35) Lc 8,1-8 18/11/2020
1. Il testo
1E avvenne in seguito che egli passava per [ogni] città e villaggio annunciando ed evangelizzando il regno di Dio ed [erano] con lui i dodici e alcune donne che erano state curate da spiriti malvagi e infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale sette demoni erano usciti, 3Giovanna moglie di Cuza, amministratore di Erode, e Susanna e molte altre le quali li servivano con i loro beni.
4Radunatasi molta folla e accorrendo verso di lui da [ogni] città, disse con una parabola: «5Uscì il seminatore a seminare il suo seme. E nel seminarlo, esso cadde presso la strada e fu calpestato e gli uccelli del cielo lo mangiarono. 6E un altro cadde sulla pietra e crebbe e fu inaridito per non avere umidità. 7E un altro cadde in mezzo alle spine e cresciute[vi] sopra le spine lo soffocarono. 8E un altro cadde sulla terra, quella buona, e crebbe, fece frutto cento volte tanto. Dette queste cose esclamò: Chi ha orecchi per udire, oda».
2. Il messaggio
Il brano permette di riflettere sulla parabola senza la sua spiegazione successiva ( il “seme” che è la Parola è qualcosa che si conosce solo sulla base della spiegazione della parabola).
Possiamo provare a leggere la parabola come se fossimo “folla”: 1E avvenne in seguito che egli passava per [ogni] città e villaggio. Gesù cammina indistintamente ormai annunciando ed evangelizzando il regno di Dio; questa annotazione è importante perché ci sono due verbi che sono simili ma diversi: annunciare (keryssein): è un verbo generico che indica una proclamazione, un annuncio, è un verbo banditore; evangelizzare (euagghellein): verbo che significa annunciare una Buona Novella, ovvero fare un annuncio che ha un connotato già positivo. L’oggetto dell’annuncio è il Regno. Gesù annuncia ed evangelizza il Regno di Dio, annuncia la buona notizia che è Il Regno di Dio.
Ed [erano] con lui i dodici e alcune donne che erano state curate da spiriti malvagi e infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale sette demoni erano usciti, 3Giovanna moglie di Cuza, amministratore di Erode, e Susanna e molte altre le quali li servivano con i loro beni: con lui, oltre ai dodici che ha scelto, camminano alcune donne che sono particolarmente legate a lui tanto che Lo servono con i loro beni, cioè non servono solo Gesù ma nutrono tutta la compagnia.Il servizio non è più soltanto alla Parola ma è un servizio di tutti coloro che camminano dietro alla Parola.E’ interessante ad essere nominate esplicitamente sono donne, una cosa singolare per quel tempo.
Passando alla lettura della parabola, è necessario individuare al suo interno due sfumature: la differenza tra comprendere e spiegare. Innanzitutto la comprensione: questa parabola esprime l’autocomprensione di Gesù del proprio ministero. Poi la spiegazione: questa parabola esprime la “spiegazione” di Gesù alla folla e ai discepoli della dinamica della parola predicata nei cuori di chi l’ascolta.
Nel brano infatti si dice: 4Radunatasi molta folla e accorrendo verso di lui da [ogni] città, disse con una parabola. Questa parabola è la spiegazione di come Gesù intende la sua stessa predicazione.Simultaneamente illustra anche la dinamica dell’atto con il quale il Regno viene accolto («chi ha orecchi per udire, oda»). Proviamo ad osservare questi due aspetti.
«5Uscì il seminatore a seminare il suo seme. E nel seminarlo, esso cadde presso la strada e fu calpestato e gli uccelli del cielo lo mangiarono. 6E un altro cadde sulla pietra e crebbe e fu inaridito per non avere umidità. 7E un altro cadde in mezzo alle spine e cresciute[vi] sopra le spine lo soffocarono. 8E un altro cadde sulla terra, quella buona, e crebbe, fece frutto cento volte tanto. Dette queste cose esclamò: Chi ha orecchi per udire, oda». Leggendo la parabola del seminatore a partire dalla simbologia che vi è riportata si nota che il seminatore ha un obiettivo: che il seme porti frutto perché deve nutrirsi[1].Perciò, il seminatore non getta volontariamente il seme sui terreni improduttivi, è nell’atto di gettare il seme che esso è caduto anche su quei luoghi.
I connotati dei terreni sono tre, sono associati all’annuncio del Regno. Il seme:
a) cade sulla strada dove è calpestato (dimensione di disprezzo) quindi non arriva affatto al terreno;
b) giunge in un luogo arido (privo di acqua) e accade che la predicazione del Regno germogli, ma per mancanza di acqua si inaridisca;
c) cade tra le spine e viene soffocato (c’è una mancanza di aria, il seme viene asfissiato) dalle spine che gli crescono sopra.
La differenza tra il primo e gli altri due terreni dipende dal fatto che mentre il primo ha una inaccoglienza immediata, gli altri due cominciano con una forma di accoglienza e poi nel cammino c’è una forma di inaridimento o soffocamento della pianta che deve crescere. Solo nel primo caso c’è una forma di inaccoglienza totale con il disprezzo nei confronti di chi ci parla.
Si tratta dunque di tre atteggiamenti nei confronti del Regno di Dio. Il primo atteggiamento nasconde una forma di ostilità/disprezzo verso la Parola: essa finisce per essere calpestata; il secondo atteggiamento è un’iniziale accoglienza e poi una mancanza di nutrimento, una mancanza di cura; il terzo caso invece denota un’accettazione immediata del Regno di Dio (interesse a sentire ciò che dice Gesù) ma poi di ritorno c’è qualcosa che cresce sopra, ovvero c’è qualcosa che diventa più importante del Regno stesso per cui c’è una mancanza di primato.
Tutto questo porta al fatto che non si arriva al compimento, si rimane a metà strada, non si fa l’esperienza piena del fruttificare del Regno. Possiamo dire che si parli di una forma di sequela di Gesù che in qualche modo lo ascolta ma fino ad un certo punto, non ne fa autenticamente esperienza perché non arriva fino in fondo. Tutto ciò però non accade perché il terreno non è buono; in effetti, tutti i terreni sono buoni. In tal senso, l’ultima parte del brano è emblematica perchè tutti i terreni produrrebbero il centuplo se non fosse che sono ostacolati.
Non dobbiamo dimenticare che nell’azione della santificazione il movimento principale è quello della grazia di Dio, non siamo noi con le nostre opere a farci santi. Quale operazioni si possono fare affinché l’azione del Regno diventi esperienza autentica di Gesù? E’ necessario individuare tutti gli elementi che impediscono a Gesù di agire nella nostra vita. Essi sono il disprezzo della sua predicazione; la mancanza di alimento di quello che Lui ci chiede; il considerare le altre cose, le altre realtà della nostra vita sopra la realtà di Gesù. E’ dunque possibile verificare nella nostra vita a quali atteggiamenti personali corrispondono i tre momenti che Gesù ha descritto nella parabola. Una volta identificati gli atteggiamenti, potremmo elencarli e provare a cambiarli e verificare se questo cambiamento modifica il nostro rapporto con Gesù. Si tratta di un esercizio pragmatico che ci aiuta a fare esperienza della presenza del Regno nella nostra vita.
Guardando retrospettivamente gli ultimi brani letti, essi ci aiutano a guardare, dobbiamo continuare a chiederci se abbiamo mai fatto esperienza di questo sguardo di Dio nella nostra vita. Se non l’abbiamo fatta, questo dipende dal seminatore, dal seme o dal terreno? Gesù dice che abbiamo veramente la possibilità di fare esperienza di questo ma per farlo dobbiamo togliere gli ostacoli che ci indica. Non dimentichiamo che questa parabola esprime ottimismo: perchè da un lato chiarisce che il fallimento della predicazione del Regno non dipende dalla Parola predicata ma da come viene accolta[2]. Questa parabola serve quindi anche al predicatore chiamato ad imitare Gesù.
Allo stesso tempo questa parabola dice che l’accoglienza della Parola richiede un grande lavoro su di sé: riconoscere i propri limiti, sforzarsi di comprendere gli ostacoli, altrimenti l’incontro con la Parola non può esserci. Questo lavoro personale, forse, rappresenta quello che Gesù dice: «Io non sono venuto a curare i sani ma gli ammalati» (Lc 5, 27-32)[3].
Nel brano dunque. con gli aggettivi relativi alla Parola disprezzata, inaridita, e sovravanzata/soffocata da altri elementi, l’evangelista Luca ci dà tre punti sui quali dobbiamo lavorare perchè sono gli ostacoli che ci impediscono un autentico o più profondo incontro con Gesù. Nel nostro cuore coesistono tutti e tre, ci sono degli elementi della predicazione di Gesù che ci fanno paura, che possiamo addirittura allontanare da noi; ci sono degli elementi che invece non alimentiamo perchè non li consideriamo importanti; ci sono talvolta delle situazioni dove noi diamo priorità ad altro e forse il nostro compito è proprio quello di togliere questi elementi.
Possiamo terminare con una citazione di S.Giovanni della Croce che parla di quegli ostacoli che impediscono al cristiano di spiccare il volo. Egli dice che siamo come un uccellino alla cui zampetta, quando siamo nel peccato grave è legata una catena che non ci fa volare. Egli poi aggiunge che se anche al posto della catena noi crescessimo e avessimo degli attaccamenti terreni (non dei peccati gravi) che ci impedissero di volare, saremmo come un uccellino che è legato con un piccolissimo filo di cotone che rispetto alla catena è sicuramente molto meno importante, ma impedisce comunque di volare. Non è importante se si fa un peccato grave o si hanno degli attaccamenti disordinati, certo si offende meno Dio, ma dal punto di vista della propria realizzazione in Dio la situazione non cambia perchè che sia catena o filo di cotone comunque si è impediti a volare. Allo stesso modo, nella parabola, che sia una strada o che sia un seme nelle spine il risultato non cambia: il seme non porta frutto cioè non permette di fare una piena esperienza di Dio. Lo sforzo è si importante ma deve essere fatto in vista di un incontro autentico di Gesù.
3. Le risonanze personali
vv. 1-8 Gesù è in cammino, passava per ogni città e villaggio annunciando e evangelizzando il regno di Dio. Gesù non vuole parlare in.modo generico ma vuole specificare ,quindi evangelizzare in maniera più dettagliata il regno di Dio. Gesù fa prima di tutto esperienza del regno per poi spiegarlo . Con lui ci sono I 12 e le donne ,ovvero quelle donne che hanno sperimentato la guarigione sia corporale che spirituale e hanno deciso di servire con I loro beni non solo Gesù ma tutti coloro che lo seguono. Si può notare che c’è molta folla ad ascoltare Gesù . Gesù inizia con la predicazione della parabola del seminatore che va subito al dunque. Nel senso come ci predisponiamo al regno di Dio : V5 ” uscí il seminatore a seminare il suo seme e nel seminarlo, esso una cadde presso la strada e fu Calpestato ” V6: ” un altro cadde sulla pietra e crebbe e fu Inaridito ,per non.avere umidità ” . V7 : ” un altro cadde in mezzo alle spine e cresciutevi sopra alle spine lo soffocarono “. L’idea che abbiamo del regno di dio appartiene a questi tre dimensioni, perché troviamo nel primo caso inaccoglieza del regno di Dio ,quindi un rifiuto ,disprezzo . Nel secondo caso c’è accoglienza ma non troviamo il giusto nutrimento per far crescere il regno Dio . Nel terzo caso lo soffochiamo perché lo sovrapponiamo alle distrazioni o impegni , e per questo non cresce . Però Gesù ci parla del terreno buono che gettato il seme porta molto frutto. Il terreno fertile siamo sempre noi stessi ,la folla , e succede quando facciamo piena esperienza del regno di Dio. Per fare ció dobbiamo conoscere e superare gli ostacoli.
[1] Nella Bibbia, soprattutto nei Salmi, il seminare è un momento di tristezza perché chi semina sta gettando via quello che potrebbe mangiare. Cfr. il Salmo 125 (C.E.I): 6 Nell’andare, se ne va e piange/ portando la semente da gettare,/ ma nel tornare, viene con giubilo,/ portando i suoi covoni. Gettare il seme è sempre una fatica perché è una scommessa, una privazione di quello che si potrebbe consumare in termini di farina, invece nel tornare, quando si portano i covoni, le spighe, si è contenti perché il seme ha portato frutto.
[2] Un predicatore potrebbe scoraggiarsi perchè dopo tanta fatica questa Parola non attechisce, non funziona, un cristiano potrebbe chiedersi se quello che è scritto nel Vangelo non sia vero, come ha fatto Sant’Agostino che alla fine della vita ha una prova molto difficile da sostenere. L’Impero Romano d’Occidente stava crollando, i Barbari arrivavano da Nord, lui morì un po’ prima del 430 dC. Si chiese perché dopo che il Cristianesimo si era diffuso su tutto l’Impero continuassero le guerre.
[3] L’impostazione della Lectio in questo modo permette ad ognuno di noi di lavorare sulla Parola altrimenti non produce il suo frutto e la formazione del cristiano, del discepolo, non può non partire da questo lavoro interiore. Potrebbe essere anche un lavoro che scoraggia perché impegnativo. Piacerebbe talvolta non lavorare, essere più leggero, ascoltare qualcosa senza essere coinvolto in prima persona, talvolta sentire un predicatore che parla è anche più edificante ma non serve se poi questo non diventa uno strumento metodico di lavoro su di sé, in quanto, finita la predicazione, si tende a dimenticare ciò che si è ascoltato quando la disposizione non è quella giusta.