28) Lc 6, 27-36 – 17/06/2020
1. Il testo
27Ma a voi dico che ascoltate, amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, 28benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi calunniano. 29A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra, e da chi porta via il tuo mantello anche la tunica non trattenere. 30A chiunque ti chiede dona, e da chi ti porta via non chiedere indietro. 31 E come volete che facciano a voi gli uomini, fate a loro similmente. 32 E se amate quelli che vi amano, quale grazia è a voi? Anche infatti i peccatori amano coloro che li amano. 33 E [infatti] se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, quale grazia è a voi? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34 E se prestate presso coloro da cui sperate di ricevere, quale grazia [è] a voi? Anche i peccatori prestano ai peccatori affinché ricevano lo stesso. 35 Invece amate i vostri nemici e fate del bene e prestate senza sperare nulla, e molta sarà la vostra ricompensa, e sarete figli dell’altissimo, poiché Egli è buono su quelli senza grazia e sui cattivi. 36Diventate compassionevoli come [anche] il padre vostro è compassionevole.
2. Il messaggio
Il brano è costruito con frasi che si ripetono (vv. 27-28 e vv. 32-33, che ritornano ai vv. 34-35). Gesù parla a coloro che ascoltano, anche perché a ben guardare nelle Beatitudini ci sono due tipi di interlocutori, ai quali Gesù dice “beati” e “guai”. Chi si pone dinanzi alla Parola di Gesù ascoltandola, è come se facesse un passaggio in avanti. Il brano costituisce una sorta di prosecuzione delle Beatitudini e del loro atteggiamento più profondo; Gesù ci indica come incarnare più perfettamente le Beatitudini, ci indica la radice della felicità, della vera beatitudine che comincia già qui in questa vita con un atteggiamento che ci rende liberi per un ascolto e una partecipazione al Regno di Dio (che è dei poveri).
27Ma a voi dico che ascoltate, amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, 28benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi calunniano. Gesù dunque si rivolge a coloro che hanno ascoltato il messaggio delle Beatitudini e che possono coglierne lo spirito più profondo: amare, verbo che viene coniugato in tante modalità. Emerge un amore che non si lascia scoraggiare, o interrompere, da atteggiamenti che gli sono di ostacolo. Gesù sembra quasi dire di fare l’opposto di ciò che fanno gli altri.
29A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra, e da chi porta via il tuo mantello anche la tunica non trattenere. 30A chiunque ti chiede dona, e da chi ti porta via non chiedere indietro. 31 E come volete che facciano a voi gli uomini, fate a loro similmente. Il brano si può considerare su tre piani diversi: nei vv. 27-28 ricorrono i verbi «amare, fare del bene, benedire e pregare»; i vv. 29-30-31 sembrano invece una realizzazione di questi verbi («porgere l’altra guancia, porgere anche il mantello, donare a chi chiede»). Si nota un crescendo, il primo passo è non rispondere alla violenza subita, che potrebbe sembrare un atteggiamento passivo (porgere l’altra guancia, non reagire se portano via la tunica). Come secondo passo, viene richiesto un atteggiamento più “attivo” (donare). Come ultimo passo, Gesù ci chiede di fare agli altri quello che vorremmo sia fatto a noi. L’atteggiamento dell’amore non è passivo, un subire, un sopportare, l’amore richiede un atteggiamento che arriva a prendere l’iniziativa.
Il terzo piano riguarda i vv. 32-34: 32 E se amate quelli che vi amano, quale grazia è a voi? Anche infatti i peccatori amano coloro che li amano. 33 E [infatti] se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, quale grazia è a voi? Anche i peccatori fanno lo stesso. 34 E se prestate presso coloro da cui sperate di ricevere, quale grazia [è] a voi? Anche i peccatori prestano ai peccatori affinché ricevano lo stesso. I verbi sono gli stessi, amare, fare del bene (in più viene aggiunto prestare): questi sono connotati dalla parola grazia (charis, che non è opportuno rendere con il termine «ricompensa»). Questa in Luca si ritrova nell’annunciazione a Maria (1, 30: «non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio», nella descrizione di Giovanni il Battista (2, 40: «Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui»), nella descrizione di Gesù (2, 52: «E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini») e della Sua predicazione (4, 22: «Erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca»). La grazia è qualcosa che esprime il rapporto con Dio, la comunione con Dio, non è semplicemente una ricompensa. Il termine grazia, inoltre, si oppone al termine peccatori, che sono coloro che non hanno la grazia, cioè il rapporto con Dio. Una prima conseguenza è l’emergere del fatto che capacità di amare i nemici avviene quando siamo in grazia presso Dio, quando abbiamo un rapporto con Dio, se siamo in un rapporto di grazia con Dio, come Maria, San Giovani Battista e come Gesù stesso. Se invece ci comportiamo come i peccatori evidentemente non siamo in rapporto di grazia con il Signore.
35 Invece amate i vostri nemici e fate del bene e prestate senza sperare nulla, e molta sarà la vostra ricompensa, e sarete figli dell’altissimo, poiché Egli è buono su quelli senza grazia e sui cattivi. 36Diventate compassionevoli come [anche] il padre vostro è compassionevole. In questi versetti, invece, compare il termine «ricompensa» (misthos). Essa più che un premio materiale, sembrerebbe coincide col vivere in presenza di Dio, l’essere figli dell’Altissimo. Così, il vero motivo per cui noi facciamo qualcosa non è più una mera giustizia umana, secondo la logica dell'”occhio per occhio, dente per dente”, ma secondo una logica diversa, di rapporto con Dio, una logica che comporta il riconoscersi identitariamente come figli di Dio. Dio infatti è buono con coloro che sono senza grazia e con i cattivi (diversamente dice Matteo 5, 45), ha un atteggiamento buono anche con coloro che non sono suoi amici, che non sono in comunione con Lui. Se vogliamo essere come Dio, dobbiamo avere un atteggiamento buono anche nei confronti di chi non è in comunione con noi.
Il termine grazia ricorre molto nel brano, cinque volte, e indica proprio il motivo per cui bisogna amare i nemici. Se noi prendiamo le indicazioni di Gesù come una mera attività morale, il cristianesimo diviene qualcosa di utopico, qualcosa in cui non forse neanche riusciremmo a credere: è difficile entrare nella logica dell’amore per i propri nemici, in noi emerge prima una reazione di giustizia. Il Signore va oltre tutto ciò perché è compassionevole, e noi siamo chiamati ad essere compassionevoli come lo è Lui. Giustizia e compassione sono elementi antitetici. Per diventare compassionevoli, bisogna necessariamente partire dalla grazia di Dio. Nell’uomo non esiste un sentimento di compassione immediato, se non è Dio che aiuta. Noi abbiamo reazioni di vendetta, di ripristino dell’ordine turbato, ma la vera compassione si ottiene solamente con la grazia di Dio: dobbiamo crederci, dobbiamo sforzarci di farlo nonostante le nostre forze, senza l’aiuto del Signore non si può arrivare ad essere compassionevoli.
Possiamo capire ancora più profondamente questo atteggiamento se partiamo proprio dalle Beatitudini: se siamo beati, se siamo contenti, se abbiamo il nostro cuore in ciò in cui nulla può essere tolto, non abbiamo nulla da temere. Questo comporta l’accettazione della prima delle beatitudini, l’unica coniugata al presente: beati i poveri perché di essi è il Regno di Dio. Essa si oppone a quella sazietà, prima delle anti-beatitudini – se così la possiamo chiamare – che impedisce di rivolgersi al regno, perché guarda ai beni creaturali: essere sazi, ricchi, lodati etc… Se, dunque, siamo poveri nel nostro cuore, se ci spogliamo di tutto, nessuno potrà toglierci nulla, saremo semplicemente in grazia con Dio. Il cuore di tutto è dunque la dimensione del Regno, che è legata all’ascolto della Parola di Gesù. Accogliere la Parole è il cuore della nostra esperienza con Dio e con i fratelli, nella misura in cui il nostro tesoro sarà la Parola di Dio, il nostro cuore non temerà di amare anche i nemici. A contrariis, tutte le volte in cui reagiamo male, evidentemente il nostro tesoro non è nella Parola di Dio, evidentemente non siamo veramente “poveri”, non viviamo il Regno. Gesù ci chiede essenzialmente un frutto di quella appartenenza al Regno che è il centro del cuore del cristiano.
3. Le risonanze personali
vv. 27-36 Questo brano mette letteralmente in crisi rispetto al modo di seguire Gesù. Andando in profondità nella sequela di Gesù ci si trova a confrontarsi con grandi prove che si possono affrontare soltanto con una grande fede nella sua Parola .
Questa Parola, infatti, è rivolta a chi ascolta e ancora una volta credo che il messaggio del brano sia quello di ribadire la necessità dell’ascolto per l’azione rivolta al bene caratterizzante della vita cristiana .
Nel brano precedente viene esaltato un modo di vivere diverso per cercare consolazione nel regno di Dio , presente già sulla Terra , mentre in questo passo credo venga mostrato un modo di vivere la sequela di Gesù in relazione agli altri.
In relazione al «diventare compassionevoli», mi sembra che il brano possa leggersi partendo dalla fine ovvero che per essere compassionevoli è necessario agire in modo diverso rispetto all’agire dei peccatori .Gesù parla di «grazia» che non è possibile vivere se i nostri modi di agire sono guidati da logiche umane . La via dell’amore è l’unica che consente di vivere questo stato di grazia sulla terra che poi porterà ad una grande ricompensa nel cielo .
Mi sono chiesta: fino a che punto amare i nemici ? e se umanamente sia possibile . Credo che questo amore incondizionato sia la cosa più difficile o meglio impossibile senza fede ; in quanto altre qualità come la generosità (prestare senza sperare di avere nulla in cambio) o la mansuetudine (porgi l’altra guancia) siano più semplici da acquisire . Cosa fare? Amare anche quando è difficile, amare per fede, per la ricompensa nel cielo e non per un’approvazione sulla terra. Il modello di amore è quello di Dio Padre, compassionevole così come lui è buono con quelli senza grazia e sui cattivi anche a noi è chiesto di Amare. Un amore impossibile al di fuori dell’ascolto della sua Parola .
vv. 27-36 Nel brano mi pare continui l’insegnamento di Gesù ai suoi discepoli, coloro che ascoltano la sua voce. Continua la rivoluzione del modo di pensare rispetto a quanto sarebbe ragionevole per il mondo.
In definitiva, mi pare che Gesù non faccia altro che attuare fino in fondo il primo ed il secondo comandamento (o quello che Gesù chiama il secondo, riguardante l1amore al prossimo). In tal modo sovverte modi di pensare consolidati e connaturati all’uomo peccatore. Ci chiede di amare, fare del bene, benedire, pregare, cioè spesso proprio il contrario che il mondo ci offrirebbe in risposta alle diverse situazioni.
Ad esempio, la preghiera si staglia di fronte alla calunnia, forse proprio perché a chi vuole il male del fratello, si contrappone costui che malgrado tutto continua a volere il bene del calunniatore.
Si può giungere a quelli che appaiono come paradossi, come porgere l’altra guancia, lasciar andare anche la tunica, etc. ma di fatto l’;atteggiamento richiesto è quello della mano e del cuore aperti e non violenti.
Quindi ci consegna il fondamento del vivere in comunione: quel «come volete che facciano a voi gli
uomini fate al loro similmente». Anche questa può sembrare un’utopia, ma invece è un faro un riferimento per aggiustare costantemente il tiro della nostra mentalità. Di seguito, la parola «grazia» che si accosta a modi di amare, fare il bene, donare, del tutto liberi da condizionamenti, completamente gratuiti appunto.
Mi sembra l’amore vero spiegato da Gesù, che è fondamentalmente gratuito, immeritato, solo donato e ricevuto.
Da qui la necessità di rettificare sempre l’intenzione nei nostri modi umani di amare.
Un amore di questo stampo, ci renderà simili a Dio, suoi figli, davvero fatti a sua immagine, datori di un amore paterno, mi verrebbe da dire. Quasi dovessimo diventare come padri o fratelli maggiori dei nostri fratelli e, infine, tutti gli uni per gli altri.
La trasformazione che ci porta ad essere figli a sua immagine sta nella compassione: Dio entra nell’anima dei suoi figli, li capisce, soffre e gioisce con loro, forse anche quando noi stessi non ce ne rendiamo conto e ci chiediamo dove sia…
E un tale amore, solo da Lui, dal rapporto con Lui lo possiamo trarre perché solo Lui è fonte dell’amore.
vv. 27-36 In questo brano Gesù ci porta a spogliarci di orgoglio, collegandoci al brano precedente, in cui ci dice di diventare beati ora ci dice come si fa, ci parla di perdono e di essere caritatevoli.
v. 32 Mi ha colpito molto questa domanda, Gesù ci vuole portare ad amare profondamente l’altro, a sforzarci ad apprezzare anche le cose che non ci piacciono per poi amare di più le cose buone . Tutto questo perché dobbiamo essere in grazia con Dio, avere un rapporto di comunione con lui, fidarci .