59) Lc 11, 45-54 – 17/06/21
- Il Testo
45Rispondendo uno dei dottori della legge dice a lui: «Maestro, dicendo queste cose anche noi offendi». 46Quegli disse: «Anche voi, dottori della legge guai, poiché caricate gli uomini di pesi insopportabili e voi non toccate [neanche] con una delle dita quei pesi. 47Guai a voi, poiché edificate i sepolcri dei profeti, che i vostri padri uccisero. 48Così siete testimoni e approvate le opere dei vostri padri, poiché essi li uccisero e voi edificate. 49Per questo anche la Sapienza di Dio dice: “manderò a loro profeti e apostoli ed essi [li] uccideranno e perseguiteranno”, 50così che sia chiesto a questa generazione il sangue di tutti i profeti sparso fin dalla caduta del mondo, dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, ucciso tra l’altare e la casa. Sì, vi dico, sarà chiesto a questa generazione. 52Guai a voi dottori della legge che avete preso la chiave della conoscenza: voi non siete entrati e avete trattenuto quelli che entrano».53Uscito di là cominciarono gli scribi e i farisei a portargli rancore terribilmente e a provocarlo riguardo molte [questioni], tendendogli insidie per catturarlo in qualche cosa [uscita] dalla sua bocca.
- Messaggio nel contesto
Assistiamo ad un crescendo nella polemica con Gesù: si passa dai farisei del brano precedente, che pure sono esponenti di un’interpretazione autorevole della legge, ai dottori della Legge che hanno l’effettiva autorità religiosa; essi interpretano, in qualche modo fanno legge, mettono in atto una forma di giurisprudenza. Nei loro confronti, Gesù sembra ancora più duro rispetto al brano precedente.
45Rispondendo uno dei dottori della legge dice a lui: «Maestro, dicendo queste cose anche noi offendi».: la traduzione corretta della frase «anche noi offendi» sarebbe «sei tracotante, insolente nei nostri confronti». Essa esprime un giudizio nei confronti di Gesù da parte del dottore della legge riguardo il Suo modo di parlare, reputato appunto insolente (in greco la hybris è il peccato dell’uomo che si ribella contro Dio e procura l’ira degli dèi, si ritrova nelle tragedie greche, in cui l’uomo subisce la punizione della sua tracotanza). Quest’uomo sta dunque accusando Gesù di essere stato insolente, tracotante nei loro confronti, è un giudizio sulla Parola di Gesù e sulla Sua autorità indebita. La tracotanza esprime un’azione che non è conforme alla posizione in cui ci si trova. Si è tracotanti quando nei confronti di una persona superiore o pari a me ci si comporta con superiorità.
46Quegli disse: «Anche voi, dottori della legge guai, poiché caricate gli uomini di pesi insopportabili e voi non toccate [neanche] con una delle dita quei pesi. 47Guai a voi, poiché edificate i sepolcri dei profeti, che i vostri padri uccisero. 48Così siete testimoni e approvate le opere dei vostri padri, poiché essi li uccisero e voi edificate. Gesù risponde ripetendo tre volte «guai a voi». Bisogna capire quali sono i comportamenti che non sono conformi alla posizione che occupano costoro: «Anche a voi dottori della legge guai poiché caricate gli uomini di pesi insopportabili e voi non toccate con neanche una delle dita quei pesi». Primo elemento è il caricare di pesi un altro, Gesù fa riferimento al rapporto con Dio. Questi uomini che sarebbero deputati nell’aiutare le persone ad avvicinarsi a Dio esprimono la loro funzione esattamente al contrario, caricandoli di pesi non sopportabili e non conformi alla capacità di sopportazione dell’uomo. Gesù muove una forte critica all’interpretazione da parte di questi uomini della Legge di Dio, del rapporto con Lui, sta dicendo che la loro comprensione del rapporto con Dio non funziona. Ma l’aggravante è che questi pesi funzionano solo per gli altri, essi non li portano. Sottolineiamo in questo atteggiamento un elemento trasversale in tutto il brano: la mancanza di solidarietà. Solidarietà significa essere in solido, in comune, insieme. All’opposto dei dottori della Legge che lasciano i pesi sulle persone ma loro non li toccano S. Paolo afferma: «questo è adempiere alla Legge di Cristo, dell’amore, portate i pesi gli uni degli altri» (Gal. 6, 2). L’atteggiamento di costoro esprime invece una mancanza di solidarietà, un esercizio di una forma di potere distanziante l’altro.
Il secondo elemento afferisce all’edificare. «Guai a voi poiché edificate i sepolcri dei profeti, che i vostri padri uccisero». Si nota una certa continuità tra l’uccisione da parte dei padri dei profeti e l’edificazione dei sepolcri; sembrerebbe quasi che questa continuità vada in una direzione opposta perché edificare i sepolcri dei profeti significa celebrarli e la forma celebrativa si oppone all’uccisione, l’edificazione è un effettivo riconoscimento. Dove potrebbe essere il problema? «Così siete testimoni ed approvate le opere dei vostri padri, poiché essi li uccisero e voi edificate»: Chi ha ucciso i profeti l’ha fatto perché dicevano cose scomode a loro tempo. Rivolgersi verso i profeti uccisi potrebbe significare rivolgersi al passato per ignorare il presente che è Gesù, celebrare il passato per non guardare il presente, guardare indietro per rifiutare di guardare l’adesso. L’edificazione del passato può essere una forma di disimpegno nel presente. Nella frase notiamo il rincorrersi di qualcosa che in qualche modo unifica, che rende simili i comportamenti dei padri e dei figli. Se Gesù ha detto che il comportamento dei dottori è uguale a quello dei loro padri che hanno ucciso i profeti, vuol dire che anche loro uccideranno i profeti, è una sorte che riguarda i padri ma anche gli stessi dottori della Legge, il problema è presente.
50. Così che sia chiesto a questa generazione il sangue di tutti i profeti sparso fin dalla caduta del mondo, dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, ucciso tra l’altare e la casa. Sì, vi dico, sarà chiesto a questa generazione: sembra la sommatoria di tutte le iniquità, da Abele fino a Zaccaria ucciso tra l’altare e la casa (si tratta del profeta più vicino a Gesù). Paradossalmente, questo atteggiamento diventa lo strumento di salvezza per tutti, perché se c’è uno che paga per questa generazione paga per tutti, la figura di Gesù sconta il sangue sparso da Abele fino a tutti i giusti e a quel profeta non riconosciuto; questa è la generazione di cui Gesù si fa carico.
52Guai a voi dottori della legge che avete preso la chiave della conoscenza: voi non siete entrati e avete trattenuto quelli che entrano».53Uscito di là cominciarono gli scribi e i farisei a portargli rancore terribilmente e a provocarlo riguardo molte [questioni], tendendogli insidie per catturarlo in qualche cosa [uscita] dalla sua bocca. Anche in questo terzo elemento notiamo un misconoscimento del presente da parte di costoro. Aver preso la chiave della conoscenza significa averla sottratta agli altri, cosicché non possano entrare. La gravità di quello che Gesù attribuisce a costoro dipende dalla consapevolezza che hanno e che altri non hanno. Se la chiave della conoscenza è stata sottratta viene meno lo strumento per entrare che è in loro possesso, vi è una mancanza di condivisione della conoscenza, viene trattenuta per sé, si crea una casta dove i privilegi sono esclusività di poche persone. La mancanza di condivisione è un atteggiamento opposto a quello di Gesù che invece, pur essendo di natura divina, non considera un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ma spoglia se stesso divenendo simile agli uomini; Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi Dio.
Con gli scribi ed i farisei la conoscenza di Dio diventa invece uno strumento per creare disuguaglianza, vanto; per mantenere un prestigio esclusivo hanno escluso gli altri. Tutto ciò non è da Dio, ma Gesù non è solamente preoccupato che questi compiano un atto moralmente sbagliato, il problema è che questo loro atteggiamento ha una ricaduta sulle persone. Gesù è preoccupato realmente del popolo di Dio ed il pensiero di Dio è esattamente agli antipodi del pensiero di questi dottori della legge, essendo un pensiero che vuole creare comunione. Nella realtà della comunità cristiana la conoscenza deve diventare uno strumento per aiutare l’altro, per portare i pesi dell’altro, per sollevare e non per appesantire l’altro, per edificare non per abbattere l’altro, per fare entrare e non per ostruire l’ingresso dell’altro, cioè esattamente l’opposto dei tre verbi dei dottori (caricare, edificare e sottrarre).
- Alcune domande per riflettere
- Mi capita di vivere la parola di Dio come qualcosa che mi offende? Quale parola di Gesù ha suscitato questa reazione? Per quale motivo? Mi è capitato di portare rancore davanti ad una parola di Gesù o comunque della Bibbia?
- Penso che mie parole aiutano il fratello a vivere nella libertà l’amore di Dio o lo appesantiscono?
- Edificare/magnificare il passato può costituire un alibi per allontanare il presente: mi capita di guardare più dietro che avanti nella mia vita?
- La conoscenza – anche la conoscenza spirituale – può essere usata come un’arma: quanto ciò che imparo nella relazione con Gesù diventa per me un vanto esclusivo che tento di sottrarre all’altro? Quanto invece è espressione di comunione (cioè di un mettere insieme)?