45) Lc 9, 37-45 24-02-2021

  1. Il testo

37Avvenne il giorno seguente, scendendo essi dal monte, [che] molta folla lo avvolse. 38Ed ecco un uomo dalla folla gridò dicendo: «Maestro, ti prego di volgere lo sguardo su mio figlio, poiché è il mio unigenito, 39ed ecco uno spirito lo prende e all’improvviso urla e lo strattona e con spuma, e difficilmente si allontana da lui straziandolo. 40E ho pregato i tuoi discepoli affinché lo scacciassero e non hanno potuto». 41Rispondendo Gesù disse: «O generazione senza fede e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conduci qui tuo figlio». 42Ancora nell’avvicinarsi egli, il demonio lo gettò [a terra] e lo agitò con convulsioni. Ammonì Gesù lo spirito impuro e guarì il fanciullo e lo riconsegnò a suo padre. 43Rimasero sbalorditi tutti per la maestà di Dio. Mentre tutti erano stupiti per ogni cosa che faceva, disse verso i suoi discepoli: «Ponete voi i vostri orecchi a queste parole. Infatti il figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». 45Quelli non compresero questa parola ed era per loro velata tanto che essi non la percepivano, e avevano paura di domandare a lui riguardo a questa parola.

  • Il messaggio

Il brano presenta dei connotati che conosciamo bene. Si tratta di un esorcismo, non è l’unico che accade nel Vangelo di Luca, non è neanche strano che questo esorcismo coinvolga Gesù e gli stessi discepoli; essi infatti, all’inizio del capitolo, sono stati mandati da Gesù con autorità e potenza a predicare il regno e a scacciare i demoni. Il brano si colloca in questo contesto e non scende nei particolari dell’azione di Gesù, considerandoli probabilmente abbastanza scontati.

37Avvenne il giorno seguente.. L’uso del verbo «avvenne» serve all’evangelista per scandire gli avvenimenti. Gesù è con Pietro Giacomo e Giovanni: scendendo essi dal monte, [che] molta folla lo avvolse. Il verbo “avvolgere” è lo stesso che corrrisponde a “custodire” Gesù (syntherèo);  per spiegare l’operazione che fa la folla Luca sceglie il verbo “avvolgere”, piuttosto che “accogliere” Gesù dentro di sé.

Dalla folla emerge l’esigenza di un uomo che chiede in preghiera a Gesù di volgere lo sguardo sul suo figlio che è l’unigenito: 38Ed ecco un uomo dalla folla gridò dicendo: «Maestro, ti prego di volgere lo sguardo su mio figlio, poiché è il mio unigenito, 39ed ecco uno spirito lo prende e all’improvviso urla e lo strattona e con spuma, e difficilmente si allontana da lui straziandolo». Quest’uomo prega Gesù, ma prima di pregare Lui ha pregato i discepoli 40E ho pregato i tuoi discepoli affinché lo scacciassero e non hanno potuto.

La descrizione fornita è quella di uno spirito che prende totalmente possesso del ragazzo, tutti i verbi del versetto 39 sono tutti riferiti allo spirito, che lo prende, urla all’improvviso, strattona il ragazzo e difficilmente si allontana da lui; il soggetto in questione è sempre lo spirito, si tratta di una forma di possessione, probabilmente meno forte di quella vista a Gerasa. Questa situazione è abbastanza inconsueta e i discepoli non hanno potuto, non hanno avuto la forza, il potere (che pure è stato dato loro precedentemente da Gesù) di poter praticare l’esorcismo. Ci possiamo chiedere come mai i discepoli, in assenza di Gesù, non hanno potuto. All’inizio del capitolo 9 abbiamo già incontrato una situazione di assenza di Gesù, in questo caso non si tratta tanto di un poter agire o meno, quanto piuttosto di utilizzare la forza che i discepoli hanno ricevuto. Essi non sono riusciti ad utilizzare questa forza divina che Gesù gli ha dato.

 41Rispondendo Gesù disse: «O generazione senza fede e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Conduci qui tuo figlio». Gesù parla come Dio, fa riferimento ad una generazione, con una  parola che coinvolge tutti i presenti, folla e discepoli. Questa generazione viene definita incredula e perversa. Quest’ultimo termine “perversione” (diestramméne) ha la stessa radice del verbo della conversione (strepho) ma indica una direzione diversa, la perversione (diatrepho) consiste nel rivolgersi da un’altra parte e non verso (epistrepho) Dio. L’incredulità e la perversione connotano dunque un movimento simile, denotano un non fidarsi e un essere rivolti altrove. La domanda Fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? non può essere compresa come una lamentela, ma piuttosto come una preoccupazione per il momento in cui Gesù non ci sarà più, Egli si chiede se i discepoli saranno capaci di utilizzare l’autorità e il potere senza la sua presenza. La sopportazione di Gesù dipende dal fatto che egli vive la mancanza di fede come una fatica, fatica di un atteggiamento che manca di risposta: potremmo allora chiederci, ragionando a specchio, cosa provoca il nostro atteggiamento nei confronti di Gesù? Il nostro comportamento rende felice Gesù o gli procura dispiacere?

Mentre questo ragazzo si avvicina a Gesù, il demonio non parla ma esprime la propria ribellione a questo avvicinamento agitandosi e gettando a terra il ragazzo con convulsioni quasi che non voglia avvicinarsi a lui. 42Ancora nell’avvicinarsi egli, il demonio lo gettò [a terra] e lo agitò con convulsioni. Ammonì Gesù lo spirito impuro e guarì il fanciullo e lo riconsegnò a suo padre. Di Gesù viene detto solo che ammonisce lo spirito e guarisce il ragazzo. Il verbo “riconsegnare” (paradidomi) è lo stesso utilizzato per Gesù, quando sarà consegnato nelle mani degli uomini.

43Rimasero sbalorditi tutti per la maestà di Dio. Tutti sono sbalorditi, ma Gesù non pensa più alla folla, al padre e si gira verso i suoi discepoli, dando l’impressione che proprio tutto il brano sia rivolto a loro. Mentre tutti erano stupiti per ogni cosa che faceva, disse verso i suoi discepoli: «Ponete voi i vostri orecchi a queste parole. Infatti il figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini». Ripete ciò che ha detto prima di salire sul monte con i due discepoli ma: 45Quelli non compresero questa parola ed era per loro velata tanto che non  era percepita, e avevano paura di domandare a lui riguardo a questa parola.

Questa incapacità di capire dipende da due elementi: “velata” significa che non ha la chiarezza e che mantiene una sua misteriosità; i discepoli, che prima non hanno capito il mistero della croce, anche in questo caso non lo capiscono e non chiedono neanche a Gesù il significato delle sue parole, perché hanno paura. La paura esprime una chiusura del cuore dei discepoli, la croce fa paura e quindi preferiscono non fare domande. Gesù annuncia la sua passione, i discepoli hanno inteso che si tratta di una cosa spiacevole, ma non hanno il coraggio di chiederlo. L’elemento che unisce tutta la riflessione è che i discepoli fanno il percorso di Gesù, sono ammirati e stupiti, ma simultaneamente non sono veramente insieme a lui, sono insieme a Gesù fisicamente, ma di fatto si stanno distanziando da Lui perchè non vogliono arrivare alla morte. L’incapacità di scacciare lo spirito impuro dipende dal fatto che essi si sono distanziati. Come si potrebbe definire questo distanziamento? Il rapporto con il maestro, l’aver paura per sé mentre il maestro è presente è segno di assenza di fede. La fiducia consiste nel fidarsi fino al punto di mettere a repentaglio la propria esistenza; più si avanza nel cammino, più avere fiducia all’ombra della croce è meno facile. La prova della fedeltà si verifica quando c’è una situazione in cui veniamo messi in crisi, per esempio in Genesi 3 Adamo ed Eva devono fidarsi di Dio non quando Lui è presente, ma quando arriva il serpente, la tentazione.

  • Le risonanze personali

vv. 37-43 Il Vangelo ci sta sempre più facendo vedere due piani, quello della folla e quello dei discepoli. Anche in questo brano mi sembra che Gesù chieda qualcosa in più ai discepoli, e anche in questo brano mi sembra che i discepoli si misurino con il proprio limite, infatti al v. 40 si dice che non hanno potuto, proprio loro ai quali Gesù ha dato il potere. Da cosa deriva questa impotenza? Probabilmente, ancora una volta, da una mancanza di fede. Tale mancanza si traduce al v. 45 con il non conoscere la parola di Gesù che risulta velata, tanto che non riescono a percepirla. Mi sento molto vicina ai discepoli: possiamo fare esperienza di Gesù, vedere guarigioni, miracoli, ma questo non basta, bisogna immergersi nel mistero della Croce, vero e proprio Esodo di Gesù. E questo lo si può fare solo con la fede, che presuppone un cuore libero.

  • Alcune domande per riflettere
  • I discepoli camminano con Gesù, ma non insieme a lui: essi non accolgono la sua parola che parla di sofferenza: cosa li separa da Gesù?
  • I discepoli non sono in grado di scacciare lo spirito impuro pur avendone la forza da Gesù: cosa manca loro? Capita a noi di ricevere la forza e non saperla usare?
  • Il mistero della croce è velato ma allo stesso tempo annunciato: ho il coraggio di accoglierlo?
  • La Parola di Gesù è rivolta a ciascuno di noi: mi è capitato di non volerla ascoltare perché ho paura di quello che mi chiede?