35) Mt 10,11-15
1. Il testo
«11In qualunque città o villaggio entriate, esaminate chi sia degno in essa, e lì rimanete fino a che non partite. 12Entrati in una casa salutatela. 13E nel caso la casa sia degna, la vostra pace si volga verso di loro, se non dovesse essere degna la vostra pace ritorni verso di voi. 14E chi non dovesse accogliervi, né ascoltare le vostre parole, uscite fuori dalla casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi. 15In verità vi dico, più sopportabile sarà per la terra di Sodoma e Gomorra nel giorno del giudizio che non per quella città».
2. Il messaggio
L’invio e le caratteristiche del discepolo
Riprendiamo dopo la pausa pasquale le indicazioni di Gesù ai 12 inviati a predicare. Di fronte alla necessità della molta messe Gesù invita a pregare. E poi li invia con la sua stessa autorità in modo che possano predicare, insegnare e scacciare demoni.
Allo stesso tempo gli inviati hanno bisogno di mantenere un comportamento degno di chi invia. Essi devono 1. andare prima alle pecore perdute della casa di Israele, 2. Preddicando il Regno, 3. Predicando gratuitamente e senza portare nulla con sé.
Le caratteristiche dei destinatari: dignità
Nella seconda parte del discorso Gesù si sofferma sulle caratteristiche di coloro a cui l’invio è portato. Importante considerazione perché dice innanzitutto che portare l’annuncio del vangelo per quanto gratuito ha bisogno di precise disposizioni.
La prima di queste è l’individuazione del luogo dove fermarsi. All’interno di un villaggio o città è necessario cercare chi è degno. Quello è il posto dove rimanere (abitare) fino a che non bisogna ripartire.
La «dignità» dunque ha a che fare con un duplice aspetto. Riflette la dignità dell’inviato – e dunque dell’inviante (Gesù) – e allo stesso tempo dell’ospitante. La parola indica qualcosa che sia di valore. E letteralmente dice l’azione del tirar giù uno dei piatti della bilancia per controbilanciare l’altro piatto. Porta con sé dunque l’idea del confronto. Qui il confronto è con l’annuncio-annunciatore. Cioè Cristo. Mediato dagli inviati.
La pace
Più ancora specificamente questa esaminazione della dignità ha anche fare con l’accoglienza del saluto. Un’azione che appare carismatica – una benedizione – e che porta pace. La pace dunque rappresenta l’elemento discriminante che permette il riconoscimento della dignità di una casa che possa accogliere la Parola. Saper accogliere la pace è saper accogliere la Parola.
Il rifiuto della pace
L’epilogo delle parole di Gesù è molto doloroso. E ricorda molto il suo pianto su Gerusalemme: «[37]Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! [38]Ecco: la vostra casa vi sarà lasciata deserta! [39]Vi dico infatti che non mi vedrete più finché non direte: Benedetto colui che viene nel nome del Signore!» (Mt 23,37-39). Ancora più evidente è in Luca dove si aggiunge «[42]Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. […] non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata». Visita del Signore e pace vanno di pari passo. Non riconoscere questa visita nel tempo giusto è disastroso.
Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: “Su di te sia pace!” (Sal 122,8)
Si tratta dell’invocazione di pace che un pellegrino che sale a Gerusalemme compie nel suo pellegrinaggio. È uno dei cosiddetti salmi di ascensione (119-133). Esso si conclude con una preghiera che augura pace: «[6]Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano, [7]sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi. [8]Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: “Su di te sia pace!”. [9]Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene» (Sal 122). Si tratta di un Salmo caro alla diocesi di Bari-Bitonto, perché ha dato il nome all’incontro del 7/7/2018 con la visita del papa e di tutti i rappresentanti di Chiese cristiane della Terra Santa in Bari. Oggi – purtroppo – particolarmente attuale.
3. Risonanze
v. «11In qualunque città o villaggio entriate, esaminate chi sia degno in essa, e lì rimanete fino a che non partite.
- Gesù non è esclusivo e non mette paletti agli apostoli ai quali, infatti, dice: “in qualunque città o villaggio entriate”, non dice loro di entrare solo in determinati territori dove gli abitanti sono di religione ebraica, li lascia liberi di portare la Parola ovunque, come ha fatto Lui. La Parola è svincolata da ogni restrizione di spazio e tempo e, aggiungerei, di usi e costumi. La Parola è libera di arrivare ovunque e libero è colui che la porta ovunque e ognuno è libero di farla entrare nella sua casa ovvero dentro di sé (e di chi abita nella sua casa). E’ aperta a tutti indistintamente e tutti possono com – prenderla ( non necessariamente capirla). Ne abbiamo avuto dimostrazione nei brani precedenti quando ha chiamato Matteo il pubblicano, quando si è seduto alla sua mensa insieme ad altri pubblicani e peccatori o ha operato miracoli anche nei confronti di gentili… ma a due condizioni fondamentali : accoglienza e ascolto. Mi sembra di capire che se non c’è accoglienza e ascolto della Parola non si può essere “degni” in quanto solo con l’accoglienza e l’ascolto le permettiamo di entrare dentro di noi e una volta entrata la sua azione salvifica, per noi e potenzialmente anche per i nostri fratelli (accoglienti e in ascolto), comincia ad agire inevitabilmente.
- In questi versi ciò che ha attirato la mia attenzione è il “discernimento” basandomi sulla ricerca dell’essere degno che gli apostoli devono compiere nel loro viaggio, quali chiamati e inviati di Gesù. Vi è quindi un confronto continuo da operare, chiesto da Gesù agli apostoli, che si traduce in una verifica del modo in cui si manifesta anche il loro essere discepoli rapportandosi con le altre realtà. Qui vedo l’analisi e l’esame di coscienza sull’essere degno di quanto proclamato che corrisponde esattamente alla realtà di noi stessi ovunque siamo e andiamo. Invero il giudizio sugli altri è un aspetto che ha suscitato perplessità poiché contrasta con quanto Gesù ha da sempre proclamato, per questo penso che l’essere degno è strettamente collegato alla predisposizione all’ascolto per custodire la Parola di Dio sulla quale fermarsi. Ricordo nei versetti precedenti Matteo 10, 10 Gesù aveva detto “Degno è il lavoratore del suo nutrimento”.
vv. 12Entrati in una casa salutatela. 13E nel caso la casa sia degna, la vostra pace si volga verso di loro, se non dovesse essere degna la vostra pace ritorni verso di voi.
- La mia attenzione cade sul concetto di dignità, ripetevo spesso a me stessa che cosa volesse intendere Gesù con questa parola. Cosa significa essere degno? Quali sono i parametri, i criteri da seguire per poter dire se una persona è degna o meno di ricevere le parole di Gesù.
Lo spirito mi suggerisce che l’essere “degno” significa essere meritevole di ottenere qualcosa. Il merito, che vuole essere lontano da una concezione morale, è dato in base a quali sono le disposizioni del cuore di una persona se di accoglienza o di rifiuto della sua parola, la cui accettazione si riscontra e traduce nella sua applicazione.
Un’altra questione che mi sono posta alla lettura di questa parola e se la considerazione di “esser degno o meno” potesse in qualche modo limitare la mia azione di evangelizzazione del Regno di Dio.
Per aiutarmi a comprende tale parola ho cercato dentro di me un esempio proprio nel Maestro e mi è venuto in mente il brano letto qualche lectio fa Mt 8,34, brano in cui si riporta che Gesù arriva nella terra dei Gadareni, libera la terra dagli indemoniati grandemente molesti e il popolo anziché esserne riconoscente “lo pregarono affinché si allontanasse dai loro confini”. Da questo evento comprendo che Gesù rende tutti meritevoli della sua presenza e della sua parola ma che è la predisposizione del cuore a fare la differenza, questo apprendimento mi libera dal timore del “giudizio” dell’altro, e favorisce in me l’azione di portarlo sempre e comunque e che se solo di fronte ad una predisposizione di chiusura, negazione e rifiuto devo fermarmi. E mi libera anche dalla tentazione del “non fare” tanto non serve. Gesù mi invita a portarlo non solo per l’altro ma anche per me stessa perché questo serve anche a me e nel caso di non accoglienza la sua pace ritorna verso di noi. - Anche qui noto un insegnamento di Gesù nel chiarire alcuni aspetti a cui prestare attenzione, il valutare la condizione e il luogo in cui ci si trova, l’essere consapevoli dell’intima connessione ed appartenenza al maestro e il mondo esterno con cui relazionarsi. Tale identità di appartenenza deve essere garantita e tenuta ferma, ovunque si vada, questo produce una stabilità e sicurezza fonte di pace che inevitabilmente si trasferisce agli altri, lasciando tale dono di sé agli altri, con la libertà di ciascuno di accoglierla. In questo Gesù assicura un ritorno e non ti abbandona. Ma il bene prezioso che ci viene donato e che ciascuno di noi porta con sé deve trovare un luogo idoneo per condividerlo.
v.14E chi non dovesse accogliervi, né ascoltare le vostre parole, uscite fuori dalla casa o da quella città e scuotete la polvere dei vostri piedi.
- Il messaggio di cui sono portatori gli apostoli di Gesù è di rimanere saldi nella parola di Dio e di non confondersi con altri stati e identità diverse, in questo ho visto lo scuotere la polvere dai piedi, scrollarsi di dosso ciò che non porta pace.
v.15 In verità vi dico, più sopportabile sarà per la terra di Sodoma e Gomorra nel giorno del giudizio che non per quella città».
- Nelle parole di Gesù si percepisce il rigore di una sentenza rivolta a quelle città che avessero rifiutato la visita dei suoi discepoli. Questo atteggiamento di Gesù fa pensare che la missione che stanno compiendo i discepoli abbia un peso rilevante. Ed allora la meditazione si sposta sui gesti e le parole che essi compiono.
4. Domande – 34) Mt 10,11-15
- [La mia fede] «Esaminate chi sia degno in essa». Ascoltando le parole di Gesù si rimane interdetti. L’annuncio della parola passa per la prima fase che è quella di trovare una casa degna per essere accolti. Ho mai pensato che vi sono delle condizioni minimali per stare nello stesso ambiente a condividere il vangelo? Quali sono queste condizioni? In cosa consiste questa «dignità» di cui Gesù parla? Quale questo «contrappeso» necessario per ricevere la predicazione di salvezza?
- [Gli altri] «Entrati in una casa salutatela». L’azione specifica per entrare in una casa è quella di un saluto che porti pace. Ed è proprio questa pace che diventa azione discriminante del riconoscimento di una case che è in grado di accogliere la Parola. Saper accogliere la pace è saper accogliere la Parola. Quali sono queste disposizioni di pace in me che accolgo la parola e il fratello che la porta? Quali in me che porta la parola del Signore ad altri fratelli? Sono le medesime? Cambiano? Come?
- [La prassi] «Nel giorno del giudizio […] per quella città». Non accogliere la pace è non riconoscere la visita del Signore. Questo ricorda il pianto di Gesù su Gerusalemme. E ricorda allo stesso tempo l’importanza di accogliere la Parola nel tempo in cui si è visitati. Quanta tensione riconosco dentro di me per cogliere il passaggio del Signore? Quanto vivo questa urgenza? Mi è capitato di aver sperimentato di aver perso una possibilità di crescita nella fede? Questo ha cambiato qualcosa in me?
- [Salmo 122,8] «Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: “Su di te sia pace!”». Il Sal 122 esprime la preghiera/augurio per la pace su Gerusalemme. Lo ricordiamo come titolo dell’incontro proprio qui a Bari del 7/7/2018. Azione e preghiera sono intimamente collegati. Non esistono gesti neutrali. Quali gesti della mia vita dicono pace e quali dicono guerra? Quali prevalgono nella mia giornata? Ho parole di pace o semplicemente lascio correre? Quando capita? Con chi?