6) Lc 1,57-66 – 30/10/2019

1. Il testo

57Per Elisabetta fu compiuto il tempo di partorire e generò un figlio. 58E udirono i vicini e i parenti di lei che il Signore aveva magnificato la sua misericordia con lei e gioivano insieme a lei.

59E avvenne in quel giorno, l’ottavo, che giunsero per circoncidere il bambino e lo chiamavano con il nome di suo padre Zaccaria. 60E rispondendo la madre di lui disse: «No, ma sarà chiamato Giovanni». 61E le dissero: «Non c’è nessuno dei tuoi parenti che si chiama con questo nome».

62Facevano segni allora a suo padre come volesse chiamarlo. 63E, chiesta una tavoletta, scrisse dicendo: «Giovanni è il suo nome». E si stupirono tutti. 64Fu aperta allora la sua bocca nello stesso momento e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio.

65E avvenne su tutti quei vicini una paura, e in tutta la regione della Giudea si discuteva di tutte queste parole, 66e tutti coloro che ascoltavano le ponevano nel loro cuore dicendo: «Cosa sarà questo bambino?». E infatti la mano del Signore era con lui.

2. Il messaggio

                57Per Elisabetta fu compiuto il tempo di partorire e generò un figlio. Per Elisabetta è giunto il “tempo” di partorire e di generare un figlio. Tutto il racconto è scandito dall’attesa della nascita di Giovanni Battista, addirittura l’annuncio dell’angelo a Maria (che è comunque il centro del racconto) viene preceduto nel sesto mese dalla concezione di Elisabetta. Il “tempo” di Gesù è scandito dalla venuta, dall’attesa di Giovanni Battista, che è il precursore, quello che “cammina avanti” in tutti i sensi. Il brano si apre con la frase “il tempo è compiuto”, si realizza cioè la nascita di Giovanni Battista. Dobbiamo constatare che non tutte le parole del Signore si compiono dentro di noi. Basti pensare alla parabola del seminatore (Mc 4, 1-20), in cui solo un seme su quattro giunge a maturazione. C’è infatti la possibilità che la Parola venga accolta, ma poi resti senza frutto. Il compimento è proprio il frutto che porta la Parola di Dio accolta nell’uomo.

                58E udirono i vicini e i parenti di lei che il Signore aveva magnificato la sua misericordia con lei e gioivano insieme a lei. Colpisce il fatto che i vicini e parenti accolgano questo arrivo come un atto dell’amplificazione della misericordia di Dio sulla persona di Elisabetta e che tutti gioiscano con lei. Questa è una sottolineatura importante perché la gioia è stata una condizione che ha sempre accompagnato Elisabetta, e per mezzo della nascita di Giovanni questa gioia si trasmette anche ai vicini. C’è una prima trasmissione dell’effetto dell’azione di Dio.

                59E avvenne in quel giorno, l’ottavo, che giunsero per circoncidere il bambino e lo chiamavano con il nome di suo padre Zaccaria. Il battesimo nella religione ebraica avviene con la circoncisione che coincide con l’imposizione del nome. Tutti pensano che si sarebbe chiamato con il nome di Zaccaria dando per scontato che quello dovesse essere il suo nome, ma Elisabetta li ferma: 60E rispondendo la madre di lui disse: «No, ma sarà chiamato Giovanni».

                Non appena la madre si oppone, essi vanno dal padre: 61E le dissero: «Non c’è nessuno dei tuoi parenti che si chiama con questo nome». 62Facevano segni allora a suo padre come volesse chiamarlo. A questo punto è importante ricordare il brano della sordità in cui Zaccaria diventa muto perché non ha ascoltato la Parola, quindi non avendola accolta non può annunciarla. Per questo motivo non solo è muto, ma è anche sordo, cioè perde la capacità di poter ascoltare. Emerge la dimensione della disobbedienza che ci rende sordi e muti, impossibilitati ad ascoltare la Parola e non predicarla più, testimoniarla.

                Ma succede qualcosa di straordinario: 63E, chiesta una tavoletta, scrisse dicendo: «Giovanni è il suo nome». Il testo greco dice «Scrisse dicendo», a significare che Zaccaria, non appena comincia a scrivere, parla, cioè simbolicamente non appena comincia a testimoniare rispetto a quello che l’angelo gli dice, gli ritorna anche la parola. Scrittura e parola ritornano istantaneamente con l’opportunità che gli viene data di testimoniare. E si stupirono tutti. Si stupiscono di cosa? Del nome? O del fatto che Zaccaria stesse parlando?

                64Fu aperta allora la sua bocca nello stesso momento e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Le parole «allora» e «nello stesso momento» sono simultanee, ovvero nel momento in cui Zaccaria sta scrivendo, gli si apre la bocca e tutti si stupiscono perché comincia a parlare benedicendo Dio. Questa sua parola diventa espressione dell’azione di Dio in quel momento e dunque succede qualcosa di ancor più straordinario.

                65E avvenne su tutti quei vicini una paura, e in tutta la regione della Giudea si discuteva di tutte queste parole. La paura in questo caso non ha un’accezione negativa ed è in analogia con il brano precedente e con il brano di Maria. Abbiamo già incontrato la paura quando l’angelo appare a Zaccaria, abbiamo letto della paura come reazione di Maria, la paura interviene anche adesso, dunque la paura corrisponde all’esperienza di Dio.

                Il primo momento di comunicazione più superficiale della grazia di Dio, avviene con la gioia insieme con Elisabetta; il secondo momento, quello dei vicini e parenti che provano paura, è un’esperienza di Dio superiore alla gioia. Il secondo momento nasce in seguito ad una duplice opposizione prima di Elisabetta e poi di Zaccaria circa il nome di Giovanni, un’opposizione ad una consuetudine che vuole andare in una direzione diversa rispetto all’indicazione di Dio, solo Elisabetta e Zaccaria sanno questo per cui la responsabilità di quest’azione può essere solo la loro. La testimonianza di Zaccaria ed Elisabetta si configura con un “no” ai parenti e alla tradizione ed una obbedienza alla Parola. Se avessero accontentato i parenti non avrebbero compiuto la volontà del Signore. La reazione dei vicini avviene a motivo dell’obbedienza di Zaccaria ed Elisabetta, che ha il costo di andare controcorrente. Mediante l’obbedienza Dio interviene ridando la parola a Zaccaria, questo segno fa cadere la paura, ed apre l’esperienza di Dio a tutti gli altri.

                66e tutti coloro che ascoltavano le ponevano nel loro cuore dicendo: «Cosa sarà questo bambino?». E infatti la mano del Signore era con lui. Si tratta di una comunicazione che continua, si diffonde, perché tutta la regione della Giudea ne parla. E’ cioè la trasmissione di un’esperienza che da Zaccaria, Elisabetta e Maria, passa a tutta la Giudea mediante appunto le parole. Ponendosi la domanda «Cosa sarà questo bambino?» tutti «mettono dentro al loro cuore» la parola. Ciò vuol dire che attraverso le parole questa esperienza può diventare anche l’esperienza di chi ascolta: la nostra.

                Il brano ha quindi almeno tre momenti, la gioia, l’esperienza contrastante di Dio che conduce alla paura e infine la trasmissione di questa esperienza in tutta la Giudea attraverso la custodia della parola. Non dobbiamo chiederci molto sulla cronistoria delle parole ma dobbiamo fidarci del fatto che queste parole vogliono trasmetterci qualcosa.

                A volte possiamo trasmettere l’esperienza di Dio attraverso le azioni che trasmettono gioia, ed altre volte dobbiamo dire qualche “no”, perché se diciamo “sì” a tutti, è possibile che questi “sì” non ci aiutino a fare la volontà di Dio. I nostri “si” avranno tanto più valore quanto difendiamo i nostri “no”. I “sì” che dobbiamo dire devono essere costruiti e compresi alla luce della Parola di Dio. Per vivere autenticamente la fede c’è bisogno anche di dire “no”. L’uomo di fede sa che deve dire di “no” a qualcosa perché sa c’è un progetto più grande che non si realizzerebbe se dicesse “sì”. Per questo Zaccaria ed Elisabetta diranno il loro “no” e chiameranno loro figlio Giovanni, attraverso questa loro opposizione si realizzerà la Parola di Dio. La testimonianza avviene attraverso le parole che però devono essere accolte e poste nel cuore anziché essere filtrate nel cervello, altrimenti la Parola s’impoverisce e non produce fede. Un intervento di Dio in maniera straordinaria è sempre possibile ma tutto dipende da come la Parola di Dio viene accolta nel nostro cuore.

3. Le risonanze personali

57Per Elisabetta fu compiuto il tempo di partorire e generò un figlio. Siamo arrivati nel momento in cui la parola del Signore si realizza e nasce Giovanni. Questo evento crea una serie di reazioni nei vicini che lo vivono: la gioia, per quello che il Signore aveva fatto con Elisabetta; lo stupore, per la scelta del nome andando contro corrente e per il miracolo della parola di Zaccaria in cui gli si apre la bocca e gli si scioglie la lingue per parlare correttamente di Dio, segno di una fede ritrovata; infine la paura di quello che comporta la realizzazione della Parola. Questi tre momenti mi rievocano l’esperienza del cristiano nell’incontro con Dio e quindi con la sua Parola, la gioia di come questa si manifesta nella propria vita, lo stupore di quando questa ci chiede di vivere andando contro tendenza e la paura quando s’incomincia a percepire qualcosa di straordinario nel vivere con la Parola ma che sfugge alla nostra consapevolezza. Conserviamo quanto viviamo nel nostro cuore aspettando il tempo giusto per comprendere.

vv. 57-66 Questo brano conduce ad un cambiamento o a un inizio di in cambiamento. All’inizio si denota la felicità di Elisabetta che ha partorito Giovanni e i suoi vicini odono la sua misericordia. Per tutti è scontata la permanenza della tradizione ovvero quella di mettere il nome del padre al figlio, ma questo non avviene e si mette in risalto la grande opposizione/obbedienza di Zaccaria ,che nel frattempo riprende a parlare a lodare Dio. Zaccaria ed Elisabetta vanno insieme contro tutti e annunciano il nome del bambino, Giovanni. La conseguenza è che la gente si stupisce ed ha paura e questo si estende per tutta la Giudea. La paura che la gente prova è la caduta delle certezze che sono dettate solo dalle norme morali del tempo ma senza un fondamento, a differenza delle certezze che Dio dà alla nostra vita, che portano confusione solo perché non siamo abituati al suo amore: quando questo succede non c’è paura che tenga ma c’è solo la voglia di obbedire .

                vv. 57-66 Elisabetta e Zaccaria hanno sempre rispettato tutti i precetti, ma questa volta per obbedire alla parola dell’angelo, e quindi di Dio, non lo fanno, vanno controcorrente generando in tutti stupore. Così facendo, però, Zaccaria riconosce l’azione di Dio nella nascita del bambino, infatti gli dà il nome indicato da Dio e non il suo, e quindi la sua lingua si scioglie. Questo genera paura nella gente, perché anche loro riconoscono in questo l’azione di Dio, e difatti mediteranno sulle parole dette come fossero parole di origine divina, e questo meditare inizia già a preparare il loro cuore a quello che avverrà, come aveva annunciato l’angelo. Io mi chiedo allora quanto sono disposta a cambiare le mie consuetudini, ad andare anche controcorrente, per seguire la Parola di Dio, anche nelle piccole azioni del quotidiano, senza entrare nello straordinario, e affrontare quindi lo stupore di amici e parenti. E rifletto sul fatto che per fare questo devo riconoscere che la parola che leggo è davvero Parola di Dio, e quindi devo portarla con me per preparare il mio cuore a questo cambiamento. Infatti Elisabetta e Zaccaria portano con sé questa parola per nove mesi, preparano il loro cuore, e così possono agire, perché è la Parola che ha agito per prima in loro.

                vv. 57-66 Ancora una volta Elisabetta mi stupisce, lei che non ha avuto alcun annuncio, è colei che ha più fede. Chi ha fede conosce perché è pieno di Spirito Santo. Non ci risulta infatti che le sia stato mai comunicato il nome del bambino né da Zaccaria che era già muto quando torno a casa né tanto meno da Maria, eppure Elisabetta corregge chi sta chiamando il bambino col nome di suo padre e dice: «no, sarà chiamato Giovanni». L’altro momento che mi colpisce è la risposta di Zaccaria «il suo nome è Giovanni»; al di là del miracolo, Zaccaria coglie il momento giusto per rivelare la Parola di Dio. Lo sblocco di Zaccaria che nel silenzio della sua parola ha meditato la Parola di Dio ed ora trabocca di fede, sembra quasi un impeto, Zaccaria finalmente può essere testimone della Parola di Dio. La fede toglie quando ci manca, ma la fede dà tanto quando finalmente la possiamo testimoniare, e allora come oggi può capitare che la fede possa turbare chi ci sta intorno.

                vv. 57-66  I parenti e i vicini fanno uno strano percorso alla luce di questo accadimento: prima gioiscono con Elisabetta, al momento dell’assegnazione del nome si stupiscono e infine hanno paura quando vedono che Zaccaria riprende a parlare. L’assegnazione del nome Giovanni permette a Zaccaria ed Elisabetta di compiere in pieno la volontà di Dio sul loro figlio. Giovanni è un nome che vuol dire che non è un figlio solo per loro ma per tutti. Le prime parole che Zaccaria pronuncia sono di lode e ringraziamento verso Dio.