33) Mt 9,32-37 – 13/03/2024
1. Il testo
32Usciti costoro ecco gli presentarono un uomo indemoniato muto. 33E scacciato il demonio, il muto parlò, e furono stupite le folle dicendo: «Giammai è apparsa una cosa così in Israele». 34Ma i farisei dicevano: «Con il principe dei demoni scaccia i demoni».
35E andava intorno Gesù per tutte le città e i villaggi insegnando nelle loro sinagoghe e predicando il vangelo del regno e curando ogni infermità e ogni malattia. 36Avendo visto le folle ebbe compassione riguardo a loro, poiché erano provati e abbandonati come pecore che non hanno pastore. 37Allora dice ai suoi discepoli: «La messe [è] molta ma operai pochi, 38pregate dunque il Signore della messe così che getti operai presso la sua messe».
2. Il Messaggio
L’indemoniato muto
Dopo la guarigione di due ciechi, che in modo disobbediente divulgano il fatto viene, presentato a Gesù un indemoniato muto. Un uomo, cioè, che posseduto da un demonio era incapace di parlare. si passa cioè velocemente da una parola disobbediente a una parola impedita. Che sia in entrambi i casi opera del nemico del bene che agisce nell’uomo?
Gesù scaccia il demonio e «l’indemoniato muto» diventa «muto» che parla. mostrando che la causa della sua incapacità di parlare sia proprio derivata dal demonio.
Le reazioni all’abitualmente straordinario
Rispetto a questo la reazione è duplice. Le folle si stupiscono riconoscendo che l’azione di Gesù è qualcosa di mai accaduto in Israele. Si tratta del riconoscimento di un’eccezionalità. Che però i farisei attribuiscono all’azione del demonio. O meglio, il capo dei demoni! Ma come è possibile questa così differente reazione? Quale diagnosi è alla base delle parole dei farisei?
Di fatto i farisei dimostrano di non gradire l’azione di Gesù. Che ormai è riconosciuta come abitualmente straordinaria. Non si tratta più di un singolo miracolo. Tanto che l’evangelista non sembra neanche più sentire il bisogno di soffermarsi sui dettagli.
Le azioni di Gesù
Pertanto l’evangelista ci racconta che ormai Gesù fa questo con abitudinarietà: egli va «per tutte le città e i villaggi» insegnando, predicando e curando. Gesù insegna la Scrittura nelle sinagoghe, predica il vangelo del Regno e cura le infermità. Questa fase della sua missione sembra ormai consolidata. E ci si accinge al passaggio di una nuova fase.
Le azioni insufficienti
Chissà, forse il preludio al passaggio alla nuova fase arriva proprio nel momento in cui questa azione di Gesù incrocia il suo sguardo sulla situazione. Egli guarda le folle e li vede « provati e abbandonati», «come pecore senza pastore». si tratta di parole forti. soprattutto dopo quello che l’evangelista ci ha raccontato. Sembra che Gesù si renda conto che la sua azione – anche se incessante e instancabile – non è sufficiente a che il popolo sia aiutato.
Di fronte a questo Gesù sente il bisogno di fermarsi e insegnare ai discepoli un’altra cosa: è necessario pregare il padre perché mandi operai a lavorare. È necessario moltiplicare l’azione di Gesù. Che dunque avverte la sua azione come insufficiente per le necessità che gli si presentano davanti a Lui.
Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla (Sal 23,1)
Il Sal 23 è il salmo del buon pastore. Racconta della fiducia di una «pecora» che, condotta dal suo pastore, non teme nulla. Neanche in una condizione di totale assenza di luce – «una valle oscura» – egli temerebbe. Perché la Sua presenza è rassicurante. Questa fiducia si fa professione di un futuro nel quale il fedele è certo di abitare – con «felicità e grazia» – nella «casa del Signore per moltissimi anni». Giovanni Crisostomo parlando del «bastone» dice: «Mi appoggio forse sulle mie forze? No, perché ho il suo pegno, ho con me la sua parola: questa è il mio bastone, la mia sicurezza, il mio porto tranquillo. Anche se tutto il mondo è sconvolto, ho tra le mani la sua Scrittura, leggo la sua parola. Essa è la mia sicurezza e la mia difesa» (Omelie, Prima dell’esilio, nn. 1-3; PG 52, 427*-430).
3. Domande
- [La mia fede] «Gesù andava per città e villaggi insegnando, predicando e curando». Insegnare le Scritture, predicare il Regno e prendersi cura sono le tre azioni che Gesù compie in modo abituale in questa fase della sua missione. Sono consapevole che il battesimo mi investe della responsabilità di esse ad immagine di Gesù? Se mi fermo a pensare: quali di queste azioni appartengono alla mia giornata? Quali mi mancano? per quali motivo mancano?
- [Gli altri] «Con il principe dei demoni scaccia i demoni». L’azione di Gesù è vissuta come abitualmente straordinaria. Tanto che i suoi avversari la giustificano come proveniente dal demonio. O meglio, dal principe dei demoni. Quanto riesco a guardare con trasparenza all’azione dei fratelli in sé e quanto invece sono influenzato da chi agisce? quanto sono capace di riconoscere l’azione benefica di Dio nella mia vita? e quanto quella dei fratelli?
- [La prassi] «Pregate dunque il Signore della messe». Nonostante la sua incessante donazione Gesù si accorge che le necessità dei fratelli e delle sorelle non sono soddisfatte. Si accorge di una certa “insufficienza” della sua azione. E dunque prega e insegna a pregare. Quanto credo di aver bisogno di aiuto nella mia vita? in quali cose? Quanto aiuto chiedo a Dio nella preghiera? Quanto credo che la preghiera possa veramente essere risolutiva e quanto la relego ad un “luogo” solo liturgico?
- [Salmo 23,1] «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla». Il salmo del buon pastore è una professione di fede nella presenza rassicurante di Dio nella vita. Quale è l’aspetto rassicurante della presenza di Dio nella mia vita? a cosa mi aggrappo di Lui? Quale il mio bastone?
4. Risonanze
v. 32Usciti costoro ecco gli presentarono un uomo indemoniato muto. 33E scacciato il demonio, il muto parlò, e furono stupite le folle dicendo: «Giammai è apparsa una cosa così in Israele».
- Per prima cosa mi colpisce l’escalation di problematiche che l’evangelista ci presenta e con le quali Gesù viene sollecitato. In questo caso l’abbandono totale e lo stato deprimente ed inumano in cui era obbligato a vivere quest’uomo. Nessuno dei “costoro” parla! Nessuno chiede nulla a Gesù! Forse perché quella condizione era considerata o, peggio, giudicata un castigo di Dio per il peccato che aumenta il sentimento di esclusione e di condanna. Neanche Gesù, in questa parte del brano, parla! Ma mi colpisce la Sua accoglienza piena di tenerezza che guarisce l’uomo (scaccia il demonio e gli ridona la parola), indicandoci l’Azione, che è esattamente il contrario di quella che era stata fatta all’uomo: escluderlo. Allora Gesù, nella Sua Misericordia, ci indica di sforzarci a ritessere la relazione umana e fraterna, per dar vita ad una convivenza comunitaria.
- È curioso il caso dell’indemoniato muto. Mi sono chiesta se era muto per causa della possessione diabolica o perché nato muto ma evidentemente se quando il demonio viene scacciato il muto parlò significa che l’impossibilità di parlare era la conseguenza dell’azione del male. Perché il demonio rende muti? Di solito il demonio si serve della parola dell’uomo per imprecare, prima di tutto, contro il prossimo e contro Dio e per ingannare qui invece il demonio rende impossibile parlare e quindi comunicare e quindi relazionarsi, in un tempo dove peraltro non si conosceva certo il linguaggio dei segni. Mentre, dall’altra parte, chi ha la parola la usa per accusare Gesù di scacciare demoni per mezzo del demonio. Ciò mi interroga sulla parola e la giustizia della parola. Che uso faccio della parola in ricezione e in uscita? La Vergine Maria custodiva ogni parola nel suo cuore e nei vangeli la si sente parlare davvero poco se non in momenti in cui produce sempre qualcosa di grandioso per chi la ascolta. Il fondamento delle Sacre Scritture è proprio la Parola: Nell’A.T “ l’oracolo del Signore” nel N.T.“ e il verbo si fece carne […]” che da inizio e connota tutti i Vangeli, Evidentemente la parola è il principio di ogni cosa nell’ordine di Dio, oltre ad essere un grande dono di Dio, uno strumento di arricchimento e di trasferimento della conoscenza e della verità. E allora la parola è al servizio della preghiera, “serve” alla predicazione e anche per curare o ancora per consolare e sollevare non certo per denigrare, maledire o imprecare.
v.38 pregate dunque il Signore della messe così che getti operai presso la sua messe».
- Gesù chiede ai suoi discepoli di pregare perché il Signore della messe mandi operai. Se nel versetto precedente Gesù mostra il tratto della commozione, quale profonda partecipazione verso l’umanità bisognosa, in questo versetto ci chiede di partecipare con lui nella richiesta al Padre. Gesù chiede il nostro aiuto. Ci chiama alla corresponsabilità. Il nostro piccolo gesto quotidiano può servire. C’è da chiedersi cosa accade quando ci si sottrae da questa compartecipazione.
Nella preparazione di questa lectio, ogni volta che leggo questo brano avverto la sensazione di poter vedere con un’immagine quello che accade e ciò che vedo non è lontano dai giorni nostri. Qui c’è un Gesù, cercato per compiere un esorcismo dopo aver fatto questo la folla è stupita, ma questo stupore sembrerebbe avere un’accezione negativa poiché subito dopo si legge che lui può scacciare i demoni perché in confidenza con loro. E Gesù vaga nelle città per predicare e curare. Ma questo suo vagare gli produce compassione perché vede che la folla è sbandata senza una guida. Cosa cambia da questo che leggiamo calato in quei tempi da quello che accade oggi? Gesù vaga intorno a noi, ma c’è chi lo accoglie e chi invece non lo vede proprio, non lo riconosce e cerca nel mondo una guida, ma Gesù ha compassione e persevera nel suo desiderio di salvezza per ognuno di noi. Il brano si conclude con la denuncia che gli operai sono pochi e da fare c’è tanto. Solitamente quando leggevo questa frase ho sempre pensato di pregare per nuove vocazioni, e tutto sommato la preghiera non era sbagliata ma era limitata e riferita a persone che potessero avere una vocazione ecclesiastica, invece oggi sento che gli operai possiamo essere anche noi, se vediamo e accogliamo la persona di Gesù possiamo essere suoi collaboratori ed aiutarlo nella predicazione e nel curare ogni infermità, in un ottica meno deresponsabilizzante.