42) Lc 9, 10-17 – 27/01/2010
- Il testo
10E ritornati gli apostoli raccontarono a lui quanto avevano fatto. E accogliendoli, si ritirò in disparte in una città chiamata Betsaida. 11Le folle saputo[lo] lo seguirono. E ricevutele parlò loro del Regno di Dio, e guariva coloro che avevano bisogno di cure. 12Il giorno cominciò a declinare, [e] i dodici avvicinatisi gli dissero: «Sciogli la folla, affinché vadano nelle regioni e campi circostanti, alloggino e trovino provviste, poiché qui siamo in un luogo deserto». 13Disse verso di loro: «Date voi da mangiare loro». Quelli dissero: «Non è a noi più che cinque pani e due pesci, a meno che recandoci noi comprassimo cibo per tutto questo popolo».14C’erano infatti circa cinquemila uomini. 15Disse verso i suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi circa di cinquanta». E fecero così e fecero sedere tutti. 16Presi i cinque pani e i due pesci, guardando verso il cielo, li benedisse e [li] spezzava e [li] diede ai discepoli per consegnarli alla folla. 17 E mangiarono e furono saziati tutti, e delle parti avanzate furono portate via dodici ceste [piene] di pezzi.
- Il messaggio
10E ritornati gli apostoli raccontarono a lui quanto avevano fatto. E accogliendoli, si ritirò in disparte in una città chiamata Betsaida. Il brano è in continuità con il precedente, anche da un punto di vista lessicale, gli apostoli «ritornano». Il primo verbo che incontriamo è raccontare (diegheomai), molto importante ma inconsueto nel NT. È tipico solo di Luca. Lo abbiamo incontrato nell’episodio del geraseno indemoniato (Lc 8, 39: «racconta quanto per te ha fatto Dio», il racconto è una forma di annuncio) e nel Prologo al Vangelo (ritroviamo il termine dieghesis, cioè racconto): «poiché molti hanno messo mano a scrivere un racconto delle cose accadute»). Luca equipara racconto e annuncio: qual è la differenza tra raccontare e annunciare il Regno? In effetti, si annuncia il Regno di Dio che entra, ma si raccontano le cose accadute, cambia il complemento oggetto, legato alla temporalità. Ciò significa che l’annuncio è la fase nella quale noi, dicendo, procuriamo l’avanzamento del Regno; per crescere, il Regno ha bisogno di essere annunciato. Raccontare è una prospettiva opposta, noi raccontiamo il Regno di Dio che si è realizzato (ciò che Dio ha fatto per noi).
Nella nostra crescita è importante raccontare ciò che Dio ha fatto nella nostra vita, perché raccontare è una testimonianza. Raccontare è altrettanto importante per noi: ci aiuta ad affinare e consolidare quella che è stata l’esperienza del Signore, raccontando le cose accadute si scopre meglio ciò che è accaduto, è tra l’altro quello che fa Israele, che ricorda raccontando, e così facendo rielabora, cresce nella fede scoprendo cose nuove. Se non raccontiamo, ciò che non diciamo non esiste. La nostra vita interiore, il nostro rapporto col Signore se non è raccontato si appiattisce, perde di spessore e scompare, si rischia di vedere tutto come qualcosa di scontato e banale. L’importanza di raccontare quello che accade nella vita interiore è grandissima, lo si può fare nel sacramento della Riconciliazione ma anche nella direzione spirituale, o comunque in un contesto che possa accogliere ciò che di più prezioso possiamo consegnare di noi stessi.
11Le folle saputo[lo] lo seguirono. E ricevutele parlò loro del Regno di Dio, e guariva coloro che avevano bisogno di cure. Gesù, di rimando, compie un gesto bellissimo, riceve, così come ha accolto gli Apostoli, sta di fronte a loro, li ascolta, è un grande momento di comunione imprescindibile e paradigmatico (sono azioni umane che non si possono tralasciare in qualunque percorso di fede). Gesù qui compie azioni che ci insegnano come si fanno le cose: è con gli Apostoli in un luogo deserto ma viene interrotto dalla folla, che evidentemente ha più bisogno, e senza esitare si dedica a loro. Il principio di accoglienza di Gesù è un principio che abbraccia tutti: si dedica al parlare del Regno e a guarire. Cerca di fare in modo che il Regno di Dio entri nella vita della folla, fa in modo che la folla viva l’esperienza di Dio. Gesù è realtà presente del Regno nella vita di ognuno.
12Il giorno cominciò a declinare, [e] i dodici avvicinatisi gli dissero: «Sciogli la folla, affinché vadano nelle regioni e campi circostanti, alloggino e trovino provviste, poiché qui siamo in un luogo deserto». Anche i discepoli sembrano avere interesse nei confronti dei bisogni della folla, perché sono loro a preoccuparsi della folla che non può mangiare, facendosi portavoce di un’esigenza. Come prima reazione dunque, essi propongono di congedare la folla perché provveda ad alimentarsi, fanno un ragionamento umano.
13Disse verso di loro: «Date voi da mangiare loro». Quelli dissero: «Non è a noi più che cinque pani e due pesci, a meno che recandoci noi comprassimo cibo per tutto questo popolo». Gesù vuole insegnare ai discepoli come fare: emerge un tema eucaristico, il dare da mangiare ci ricorda che i discepoli ha già dato ai discepoli una forza e un’autorità che derivano da lui, i discepoli ne hanno già fatto esperienza, ma in questo momento sembrano dimenticarlo; con la frase «Date voi da mangiare loro» Gesù continua con la responsabilizzazione dei discepoli, dà ancora una volta fiducia. E’ come se chiedesse, anche in Sua presenza, di fare qualcosa: i discepoli devono sempre continuare ad agire nello spirito di Gesù anche quando c’è Lui. Per fare ciò è necessario che loro cambino il loro modo di pensare. La frase «Non è a noi più che cinque pani e due pesci, a meno che recandoci noi comprassimo cibo per tutto questo popolo» è ancora espressione di una incomprensione, i discepoli non hanno ancora compreso ciò che Gesù chiede, non hanno cambiato mentalità.
15Disse verso i suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi circa di cinquanta». E fecero così e fecero sedere tutti. 16Presi i cinque pani e i due pesci, guardando verso il cielo, li benedisse e [li] spezzò e [li] diede ai discepoli per consegnarli alla folla. Come risposta, Gesù non spiega più, interviene ed agisce. Possiamo chiederci quanto dobbiamo fare perché il Signore possa agire nelle nostre povertà, e la risposta è che bisogna dare tutto ciò che abbiamo. E’ interessante poi vedere che alla fine ciò che i discepoli danno non viene decuplicato, ma ne deriva molto di più di quanto i discepoli, nella totalità della loro povertà, hanno messo. Siamo dinanzi ad un segno dell’esperienza di Dio. I verbi sono importanti: si susseguono una serie di aoristi (che indicano un’azione puntuale nel passato): prese, guardò, benedisse, spezzò; ad essi segue poi un imperfetto (che indica un’azione continuativa nel passato): dava. Il dare è dunque espressione di un’azione continuata, Gesù continua a dare, i pezzi sono “ciò che è stato spezzato”, e non finiscono mai. L’azione della moltiplicazione avviene nel dare, Gesù continua a darli ai discepoli. Loro hanno il compito di consegnare questi pezzi agli altri (il verbo usato è paradidomi, da cui proviene il termine paradosis, tradizione).
Gesù, con questa serie di azioni eucaristiche, dimostra ai discepoli che loro devono agire con la Sua autorità e con la Sua potenza, ma è sempre Gesù che agisce; il miracolo, che sia in presenza di Gesù o che sia in assenza, lo fa sempre Lui, che è Parola viva ed efficace. Gesù insegna ai suoi discepoli che agisce sempre dentro di loro. E’ un modo per esprimere il sacramento: Gesù traspare in ogni azione che il sacerdote compie; il compito del sacerdote è quello di dare, trasmettere, ma l’azione la compie sempre Gesù.
17 E mangiarono e furono saziati tutti, e delle parti avanzate furono portate via dodici ceste [piene] di pezzi. Ora il grande affresco in cui si vede l’azione di Cristo nei discepoli si compie, con il segno della sazietà e della sovrabbondanza.
- Le risonanze personali
v. 12 In questo brano sono i dodici ad avere attenzione per la folla e la loro umanità. Gesù che ha ormai inviato i dodici in missione, continua a spronare a fare e dare loro stessi da mangiare alla folla. Gesù ha bisogno o piuttosto vuole la nostra collaborazione e a partire da quello che abbiamo e che siamo (cinque pani e due pesci) compie meraviglie e arriva alla folla.
vv. 10-17 Il brano comincia con grande continuità con il precedente, infatti dopo aver inviato i dodici Gesù riprende a fare quello che gli stessi avevano fatto come suoi inviati ovvero parlare del Regno e guarire i malati. In questo passo poi mi è parso che Gesù voglia dare un altro insegnamento ai suoi discepoli .
Mi colpiscono due aspetti in modo particolare . In primo luogo la preoccupazione dei discepoli rispetto alle necessità della folla che mi ha fatto riflettere sulla capacità di intercettare i bisogni non solo dei fratelli, ma più in generale di chi vive intorno a me e di presentarle a Gesù anche se questo non è espressamente richiesto da chi è nel bisogno .
Un altro aspetto che mi stupisce sempre moltissimo è che la folla riceve più del necessario, ovvero la folla non riceve qualcosa da mangiare, ma viene saziata e vengono portate via dodici ceste piene di parti avanzate . Una folla che lo segue , rimane con Gesù nel deserto senza avere le preoccupazioni che hanno i discepoli e riceve più del necessario senza richiedere nulla .
Mi sono chiesta partendo da questo se anche io ho fiducia che il Signore può darmi più di quanto io possa desiderare per la mia vita e se mi rendo conto che probabilmente quello che non ho non è così necessario per vivere la sua presenza .
In questo tempo dove tutti ci siamo riscoperti bisognosi, avverto di fare più fatica nell’intercettare le necessità dei fratelli, soffro per le mancanze di molti , ma vivo la difficoltà di essere d’aiuto concretamente e mi rendo conto che non riesco a mettere a disposizione tutto quello che potrei .
Il percepire questi limiti possa essere il primo passo per migliorare nel cammino .
- Alcune domande per riflettere
- Ho l’abitudine di fermarmi davanti a Gesù e raccontarmi a Lui? a raccontare/annunciare ciò che Dio ha fatto nella mia vita? a raccontarmi a un sacerdote per discernere la volontà di Dio?
- In che modo sono accogliente nei confronti del Signore/dei fratelli?
- Riesco a dare la precedenza nella mia vita alle persone che hanno più bisogno? Ho criteri preferenziali?
- Riesco a mettere a disposizione ciò che ho per chi ha bisogno? Quale limite ho nel condividere ciò che ho? Quando ho fatto tutto il possibile per permettere al Signore di agire in me?
- Come cristiano mi sento inviato dal Signore? Cosa mi chiede il Signore nell’inviarmi? Sono certo che la Sua azione accompagni il mio cammino?