  perché tanto io già so che la serie di cose per me lui le conosce già, ma la mia prima preoccupazione è esprimere il mio interesse affinché Lui sia qui e in pienezza. Tutto questo può essere in parte considerato come una forma di sintonizzazione con Dio ma anche come forma di riconoscimento, riconoscenza, ringraziamento, desiderio che la sua realtà venga cioè qualcosa che esprime un desiderio di bene per Te che ha come oggetto Dio non direttamente e primariamente me stesso.

11Dà a noi il nostro pane quotidiano oggi.12E perdona a noi i nostri debiti, come anche noi perdoniamo ai nostri debitori. 13E non ci introdurre nella tentazione, ma allontanaci dal male.  Dopodiché ci sono le richieste le quali afferiscono innanzitutto a due elementi principali: pane e perdono. Anche qui imperativi. Quotidiano è un modo di tradurre ma non è il modo più corretto perché il senso di questa parola si riferisce ad un pane solido, un pane sostanziale. Una delle traduzioni che può essere data è di un pane consistente, sostanziale. Cosa è veramente sostanziale? Si potrebbe pensare all’eucarestia. Ma anche a ciò senza cui non è possibile seguire Cristo: la croce. In tutto questo la preghiera esprime la maggiore importanza di Dio sull’oggetto che si chiede: da qui la richiesta che la preghiera sia quotidiana.

Rimettere i debiti  significa lasciare,  tecnicamente,  rilasciare. Il perdono è un lasciar andare. Il senso del verbo è lasciare andare il debito, condonare. Debiti e cadute vanno insieme, non si parla di peccati, anche se fanno riferimento  a qualcosa che ha a che fare con il peccato in quanto mancanza nei confronti di Dio, il debito è  una mancanza che io ho nei confronti di un altro e nei confronti di Dio e il Signore ci ricorda che il perdono non lo abbiamo se non perdoniamo anche noi. Il senso sta sempre nella disposizione, Gesù ci sta insegnando con queste parole qual è il modo di disporci verso Dio per cui la mancanza di perdono ostacola questa disposizione, anche perché il nostro cuore è uno sia nella relazione con Dio che nella relazione con gli altri.

14Se infatti perdonerete agli uomini le loro cadute, perdonerà anche a voi il padre vostro, quello celeste. 15Se invece non perdonerete agli uomini, nemmeno il padre vostro perdonerà le vostre cadute.  Gesù ci tiene talmente tanto a chiarire questo che gli ultimi due versetti li spende per specificarlo ulteriormente. Tutte le prime cose nella preghiera sono facili da dire ma la vera riprova sta nell’ultima parte della preghiera, come sottolinea l’evangelista Giovanni che,  nella sua Prima lettera dice: chi dice di amare Dio che non vede e non ama il prossimo che vede è bugiardo. Allora c’è sempre un’intersezione tra la nostra preghiera verso Dio e il rapporto verso gli altri, la mancanza di un rapporto lineare con gli altri disturba la mia preghiera.

Domande – 16) Mt 6,7-15 :

1. [La mia fede] «Pregando, poi, non balbettate come i gentili». La preghiera dell’uomo è davanti a Dio balbettio. non aiuta moltiplicarla per essere ascoltati. prima condizione della preghiera autentica è la certezza che Dio sa ciò di cui ho bisogno. Quale atteggiamento produce in me la certezza che Dio conosce le mie esigenze? Come cambia le mie parole? quali parole direi a Dio che conosce ogni mia necessità?

2. [La prassi] «Come in cielo [così] anche sulla terra». Le prime richieste del Padre nostro chiedono riconoscimento della santità, del Regno e della volontà di Dio. Riconoscimento sia nel cuore dell’orante che su tutta la terra. Questo fa pensare alla negazione di esse dal primo peccato in poi. Fa pensare al fatto che il primo sentimento dell’orante deve essere gratitudine e riconoscimento. E che la prima forma di preghiera è l’amore che dice grazie. quale atteggiamento ho quando prego? Quali sentimenti verso Dio? E dunque.. quali parole?

3. [Gli altri] «Come anche noi perdoniamo ai nostri debitori». Seconda disposizione nella preghiera è la consapevolezza del peccato verso Dio. Una disposizione questa che permane anche nei confronti del fratello che ha offeso. E che quindi produce il perdono verso di lui. Quanto è presente in me questa disposizione? quanto le offese ricevute frenano la mia preghiera verso Dio? Come rompere questo black-out?

4. [La mia offerta] «Se infatti perdonerete agli uomini le loro cadute». Perdonare è dunque una disposizione necessaria. Necessaria non solo a questa richiesta, ma a tutta la preghiera. Senza la quale mancherebbe la condizione per pregare. Quale offerta di me è presente nella mia preghiera? Cosa dono a Dio di me oltre a chiedere? cosa sono disposto a lasciargli? Quando mi capita di farlo?