58) Lc 11,37-44 – 09/06/2021

  1. Il testo

37Nel parlare [egli] un Fariseo gli domanda di cenare presso di lui. [Egli] entrato si sedette. 38Il Fariseo, si stupì avendo visto che non aveva fatto le abluzioni prima di cena. 39Disse il Signore verso di lui: «Ora voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e malvagità. 40Stolti, colui che ha fatto l’esterno non ha fatto anche l’interno? 41Piuttosto date in elemosina ciò [che è] dentro, ed ecco ogni cosa per voi è puro. 42Ma guai a voi Farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio e passate sopra al giudizio e all’amore di Dio. Queste cose era necessario fare, senza trascurare le altre. 43Guai a voi Farisei, che amate i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze. 44Guai a voi, poiché siete come quei sepolcri invisibili e gli uomini che vi camminano sopra non lo sanno».

  • Il messaggio

                37Nel parlare [egli] un Fariseo gli domanda di cenare presso di lui. [Egli] entrato si sedette. Gesù risponde all’invito con la disponibilità ad entrare in relazione profonda con il fariseo: entrare nella sua casa e cenare con lui. Questa disponibilità connota tutto il brano e si possono identificare tre dimensioni: l’accettazione dell’invito; l’invito a casa; l’invito a cena. Esse sono espressione di apertura di Gesù ad una comunione, ovvero ad una intimità, apertura maggiore.

Nonostante l’invito provenga da un fariseo, i cui pensieri dell’intera categoria sono conosciuti da Gesù e nonostante i farisei siano diventati ostili a Gesù, questi accetta l’invito, ovvero Gesù non preclude a nessuno quella comunione che trova i suoi momenti culminanti nella visita a casa e nella cena.

Il concetto di accettazione va anche considerato come reciprocità nella relazione, perché Gesù una volta a casa del fariseo, con grande franchezza, dice le cose che non vanno. E infatti questo atteggiamento fa parte della dimensione della comunione: dirsi le cose che non funzionano.

Come Gesù accetta l’invito del fariseo, anche quest’ultimo deve accettare quello che dice Gesù, anche se non gli piace, così anche noi, nella nostra comunione con Gesù, oltre al momento di convivialità, dobbiamo accettare che le sue parole possano essere dure. E’ questa una reciprocità necessaria.

38Il Fariseo, si stupì avendo visto che non aveva fatto le abluzioni prima di cena. Il fariseo è sorpreso dai modi di Gesù quando si mette a tavola, dalle cose che fa o non fa.Sembra una sorpresa genuina perché il fariseo è davvero convinto che le abluzioni si debbano fare ed è molto sorpreso che un Maestro come Gesù non le faccia.Il verso parla solo di stupore del fariseo il quale non riferisce nulla a Gesù.

39Disse il Signore verso di lui: «Ora voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e malvagità. Rispetto a questo stupore, Gesù fa un discorso duro, serio, profondo. Duro perchè non usa mezze parole, serio perchè per Gesù queste cose hanno una grande importanza, non sono secondarie,profondo perché Gesù va sempre più parlando alla profondità del problema.

Gesù si esprime nei confronti di tutta la categoria dei farisei, ovvero nei confronti di un modo di capire il rapporto con Dio[1].  Egli sottolinea che i farisei fuori appaiono bravi ma dentro sono pieni di rapina e malvagità. Il termine rapina indica l’utilizzo della forza e violenza per rubare. Possiamo chiederci cosa rubino… la parola potrebbe essere ricollegata al verso 44).

40Stolti, colui che ha fatto l’esterno non ha fatto anche l’interno? 41Piuttosto date in elemosina ciò [che è] dentro, ed ecco ogni cosa per voi è puro. Gesù li chiama «stolti» perchè concepiscono il rapporto con Dio in maniera parziale, convinti che Dio guardi solo l’esteriorità. La contrapposizione tra esteriorità ed interiorità non è solo questione di moralismo ma sottolinea un atteggiamento che li vede preoccupati solo dell’esteriorità, di ciò che si vede, e non dell’interiorità, di ciò che non si vede, ma Gesù ricorda loro che Dio guarda anche dentro. In tal modo si confonde la religiosità con un “aver fatto” (aver pregato, essere andati a messa, etc., che sono tutte pratiche), senza crederci dentro davvero.

41Piuttosto date in elemosina ciò [che è] dentro, ed ecco ogni cosa per voi è puro. Gesù invita a svuotareciò che è dentro. La dimensione dell’elemosina esprime l’offerta, la donazione, il non volerci guadagnare, il dare. Uno dei modi per svuotare l’interiorità potrebbe essere la confessione, che rende puri.[2] Gesù è venuto a prendersi soprattutto i peccati, tutto ciò che riempie il cuore (rapina, iniquità) lo intasa. Pertanto, la stoltezza è un’esteriorità che soffoca l’interiorità.


[1] I farisei rappresentano uno dei modi di vivere la religiosità al tempo di Gesù, e sono la categoria più purista che mette al centro le pratiche considerate come essenziali. I Sadducei non credono nella resurrezione, gli Zeloti credono nella rivoluzione, gli abitanti di Qumran sostengono i sacerdoti, etc.).

[2] Ricordiamo l’aneddoto raccontato da San Girolamo. Egli si converte e per fare penitenza dei suoi peccati rimane a Betlemme per ben trentacinque anni, in una spelonca accanto alla grotta della Natività, pregando, studiando e traducendo in latino la Bibbia. In una notte di Natale gli appare Gesù Bambino che gli chiede:

“ Non hai niente da darmi nel giorno della mia Nascita?”

Il Santo gli risponde:

“ Ti do il mio cuore!”

“ Va bene ma desidero ancora qualche altra cosa”

“ Ti do le mie preghiere!”

“ Va bene; ma voglio qualche cosa di più” insisteva Gesù.

“ Non ho più niente, che vuoi che ti dia?”

“ Dammi i tuoi peccati, o Girolamo” rispose Gesù Bambino, “ perché io possa avere la gioia di perdonarli ancora”.

42Ma guai a voi Farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio e passate sopra al giudizio e all’amore di Dio. Queste cose era necessario fare, senza trascurare le altre. Sembra che Gesù stia dicendo ai farisei che l’elemosina di cui parla non sono le decime che pagano perfino sull’erbaggio. I Farisei fanno troppa attenzione a questo e passano sopra al giudizio e all’Amore di Dio, ovvero non lo considerano e non si soffermano su questo.

Giudizio e Amore sono legati in questa riflessione. Il Giudizio indica il Giudizio di Dio (cfr. Giovanni 1, 18: «[….] ma chi non crede è già stato giudicato») che è il criterio di valutazione di Dio (non il nostro) sulle cose, ovvero ciò che Dio (non noi) ritiene giusto/sbagliato. L’Amore di Dio è Amare Dio e l’atteggiamento dei farisei non fa amare Dio. Se non si ama Dio, che si ama?

43Guai a voi Farisei, che amate i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze. Questa è la radice di tutto: la stoltezza, l’attenzione all’esteriorità, al pagamento dell’ultima delle decime che ignora le valutazioni e l’Amore di Dio e che dipende da un amore verso i primi posti. S. Agostino[1]  parla di due amori, due città: «Due amori quindi hanno costruito due città: l’amore di sé spinto fino al disprezzo di Dio ha costruito la città terrena, l’amore di Dio spinto fino al disprezzo di sé la città celeste». L’assenza di Amore di Dio è amore per sé stessi che è amore per diventare primi, che è il primo peccato: quello commesso da Lucifero ed il peccato di Adamo (Genesi 3,5: «[…]diventereste come Dio»).

Possiamo chiederci: che cosa uccide l’Amore di Dio? che cosa uccide la Parola e il Giudizio di Dio? cosa ci porta a considerare il mio giudizio superiore a Dio? E’ l’amore di noi, della nostra posizione, dei nostri obiettivi, dei nostri primati più di Dio. Gesù infatti ci ha detto che se non rinneghiamo noi stessi, non possiamo capire il Vangelo. Rinnegare sé stessi è la condizione per cominciare un percorso di purificazione, di Amore di Dio. Quando si ama la propria vita più di Dio lo si sta disprezzando e si sta avendo un atteggiamento farisaico. In tal modo il brano è svincolato da una interpretazione moralistica (accusa del fariseo che dice una cosa e ne fa un’altra, è doppio), qui c’è molto di più della doppiezza d’animo.

44Guai a voi, poiché siete come quei sepolcri invisibili e gli uomini che vi camminano sopra non lo sanno» Il sepolcro è considerato un luogo impuro, se si tocca un sepolcro bisogna purificarsi: ciò significa che con il loro atteggiamento i farisei nuocciono agli altri. I quali a loro volta non sanno che essi li stanno nuocendo e quindi sono contaminati dai farisei. I farisei stanno cioè trasmettendo una modalità di rapporto con Dio che è sbagliata e la gente non lo sa perché pensa che il loro “purismo” (inteso come modalità esteriore,  integra e perfetta) sia la vera religiosità e non sanno a cosa vanno incontro, ed è appunto questa la dimensione della rapina e malvagità in quanto non  tocca più solo la vita dei farisei ma danneggia anche quella degli altri.

La parola «Guai»[2] non è una maledizione ma una forma di compianto, esprime il considerare una condizione molto negativa ma nel segno della benevolenza. Gesù utilizza una modalità brusca nei confronti dei Farisei perché essi credono di avere ragione, di essere impeccabili e nel giusto e Gesù deve assolutamente togliere questa convinzione velenosa, togliere delle errate certezze per risvegliarli.

  1. Le risonanze personali

vv. 37-44: L’invito a cena mi ha fatto pensare subito al brano di Marta e Maria; in entrambi si parte da una voglia di accogliere Gesù. Anche il riferimento a ciò che è necessario, e che viene trascurato da Marta e “tralasciato” dai Farisei, collega a mio avviso i brani. In questo brano ad essere necessari sono l’Amore e il Giudizio di Dio. La durezza di Gesù nasce forse proprio dal fatto che i Farisei hanno voluto andare oltre queste cose, sostituendosi in qualche modo a Dio.

  • Alcune domande per riflettere
  • La disponibilità. Gesù si siede con i farisei a tavola: la sua disponibilità alla comunione non ha limiti. La sua presenza però mette in crisi il padrone di casa. Siamo disposti ad invitare Gesù in casa nostra ed accogliere ciò che ha da dirci?
  • Esteriorità e interiorità. Gesù ci fa notare che Dio vede ogni cosa della nostra vita. riusciamo a vivere in trasparenza la nostra vita davanti a Dio? Abbiamo cioè consapevolezza che le nostre azioni e più ancora i nostri pensieri possono offendere Dio?
  • Il cuore del problema. L’accusa principale che Gesù muove ai farisei è quella dell’amore: amare i primi posti più che Dio. Quali sono i miei «primi posti»?