24) Lc 5, 27-32  17/05/2020

1. Il testo 

                27 E, dopo queste cose, uscì e vide un pubblicano di nome Levi, seduto sul banco, e disse a lui: «Seguimi». 28E abbandonato tutto, alzatosi lo seguiva. 29E fece un grande banchetto Levi per lui nella sua casa, e c’era molta folla di pubblicani e di altri che erano seduti con loro. 30E mormoravano i farisei e i loro scribi verso i suoi discepoli dicendo: «In vista di cosa mangiate e bevete con pubblicani e peccatori?». 31E rispondendo Gesù disse verso di loro: «Non hanno bisogno coloro che sono sani del medico, ma coloro che stanno male. 32Non sono venuto a chiamare giusti ma peccatori a conversione».

2. Il messaggio

                Il brano descrive l’incontro tra Gesù e un pubblicano di nome Levi, e ci insegna come avviene la sequela di Gesù. Inizialmente ci viene detto che Gesù esce dal luogo in cui si trovava: 27 E, dopo queste cose, uscì. Egli guarda un pubblicano di nome Levi seduto sul banco: e vide un pubblicano di nome Levi, seduto sul banco, e disse a lui: «Seguimi». Sono due le annotazioni di quello che compie Gesù: innanzitutto Egli guarda quest’uomo (il verbo greco theaomai può significare «guardare» piuttosto che «vedere»). Il «guardare» indica il soffermarsi a guardare.

                A tal proposito, è interessante ricordare il motto di Papa Francesco, «Miserando et eligendo», che si rifà proprio al commento di Beda il venerabile – un padre della Chiesa – a questo brano del Vangelo. Il motto connota proprio le due azioni di Gesù nei confronti di Levi: la misericordia che passa da Gesù su quest’uomo (miserando), e la scelta di Gesù che ricade su di lui (eligendo).

                Quindi, innanzitutto, Gesù guarda questo pubblicano che è seduto sul banco. E’ bene chiarire che i pubblicani non sono solo dei pubblici peccatori, ma anche dei traditori: essi infatti possono essere considerati appartenenti al popolo di Israele, ma, in quanto esattori delle tasse, di fatto, non  sono propriamente da considerarsi amici dei fratelli. Il banco indica sia il lavoro di Levi, sia il posto dove avviene la riscossione delle tasse.

                Lo sguardo di Gesù è uno sguardo di profondo amore tanto da cambiare la prospettiva di quest’uomo. Dal racconto non possiamo dedurre che Levi fosse presente al miracolo che fa Gesù al Paralitico, perché di fatto sta seduto al banco a svolgere il suo lavoro, e dunque non sembrerebbe esserci una relazione con il brano precedente. Perciò, la reazione di Levi è legata questo sguardo di Gesù, che poi gli dice «seguimi» .

                In qualche modo, quest’ uomo è colpito dallo sguardo di Gesù tanto da andargli dietro, e seguirlo. E’ sempre prima Gesù a cercarci. Allo stesso tempo, seguirLo è anche una scelta, perché bisogna saper accogliere la Sua chiamata e la Sua proposta su di noi. Possiamo essere colpiti profondamente da Gesù, ma non tanto da arrivare a cambiare la nostra vita. Questo è il pericolo di ogni cristiano (come accade, ad esempio, al giovane ricco il Lc 18, 18-27, profondamente amato da Gesù, ma non abbastanza disposto e coraggioso da lasciare tutto e seguirLo).

                Gesù vuole fare di quest’uomo un discepolo: nel Suo «Seguimi» troviamo il centro del brano. Infatti, tutto il brano spiega l’interpretazione della sequela da parte di Levi, che abbandona tutto, si alza e risponde alla chiamata di Gesù seguendolo: 28E abbandonato tutto, alzatosi lo seguiva.

                Il verbo all’imperfetto, ecolouthei, «lo seguiva», indica la continuità dell’azione di Levi, che appunto continua a seguire Gesù, inoltre Levi ci dice come ha capito la sequela di Gesù, organizzando anche un banchetto per Lui: 29E fece un grande banchetto Levi per lui nella sua casa, e c’era molta folla di pubblicani e di altri che erano seduti con loro. Questo gesto di Levi indica, a tutti gli effetti, che lui ha capito che cosa significa seguire Gesù, tanto che Gesù lo conferma dicendo alla fine del brano: 32Non sono venuto a chiamare giusti ma peccatori a conversione».

                Ecco dunque in cosa consiste l’interpretazione della sequela di Levi: il fatto che ci siano tanti pubblicani e altri seduti con loro non è indicativo solo di persone a lui affini. Sembrerebbe piuttosto indicare che Levi ha capito che, come lui è stato chiamato a misericordia rispetto a una condizione di lontananza da Dio, e quindi di peccato, così anche lui si deve fare portatore di questa chiamata invitando indistintamente a casa sua pubblicani e altri.

                E’ però proprio questa interpretazione della sequela di Cristo, che porta alla reazione dei farisei, che cominciano a mormorare: 30E mormoravano i farisei e i loro scribi verso i suoi discepoli dicendo: «In vista di cosa mangiate e bevete con pubblicani e peccatori?». Rivolgendosi ai discepoli, ciò che questi uomini non accettano è la promiscuità, lo stare insieme a persone che sono peccatori. Qual è infatti la reazione naturale di fronte a chi sbaglia, a chi è peccatore?La reazione naturale sarebbe quella di allontanare queste persone perché colpevoli del peccato.Al contrario invece, la tavola è un segno di comunione profonda con loro e quindi di un atteggiamento di misericordia.

                A questa non accettazione corrisponde la vera protesta dei farisei e degli scribi a cui però Gesù risponde spiegando loro il senso della Sua chiamata e della sequela di Gesù: 31E rispondendo Gesù disse verso di loro: «Non hanno bisogno coloro che sono sani del medico, ma coloro che stanno male. La chiamata di Gesù ha a che fare con un bisogno dell’uomo; questa tocca sempre un nostro bisogno.

                E proprio questa può essere la lettura dello sguardo di Gesù nei confronti di Levi: egli aspettava la chiamata da parte di Gesù, cioè aspettava che qualcuno lo togliesse da quella situazione in cui si trovava e che non gli piaceva. Lo notiamo dalla prontezza con cui l’uomo si alza per seguirLo.

                Anche il giovane ricco, chiedendo a Gesù come fare per avere la vita eterna (anche se poi alla fine non Lo segue), esprime il fatto che il cuore di ogni uomo attende una Sua chiamata. Lo sguardo di Gesù su di noi è qualcosa che desideriamo tutti e che probabilmente abbiamo tutti nella misura in cui ci sentiamo più ammalati che non sani. La drammaticità di chi si considera sano è che crede di non aver bisogno di nulla. Gesù dice invece che è proprio nei confronti di coloro che si sentono bisognosi, che questa chiamata trova il suo compimento.

                La risposta di Gesù ai farisei è quindi un invito alla conversione: 32Non sono venuto a chiamare giusti ma peccatori a conversione». La chiamata che Gesù compie per tutti è una chiamata che chiede sempre una metànoia, un cambiamento di pensiero ed è esattamente quello che fa Levi. In qualche modo, i versetti 27, 31, e 32 spiegano la sequela e questi sono incarnati ed interpretati correttamente da Levi (versetto 28 e 29), mentre sono respinti dai farisei. Il senso profondo del brano è sicuramente la spiegazione di che cosa significa la chiamata di Gesù. Essa allontana due eccessi. Da un lato un giudizio che precede la chiamata. La misericordia precede il giudizio. Senza l’avvicinamento e l’amore Levi non avrebbe mai potuto abbandonare la sua condizione. D’altra parte la misericordia non è l’accettazione della condizione di peccato tout court. Ma di un peccatore che è chiamato a conversione. La direzione della chiamata è dunque la conversione. L’errore dei farisei è quello di pretendere la conversione prima della chiamata. L’errore dei lassisti è considerare la misericordia della chiamata senza conversione.

                Un’attualizzazione possibile è che questa Parola ci mette in crisi da un punto di vista profondo. Nelle nostre relazioni personali si possono verificare incomprensioni, torti, ingiustizie. La prima reazione che noi abbiamo nei confronti di una persona che ci fa dispiacere è quella di allontanarla. E’ evidente che il modo più semplice per sopravvivere, per avere ragione, è allontanare questa persona. La Parola però ci mette in crisi, perché Gesù decide di stare nella relazione con i peccatori e non gli interessa immediatamente avere ragione. Gesù propone a questi uomini una via per la risoluzione dei problemi. Anche nelle nostre relazioni personali può essere di esempio quello che fa Gesù: non dovremmo fuggire dalle relazioni che possono farci soffrire, ma dovremmo restare in queste relazioni, anche con fatica, e indicarci reciprocamente una via di riappacificazione. Gesù fa esattamente questo con noi. Se il peccato è un’offesa a Dio, i nostri peccati sono una mancanza nei confronti di Dio, e questo provoca in Gesù una certa sofferenza (fino ad arrivare alla crocifissione per i nostri peccati). Ma il Suo atteggiamento non è quello di ripudiarci, anzi, è quello di offrirci sempre una via di cambiamento del nostro modo di pensare; Egli lo fa sempre mostrandoci in cosa consiste la nostra difficoltà. Infatti, la Sua chiamata, il Suo rimanere con noi, sono proprio in vista della nostra conversione, del cambiamento del nostro pensiero, e quindi della nostra sequela.

                Qual è il vero problema della relazione con Gesù? Ci viene spiegato nel versetto 30, e cioè quando non vogliamo accettare la Sua chiamata. I Farisei, infatti, si comportano come il fratello del figliol prodigo (Lc 15, 21-32) poiché non accettano che il padre accolga nuovamente il figlio. L’invito di Gesù è quello di stare con le persone e questo provoca delle auto-esclusioni. Possiamo dire che Gesù non esclude nessuno ma sono le persone stesse che si sottraggono dalla relazione con Lui perché non Lo accettano.

                Se facciamo anche una fatica autentica nel rimanere nella relazione, ci accorgiamo di come una comunità cresce nella dimensione relazionale accettando il percorso di una possibile metànoia e accettando la condizione di partenza dell’altra persona.

3. Le risonanze personali

                vv. 27-32 In questo brano mi colpiscono le diverse reazioni di Levi, dei farisei e degli scribi alla parola «Seguimi» di Gesù. Non sappiamo se Levi e quei farisei e scribi abbiano assistito alla guarigione del paralitico, ma potrebbero aver sentito parlare di Lui.

                Levi, nonostante il suo modo di vivere da pubblicano, alla parola di Gesù prontamente abbandona tutto e lo segue. Nella chiamata di Levi mi colpisce non solo questa sua immediata risposta, ma anche il fatto che Gesù abbia scelto di chiamare proprio lui. C’è davvero una sorprendente capacità di Gesù di vedere nei cuori nel chiamare a cambiamento. «Alzatosi» sembra suggerire che per seguire Gesù è necessario mettersi in movimento abbandonare tutto quello che rappresenta la nostra abitudine , il nostro ostacolo e mettersi in cammino con i fratelli verso Gesù. Nel caso di Levi, infatti, lui abbandona il suo banco, ma nel fare un banchetto per Gesù sono presenti anche altri pubblicani come lui . I farisei e gli scribi, invece. nell’assistere a questo mormorano contro Gesù verso i suoi discepoli. Loro mormorano dando un giudizio e non capendo il perché di chiamare e condividere del tempo con pubblicani e peccatori.

                Infine, il verbo «chiamare» usato nel v. 30 evidenzia che Gesù chiama, ma è responsabilità personale rispondere e per rispondere è necessario riconoscersi peccatori, come ha fatto anche Pietro .