41) Mt 11,25-30 – 12/06/24
La paternità di Dio
L’insegnamento di Gesù prosegue sembrando una spiegazione di quello che è accaduto. Dopo il giudizio sulla generazione presente, e in modo particolare su coloro che più avevano ricevuto in termini di sua presenza, Gesù si rivolge al Padre.
Innanzitutto confessando la sua paternità su ogni cosa. Sul cielo e sulla terra. Una paternità che dice la sua presenza che è sopra ogni cosa, che la determina. E che determina ogni dono.
Poi motivando questo ringraziamento poiché i doni che Egli ha offerto in Gesù – queste cose – sono nascosti e svelati a seconda dell’atteggiamento del cuore. Questo dice ancora di questa generazione e dei suoi atteggiamenti. Dice che non basta aver ricevuto il dono della presenza di Dio se non si hanno occhi per poterla riconoscere e dunque accogliere.
Questi occhi dipendono da atteggiamenti che sono di sapienza-intelligenza oppure di piccolezza. Per riconoscere i doni di Dio – questo è una Sua scelta (così è piaciuto a Lui) – non ci si può atteggiare da sapienti-intelligenti, ma è necessario essere come bambini. Cioè come coloro che sanno di sapere meno. Che sanno di dover andare a scuola per imparare.
Si tratta di una scelta di Dio: così è piaciuto a Lui. E forse possiamo riconoscere questo piacere anche nelle relazioni tra uomini. Ove un atteggiamento di sapienza-intelligenza pone su un piano diverso dall’interlocutore e di fatto non coglie moltissime delle informazioni che nella relazione potrebbero venir fuori.
I doni conferiti a Gesù
Da questo punto di vista Gesù continua a confessare di aver ricevuto «tutto» dal Padre suo. Ove questo tutto fa riferimento alla piena conoscenza, alla relazione che esiste tra Padre e Figlio. E che egli corrisponde pienamente in maniera totale. tanto da dire che unico che conosce il Figlio è solo il Padre . E viceversa.
Questo dice diverse cose. Innanzitutto il fatto che Gesù corrisponde rispetto al Padre a quell’atteggiamento di bambino che testimonia anche a noi. E poi che la pienezza di conoscenza del Padre può avvenire solo mediante Lui, con il quale siamo in relazione.
La chiamata alla relazione
Proprio per questo l’ultima parte del suo discorso è un invito ad andare a Lui. Gesù chiama alla relazione. Una relazione che è riposante. Tale riposo deriva dalla capacità di imparare come egli porta il gioco. Come egli è mansueto e “piccolo” – cioè non superbo – nel cuore.
Chi pensa che Gesù tolga il carico sbaglia. Come sbaglia chi pensa che egli sia venuto a porre il carico sugli uomini. Egli piuttosto insegna a portare quel carico che è fardello di ogni uomo in modo che esso sia leggero. In una maniera dolce.
«Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari» (Sal 8,3)
Il Sal 3 racconta la grandezza di Dio mediante la bocca dei piccolissimi. Un modo per esprimere la Sua grandezza che scavalca ogni capacità umana. E che dunque si serve in modo straordinario della sua incapacità per manifestarsi. Allo stesso modo Gesù esprime l’atteggiamento verso Dio di bambini per mettersi nella condizione di ricevere ciò che non può essere che ottenuto se non come dono. Perché ogni relazione è dono, frutto della libertà di chi si apre. E sopra tutte quella di Dio.
Domande – Mt 11,25-30
- [La mia fede] «Hai nascosto queste cose ai sapienti e intelligenti». Gesù ringrazia il Padre perché la conoscenza di Dio avviene in un modo che non dipende dalla conoscenza-intelligenza, ma da un atteggiamento di riconoscersi come bambino. In che modo vivo la mia fede? Quali sono gli atteggiamenti che mi dispongono verso Dio come sapiente/intelligente e quali come bambino?
- [Gli altri] «Poiché così è avvenuta compiacenza davanti a te.». La “legge della piccolezza” per entrare nelle relazione con Dio è qualcosa che piace a Dio. Essa può essere applicata anche alle relazioni tra gli uomini. Quale atteggiamento assumo quando mi relaziono con gli altri? Sono simile a un sapiente/intelligente o a un bambino? Quale atteggiamento mi aspetterei da coloro che sono a me vicini? Quali di essi potrebbe migliorare il rapporto con loro? Ho provato a dirglielo?
- [La prassi] «Venite verso di me tutti affaticati e oppressi e io vi farò riposare». Gesù chiama alla relazione, aprendosi a ciascuno. Sempre rispettando la “legge della piccolezza” e dunque chiedendo docilità/fiducia nella relazione. Quanto penso di conoscere Gesù? Quanto nel conoscerlo conformo il mio atteggiamento ai suoi insegnamenti e quanto mantengo le mie “modalità”? Come potrei essere più docile nell’accostarmi a Lui?
- [Salmo 8,3] «Con la bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza contro i tuoi avversari». Il Salmo parte dal presupposto che ogni relazione è dono, su tutte quella di Dio. Cioè si riceve, ma non si può dedurre. Non serve intelligenza, ma apertura, semplicità (nel senso di onestà-trasparenza) e chiaramente disponibilità al dono completo. Quanto il mio desiderio di incontrare Dio trova in me disponibilità a donarmi a mia volta? Quali sono gli elementi che mi impediscono di donarmi? Quali le cose più importanti di Dio? Qual’è il «tutto» che Dio mi ha consegnato?