40) Lc 8, 40-56  – 10/01/21

  1. Il Testo

40Nel tornare Gesù, la folla lo accolse. Erano infatti tutti ad aspettare lui. 41Ed ecco venne un uomo il cui nome era Giairo e costui [era] capo della sinagoga, e caduto ai piedi di Gesù lo pregava di entrare nella sua casa, 42poiché aveva una figlia unigenita, dodicenne di età, ed ella stava morendo. Nel condurlo, le folle lo soffocavano. 43E una donna che era con un flusso di sangue da dodici anni – la quale [avendo perso con i medici tutta la sua vita] non era stata potuta curare da nessuno, 44avvicinatasi da dietro, toccò la frangia del suo mantello e immediatamente cessò il suo flusso di sangue. 45E disse Gesù: «Chi [è] colui che mi ha toccato?». Negando tutti, Pietro disse: «Capo, le folle ti circondano e ti schiacciano». 46Gesù disse: «Qualcuno mi ha toccato, io infatti ho conosciuto una forza uscita da me». 47Avendo visto la donna che non era rimasta nascosta, tremante venne e, gettatasi davanti a lui, annunziò davanti a tutto il popolo il motivo per il quale lo aveva toccato e come era stata guarita immediatamente. 48Quegli le disse: «donna la tua fede ti ha salvato. Vai in pace». 49Mentre ancora stava parlando viene un tale dal capo della sinagoga dicendo: «E’ morta la tua figlia, non disturbare più il maestro». 50Gesù udito rispose a lui: «Non aver paura, solo credi, ed [ella] sarà salvata». 51Venuto in casa non lasciò entrare alcuno con lui se non Pietro e Giovanni e Giacomo e il padre della bambina e la madre. 52Piangevano tutti e facevano il lamento su di lei. Egli disse: «Non piangete, non è infatti morta ma dorme. 53E lo deridevano sapendo che era morta. 54Egli, presa la mano di lei, gridò dicendo: «Bambina, alzati». 55E ritornò lo spirito di lei e risorse immediatamente ed [egli] comandò di darle da mangiare. 56 Ed erano fuori di sé i suoi parenti di lei. Quegli comandò loro di [non] dire a nessuno dell’accaduto.

  1. Il messaggio

Il brano è suddiviso in due parti; il v.49 non si comprende se non in relazione a quello che è successo prima. Gesù è stato dai Geraseni ed ha attraversato il mare, dopodiché trova ad accoglierlo una folla che lo aspetta e che non riesce ad interloquire con Lui perché subentra immediatamente il capo della sinagoga, Giairo. Nel mentre succede l’intermezzo dell’emorroissa (vv. 43-48).

49Mentre ancora stava parlando viene un tale dal capo della sinagoga dicendo: «E’ morta la tua figlia, non disturbare più il maestro». Il fatto che Gesù stia andando a casa di Giairo comporta che sottrae la Sua presenza a tutta quella folla che Lo sta aspettando. Quando muore la figlia di Giairo, qualcuno lo esorta a non disturbare più il maestro. Ma il capo della sinagoga disturbava il maestro o la folla che Lo aspetta? E’ un’espressione estremamente ruvida ma che non corrisponde a quello che Gesù ha detto a quest’uomo, Gesù non ha mai mostrato segni d’insofferenza. Quindi ci chiediamo se è possibile nutrire nei confronti di Gesù una qualche forma di possessività e gelosia, con parole che escludono il fratello per poter far posto nella nostra relazione con Gesù. Escludere il fratello dalla relazione con Gesù non è un modo corretto di entrare in relazione con Lui, questo atteggiamento ci esclude dal rapporto col Signore.

50Gesù udito rispose a lui: «Non aver paura, solo credi, ed [ella] sarà salvata». Gesù risponde solamente all’uomo che ha la figlia malata, continua a rivolgersi soltanto a lui. Gli dice: «non avere paura, solo credi». Paura di cosa? Che la figlia muoia? E’ importante porre l’attenzione sulla parola «salvata» che non significa semplicemente “sanata”, la salvezza riguarda tutta la vita di una persona e questa resurrezione è l’espressione della potenza di Gesù che può salvare la vita ad una persona.

Con le parole «Solo credi» Gesù chiede a quest’uomo di non smettere di avere fede in Lui. In che cosa consisterebbe questa fede, è solamente  interiore oppure consiste praticamente nell’andare dietro a Gesù? Nel continuare a camminare con Lui? Quando Gesù chiama qualcuno ad essere un suo discepolo, l’espressione che utilizza è «vieni dietro a me», molto spesso tradotta con «seguimi». Ricordiamo che quando Pietro contesta Gesù (Mc 8, 33), Egli di rimando gli dice: «torna dietro di me», vale a dire “torna a fare il discepolo”. Gesù non vive in un palazzo, in una sinagoga o nel tempio, ma cammina, questo comporta che la fede in Lui necessiti di andarGli dietro. Gesù nella sua esistenza si muove e viaggia in continuazione, se si vuol essere un Suo discepolo bisogna andarGli dietro. La fede non si esprime solamente in un sentimento, in una convinzione, ma ha anche delle dimensioni pratiche.

Dovremmo chiederci se la nostra fede si manifesta soltanto nell’andare in chiesa o nell’accendere un PC, se sono questi i gesti della sequela. Quali sono oggi i nostri gesti, le nostre azioni che esprimono la sequela? Quando noi sentiamo la chiamata cristiana di andare dietro a Gesù, che cosa comporta questa chiamata? Quali azioni concrete si esprimono in questa sequela sempre nella diversità delle vocazioni? Ci sono tanti modi di seguirLo. In che modo oggi le azioni connotano la nostra sequela di Gesù? Non sono soltanto azioni interiori (cioè decisioni) ma anche dei comportamenti, stili di vita che esprimono la decisione. Al di là dell’aspetto morale e della coerenza c’è anche altro, ci sono azioni che sono espressione della nostra sequela a Gesù.

51Venuto in casa non lasciò entrare alcuno con lui se non Pietro e Giovanni e Giacomo e il padre della bambina e la madre. 52Piangevano tutti e facevano il lamento su di lei. Egli disse: «Non piangete, non è infatti morta ma dorme. La seconda parte del brano si svolge in casa, Gesù entra ed anzitutto non permette ad alcuno di entrare, tranne ai genitori della bambina e ai suoi tre discepoli prediletti. Gesù è seguito dalla folla che si accalca, quei tre discepoli costituiscono i più intimi di Gesù, sono i testimoni delle cose più importanti. Sapere che Gesù sceglie è determinante, c’è una sequela e nonostante una folla intera lo segua solo alcuni entrano: ciò vuol dire che c’è una parte che dipende da noi ed un’altra che dipende da Gesù, Lui fa la scelta, noi rispondiamo. Le persone scelte nel brano sono le due persone alle quali Gesù ha chiesto la fede (i genitori) e i tre discepoli che teoricamente dovrebbero avere fede. Egli entra in casa e tutti piangono e fanno il lamento: “fare il lamento” è un verbo tecnico delle situazioni di lutto. In questa descrizione sono presenti solo coloro che Gesù incontra a casa, e li esorta a non piangere perché la bambina non è morta ma dorme.

Siamo di fronte ad una situazione in cui le due visioni, di vita e di morte, non possono essere contemporanee. Si scontrano la visione di Gesù e quella degli altri; viene utilizzato in greco il verbo oida, che significa “sapere” ed è l’espressione di un vedere esperienziale (“io ho visto, dunque so”), è una conoscenza che proviene dall’esperienza. Queste persone sanno che la bambina è morta, (perché ne hanno fatto esperienza), hanno una certezza umana che si scontra con la visione di Gesù. Questo illumina molto sul concetto di fede (come abbiamo visto nell’episodio di Pietro con la barca, in Lc 5, 1-11, in cui viene fatta un’esperienza analoga), più si sale più è evidente che la fede richiede un superamento delle certezze che provengono dall’esperienza, altrimenti non può essere definita fede ma teoria. La fede non è solamente un contenuto astratto a cui aderire, Gesù non chiede questo, Egli ci chiede di fidarci del fatto che Lui lo può fare. Un conto è guarire un ammalato, altro è resuscitare un morto. Più ci si avvicina ad un evento drammatico come la morte più la fede diventa impegnativa.

53E lo deridevano sapendo che era morta. 54Egli, presa la mano di lei, gridò dicendo: «Bambina, alzati». 55E ritornò lo spirito di lei e risorse immediatamente ed [egli] comandò di darle da mangiare. . 56 Ed erano fuori di sé i suoi parenti di lei. Quegli comandò loro di [non] dire a nessuno dell’accaduto. Le parole «Alzati» e «getta le reti dalla parte destra della barca» (nell’episodio appena citato), benchè diversi, sono segni della potenza di Gesù: ci vogliono due fedi diverse per aderire, o meglio due intensità diverse della stessa fede. La fede cresce o decresce, non è un blocco monolitico. Nella casa ci sono, oltre a coloro che credono in Lui, coloro che non credono e lo deridono: deridere Gesù è espressione della propria incredulità, ridicolizzano ciò che Lui dice perché sta negando la realtà. Lo scherno è l’espressione massima dell’incredulità (ricordiamo che Gesù viene schernito anche dai romani quando Gli mettono la corona di spine, il mantello e lo ridicolizzano sul fatto che Egli è il re dei Giudei).

Gesù si avvicina alla bambina, la prende per mano, le grida intimandole di alzarsi. E dopo averla fatta alzare chiede ai presenti di darle da mangiare. Tutti gesti che accompagnano la parola di Gesù. Gesti e parole che incarnano l’azione di Gesù e mostrano il rispetto della dimensione umana nell’azione dello Stesso. Anche la richiesta di darle da mangiare dice questo. L’intervento di Gesù, pur essendo sovrannaturale non fa a meno di questo contatto, di gridare per richiamare lo spirito che rientra nella bambina, di entrare nella dimensione umana che non viene negata. 

La reazione di sbalordimento che accade nella casa, l’essere fuori di sé, riguarda i parenti della bambina. Questo essere fuori di sé non è una cosa buona, o meglio è uno sbalordimento, una forma estrema di sorpresa che deriva però dal fatto che non essi hanno creduto in Gesù. Coloro che hanno avuto fede non hanno questa stessa reazione. Questo sbalordimento non ha un connotato positivo perché è caratteristico di chi viene totalmente spiazzato da una condizione di incredulità, è una reazione a ciò che è assolutamente inconsueto rispetto alla propria esperienza di vita. Accade qualcosa di incredibile ed alla quale non si riesce a credere.

Il brano si conclude con la richiesta di Gesù di non dire niente a nessuno dell’accaduto. Questa cosa è già successa quando Gesù ha resuscitato il figlio della vedova di Nain toccando la bara e dicendo al fanciullo di alzarsi e poi di non dire niente a nessuno, la volontà di Gesù che queste cose non si diffondano è una costante.

Riassumendo: tutta la folla aspetta Gesù ed all’interno di questa situazione di grande confusione ci sono due persone che vengono a contatto con Lui, l’emorroissa ed il papà (o meglio i genitori) della bambina e ad entrambe queste persone viene richiesta la fede per stabilire un contatto con Lui. Tutti quelli che sono intorno e non hanno questa dimensione è come se arrancassero (come la persona che dice «non disturbare più il Maestro») e non riuscissero a stabilire questo contatto. Una forma intermedia di comunicazione avviene con gli apostoli Pietro, Giacomo e Giovanni che vengono chiamati a partecipare ed assistere a quello che Gesù fa.

In questo brano, il connotato della fede permette di entrare veramente in contatto con Gesù. Questa fede ha diversi aspetti: da un lato la fiducia (l’emorroissa), dall’altro lato questa fiducia che ha a che fare con quello che Gesù può realmente fare. Ancora una volta il brano manifesta una crescita nella fede, perché tra sanare una donna con un flusso di sangue e resuscitare una bimba c’è una grande differenza, ma queste due persone sono accomunate da due elementi, entrambe vengono salvate ed entrambe hanno a che fare col numero 12 (la donna da dodici anni ha flusso mentre la bambina ha dodici anni, si tratta di una simbologia che collega le due persone che vengono salvate).

  • Alcune domande per riflettere    
  • Ci capita qualche volta di avere un atteggiamento escludente i fratelli nel rapporto con Gesù? Da quale paura dipende?
  • Avere fede significa camminare dietro a Gesù e seguirlo: in che modo (con quali azioni) esprimo la mia azione di sequela oggi?
  • La fede ci chiede di andare oltre le nostre convinzioni che derivano dall’esperienza: credo veramente che il Signore può ogni cosa?
  • Coloro che non credono – e deridono Gesù – sono gli stessi che sono «fuori di sé» per il suo segno: quando il mio stupore è frutto della mancanza di fede?
  • Gesù nella sua straordinaria azione rispetta l’umanità: credo che il Signore agisce nella mia debolezza senza stravolgere la mia umanità?
  • Le risonanze personali

vv. 40-56 Il brano mi è sembrato molto legato al precedente sulla questione della Fede perché comincia con « mentre ancora stava parlando….» e infatti Gesù parlava all’emoroissa, della sua Fede che l’aveva salvata e in risposta al tale che riteneva che per la figlia di Giairo ormai non ci fosse più nulla da fare chiede solo di credere . Di fronte a questa richiesta di Fede troviamo, però, chi deride Gesù sulla base delle proprie certezze .

Rispetto alla necessità di fede che emerge dal brano mi hanno colpito in particolare due versetti . Il v. 49 «E« morta… non disturbare più il maestro» che mi ha portato a riflettere sull’atteggiamento di chi si rivolge al Signore fino a quando ha qualcosa da chiedere e si allontana da Lui quando non ottiene quanto richiesto o comunque chi viene esaudito nelle proprie preghiere e non ringrazia il Signore. Inoltre mi sono chiesta se io penso di disturbare il maestro il Signore con le mie richieste o mi affido a Lui sapendo di essere importante per Lui .

L’altro, il v. 53 «…sapendo che era morta» mi ha portata ad interrogarmi su quando credendo alle mie certezze mi ritaglio una fede dove scelgo la Parola a cui dare credito .

Credo che si faccia fatica ad accettare che il Signore può tutto ed andare oltre le proprie esperienze e conoscenze , spesso credo che la fatica si trasformi anche in paura . Ma lo stupore che emerge quando veniamo smentiti è sinonimo di pentimento rispetto al totale affidamento a Lui .

Credo che il Signore agisca silenziosamente cambiando lentamente la nostra umanità mostrandoci modi di reazione diversi da quelli che ci aspetteremmo.

Di fronte ad una debolezza mi è capitato di reagire in modo nuovo e di esserne stupita e resa conto che questo diverso modo di agire era frutto di un intervento silenzioso del Signore quasi l’esaudire dell’invocazione “rendi i miei desideri coincidenti con i Tuoi”. Piccole scelte, piccole decisioni e piccoli cambiamenti nei modi di pensare e agire che mi fanno sentire più vicina ai modi di agire del Signore.