33) Lc 7,28-35 – 04/11/20

1. Il testo

                28Vi dico, tra i nati di donne nessuno è più grande di Giovanni. Però il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui. 29E tutto il popolo che lo ha ascoltato e i pubblicani hanno riconosciuto la giustizia di Dio, facendosi battezzare del battesimo di Giovanni. 30I Farisei invece e i dottori della legge hanno respinto in loro la volontà di Dio, non facendosi battezzare da lui. 31A chi dunque assomiglierò gli uomini di questa generazione e a chi sono simili? 32Simili sono a fanciulli seduti nella piazza e che gridano gli uni gli altri quanto dice: «Vi abbiamo suonato il flauto e non avete danzato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. 33È venuto Giovanni Battista, che non mangia pane né beve vino, e dite: ha un demonio. 34È venuto il figlio dell’uomo che mangia e beve, e dite: ecco un uomo mangione e beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. 35E la sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».

2. Il messaggio

                In questo brano prosegue la riflessione su Gesù che aveva interrogato il modo di vedere la realtà da parte della folla («che cosa siete andati a vedere?», Lc 17, 24) cercando di scuoterla sul fatto che Giovanni Battista è un uomo di Dio.

                28Vi dico, tra i nati di donne nessuno è più grande di Giovanni. Però il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui. Giovanni Battista è più di un profeta perché è il Precursore, ha una funzione molto particolare tanto che Gesù afferma che tra i nati di donna nessuno è più grande di Giovanni. Da un punto di vista umano Giovanni Battista è insuperabile, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui. Questo significa che anche se Giovanni Battista da un punto di vista umano e profetico è il più grande di tutti; l’ingresso del Regno di Dio cambia totalmente le cose, tanto che la persona più piccola del Regno è superiore a lui. Si tratta dell’annuncio del fatto che il Regno di Dio arriva e produce una superiorità rispetto a quella che è l’epoca di Giovanni Battista. Giovanni Battista è il limite prima del quale comincia questo Regno. Non si tratta di una questione umana, perché l’appartenenza al Regno rende un piccolo più grande di Giovanni Battista: Gesù sta in qualche modo annunciando la funzione di Giovanni e quello che è venuto a fare, annunciare cioè il Messia ed il Regno che inaugura.

                Poi dice: 29E tutto il popolo che lo ha ascoltato e i pubblicani hanno riconosciuto la giustizia di Dio, facendosi battezzare del battesimo di Giovanni. Si tratta di quella parte di popolo che ha ascoltato Giovanni Battista, che ha accolto il suo messaggio. Quindi il popolo e pubblicani che lo hanno ascoltato hanno riconosciuto la giustizia di Dio. Il verbo dikaiòo significa “giustificare”. In tal senso va inteso come riconoscimento della giustizia di Dio, che non è giusto perché l’uomo lo rende tale. Essendo un battesimo di penitenza, il riferimento è al riconoscimento del proprio peccato. C’è un rapporto esistente tra la nostra capacità di riconoscere il nostro peccato e la capacità di riconoscere la giustizia di Dio. Non si tratta di una convinzione teorica, si sta parlando del riconoscimento della giustizia di Dio mediante l’accoglienza di un Suo inviato. Di una persona concreta. Il riconoscimento della giustizia di Dio parte dal riconoscimento che un inviato di Dio ha chiesto conversione. Noi non siamo in una condizione diversa perché il Signore continua a servirsi dei suoi messaggeri per portare il Suo messaggio, la Sua Buona Notizia agli uomini. Lo vediamo in tutto il Vangelo di Luca. Chi sono i messaggeri? Zaccaria, Elisabetta, Maria, Simeone, Anna, addirittura i pastori che portano un annuncio dell’angelo a Maria. Da questo punto di vista il riconoscimento della giustizia di Dio va di pari passo col riconoscimento di Giovanni Battista, il Suo inviato.

                Gesù continua a spiegare: 30I Farisei invece e i dottori della legge hanno respinto in loro la volontà di Dio, non facendosi battezzare da lui. Dio ha su di essi una volontà, la respingono non facendosi battezzare da Giovanni Battista. Quindi ancora una volta il problema che si ripropone è il rifiuto di colui che Dio ha inviato, che diventa il rifiuto della volontà di Dio su di loro. Possiamo chiederci: chi rifiuta Giovanni Battista può riconoscere Gesù? Se Giovanni Battista è il precursore (cioè colui che indica Gesù come Messia), e se non lo si riconosce, è difficile che si possa riconoscere poi Gesù come Messia. Più ingenerale, possiamo chiederci: qual è la volontà di Dio su di noi? Ricordiamo il Vangelo di Giovanni: la Sua volontà è che conoscano il Padre per mezzo di Gesù. La volontà di Dio è che noi conosciamo Cristo e diventiamo suoi discepoli. Per mezzo di lui si giunge alla salvezza. Al Padre. Gesù sta dunque dicendo che i farisei e gli scribi hanno respinto la volontà di Dio su di loro quindi hanno respinto Gesù perché non si sono fatti battezzare da Giovanni Battista. Analogamente, noi non abbiamo la capacità di accogliere la volontà di Dio nella nostra vita perché respingiamo l’inviato che Dio ci ha mandato.

                31A chi dunque assomiglierò gli uomini di questa generazione e a chi sono simili? 32Simili sono a fanciulli seduti nella piazza e che gridano gli uni gli altri quanto dice: «Vi abbiamo suonato il flauto e non avete danzato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. 33È venuto Giovanni Battista, che non mangia pane né beve vino, e dite: ha un demonio. 34È venuto il figlio dell’uomo che mangia e beve, e dite: ecco un uomo mangione e beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Nella terza parte del brano Gesù esprime un giudizio sulla generazione di coloro che hanno rifiutato la volontà di Dio su di loro. Sembrerebbe un’immobilità assoluta: in qualsiasi modalità siano stati interpellati hanno sempre rifiutato. Qual è il peccato di costoro?  Non è solamente un’azione di rifiuto, ma un vero e proprio errore nel voler giudicare con le proprie categorie gli inviati di Dio. I criteri di giudizio di costoro diventano un limite nell’accoglienza della Parola che il Signore manda. La metanoia, al contrario, consiste nel cambiare il modo di pensare. Qui non c’è di fondo un discorso che interessa l’intelligenza quanto un’accusa di sclerotizzazione: come l’otre perde l’elasticità ed è incapace di accogliere la novità del vino nuovo che fermenta, costoro hanno una rigidità tale che non gli permette di riconoscere Dio. A causa di ciò essi hanno vanificato il progetto di Dio su di loro, il Signore aveva per loro in serbo il progetto di fargli incontrare direttamente Suo Figlio incarnato ed essi hanno rifiutato.

                Attualizzando, potremmo dire che si potrebbe anche avere Dio davanti e non riconoscerLo perché le proprie idee non cambiano. E’ una Parola profondamente attuale, gli stessi discepoli di Emmaus non lo riconobbero. Il modo di riconoscere Gesù dipende dall’ elasticità del cuore, dalla capacità di essere accoglienti rispetto al messaggio che Lui ci manda.

                35E la sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli». La Sapienza in questo caso non è da riferire ad un dono dello Spirito Santo ma all’azione sapiente di Dio nella storia. Uno dei modi per chiamare Gesù Cristo é «Sapienza», Gesù è la «Sapienza incarnata». Nella frase la parola più forte è «tutti»: ciò significa che chi non ha riconosciuto Gesù e il Battista non si identifica come figlio della Sapienza. Il problema è che l’uomo si pone fuori dall’azione di Dio, fuori dai desideri di Dio, fuori dal progetto di Dio nella sua vita. 

                In conclusione, il brano introduce un altro discorso che è in qualche modo la prosecuzione di quello del brano precedente: Gesù interroga, insegna all’uomo a guardare il mondo alla luce della presenza di Dio. In questo brano è come Gesù fa un passo in avanti, parlando più in concretezza. Lo sguardo di Dio nella storia non equivale alla visione di angeli o ad apparizioni, ma è lo sforzo di guardare come Dio agisce nella storia della nostra vita perché si compia l’azione di Dio in essa. Questo è proprio di ogni cristiano che ascolta la Parola e si esercita non solo a fare la meditazione, ma si allena ad avere occhi per guardare la presenza di Dio nella sua storia ed in quella dei fratelli.

                Si tratta di un’azione determinante che non si può fare da soli. Citando la lettera enciclica di Papa Francesco, Fratelli tutti: «C’è un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura, nessuno può affrontare la vita in modo isolato, c’è bisogno di una comunità che ci sostenga, ci aiuti, e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti». Il verbo “guardare” è molto importante perché richiama proprio questa capacità dello sguardo, è importante sognare insieme, da soli si rischia di avere dei miraggi. Per guardare la presenza di Dio nella storia c’è per forza bisogno di una convergenza di comunità, non lo si può fare da soli.

                Due sono i pericoli da evitare: il primo è una forma di gnosticismo. Esso accade quando tutte le spiegazioni rimangono in testa e ci fanno rimanere chiusi nell’immanenza, cioè nella realtà della nostra ragione e dei nostri sentimenti, non essendo capaci di uscire fuori da noi; ecco perché l’ascolto della Parola deve sempre costituire una motivazione per meglio rispondere all’amore di Dio. Si ascolta per imparare e per vivere: teologia e santità sono un binomio inscindibile. Il primo rischio quindi è quello di far diventare la meditazione un qualcosa di fine a se stesso. Il secondo rischio è quello del pelagianesimo cioè di avere l’idolo per le strutture, per le norme, i costumi e gli stili. Tutto quello che diventa troppo rigido nella sua struttura può diventare fine a se stesso, e rischia di divenire, come dice Papa Francesco “pezzo da museo”. Questo reprime, riduce e schiaccia il Vangelo togliendogli la sua affascinante semplicità ed il suo sapore. Quando tutto diventa troppo scontato e pesante, il Vangelo soffoca.

                Qual è la provocazione che porta questo Vangelo? come ci cambia la vita e come ci spinge a modificare le nostre abitudini? Questa forza, questa vitalità possono essere facilmente soffocate. Abbiamo bisogno che questa Parola diventi vita. Il Papa consegna questo messaggio così importante a tutta la Chiesa.

3. Le risonanze personali

                vv. 18-35 Il brano  continua la riflessione di Gesù su Giovanni Battista considerandolo un profeta o meglio un “precursore” cioè colui che è venuto al mondo per preparare le strade al Messia . Gesù lo pone come un insuperabile ma all’ingresso del “regno di dio il più piccolo è più grande di lui ” questo perché chi entra nel regno di Dio entra in una dimensione celestiale che lo rende più grande di lui.

                Giovanni Battista nel brano viene posto come colui che ha potuto far convertire il popolo , infatti i pubblicani accogliendo nel loro cuore la parola di Dio , hanno riconosciuto la volontà Dio su di loro e si sono fatti battezzare ,questo avviene attraverso il riconoscimento del  proprio peccato .

                A differenza dei farisei che pur ascoltando la parola di Dio, lo hanno respinto ,perché non si sentono peccatori  ma anche perché Dio non rispecchia la loro idea .

                Non tutti hanno la capacità di accogliere Dio nella propria vita, ma tutto avviene solo se siamo disposti a superare le barriere che ci costruiamo nell’arco della vita . Questo può avvenire non solo attraverso la preghiera personale, ma attraverso la testimonianza dei fratelli che porta a guardare la presenza di Dio sulla nostra vita .