• Lc 14,25-33 – 19/01/2022
  1. Il testo

25Vennero a lui molte folle, e voltatosi disse verso loro: “26Se uno viene verso di me e non odia il suo padre e la madre e la moglie e i figli e i fratelli e le sorelle e fin’anche la sua vita, non può essere mio discepolo. 27Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me non può essere mio discepolo. 28Chi, infatti, di voi che vuole costruire una torre, prima sedutosi, non calcola la spesa, se ha [mezzi] per il compimento? 29Affinché, posto egli un fondamento, e non avendo forza per finire, tutti quelli che vedono non comincino a prendersi gioco di lui 30dicendo: “Quest’uomo ha cominciato a costruire e non ha avuto forza per finire”.

31O quale re, recatosi da un altro re a fare guerra, sedutosi prima non si consiglia se è possibile con diecimila [uomini] affrontare chi gli viene incontro con ventimila? Se no, essendo egli ancora lontano, manda un’ambasceria a chiedere per la pace. 33Così dunque chiunque tra voi che non si separa da tutti i suoi averi non può essere mio discepolo». 34Buono dunque il sale. Se, però, anche il sale fosse reso insipiente, con cosa sarà condito? 35 né per terra né per concime è ben collocabile. [ma] fuori lo gettano. Chi ha orecchi per ascoltare ascolti».

  • Il messaggio

Il brano costituisce la conclusione di un discorso che parte dal capitolo 12. Il discorso di Gesù parte dalla risposta sull’eredità in Lc 12,13 «Maestro dì a mio fratello di dividere con me l’eredità», mette in luce la questione di cercare la vera eredità. Ai discepoli Egli parla della ricerca del Regno, che va cercato prima di ogni cosa, sottolinea la necessità di vendere i beni per restare svegli e cogliere quello che il Padre vuole dare. Gesù definisce il Regno come un fuoco che vuole portare sulla terra per tutti e che tocca nella responsabilità proprio chi ha conosciuto la Parola di Dio, cioè chi è stato a contatto con questo fuoco, che ha visto la sua vita trasformarsi alla luce di questo fuoco. Il Suo discorso fa riferimento ad un’urgenza. Il Regno cresce con progressività come un chicco di senapa e Gesù lo paragona ad una mensa attraverso cui si accede mediante una porta stretta, una mensa alla quale possiamo far finta di partecipare, a cui siamo invitati ma rifiutiamo. Per partecipare a questa mensa ci sono delle indicazioni precise, prendere gli ultimi posti, scegliere gli ultimi come invitati e poi voler veramente partecipare. E’ dunque dal capitolo 12 che Gesù sta parlando del Regno, ovvero di Dio. Il brano odierno conclude il discorso.

25Vennero a lui molte folle, e voltatosi disse verso loro La folla segue Gesù, ma difronte a questa enormità di persone Gesù non vuole illudere nessuno e vuol far capire che la presenza di Dio è tutto quanto esista di più importante nella nostra esistenza, ma per raggiungerlo ci vogliono tutte le forze della nostra esistenza.

I primi versi di questo brano sono molto forti: 26Se uno viene verso di me e non odia il suo padre e la madre e la moglie e i figli e i fratelli e le sorelle e fin’anche la sua vita, non può essere mio discepolo. Gesù prova il nostro rapporto con lui, ed utilizza delle frasi forti per capire dov’è il nostro cuore. Gesù vuole fare verità. Questo perché non è possibile seguire Gesù e restare a mezza via. Anche il significato delle parabole va in questa direzione.

Il verbo «odiare», usato da Gesù,  è un verbo forte, significa distaccarsi, disprezzare. Per capire bene il significato bisogna prima accettare le sue possibilità più faticose per noi necessita fede.. Gesù afferma che in questo clima di accesso al regno è necessario odiare legami di sangue, la propria vita.

Per comprendere meglio cosa siano i legami di sangue, possiamo far riferimento a quanto Gesù afferma nel capitolo 12: «51Pensate che pace sono venuto a donare sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. 52Vi saranno infatti da ora in una casa cinque [persone] divise, tre contro due e due contro tre. 53Saranno divisi padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro la sua sposa e sposa contro suocera». La predicazione del Regno prevede divisione all’interno delle famiglie? Se nelle nostre famiglie qualcuno non accettasse il Vangelo andremmo dietro ai nostri cari o dietro al vangelo? Questo è il primo significato dei legami di sangue.

Oltre a questo Gesù allude a una realtà nuova, figliolanza e relazioni nuove che vanno costruite abbandonando il vecchio criterio[1]. La stessa famiglia per Gesù dev’essere costruita su questi criteri, rigettando ciò che ha a che fare con la carne. Gesù non sta chiedendo di odiare le persone, ma di amarle. Ma simultaneamente sta dicendo che non sappiamo amare, e dobbiamo odiare il nostro modo di amare perché non è secondo Dio. Egli ci invita ad odiare il nostro modo di vivere le relazioni, costruendole in Cristo. Ci fidiamo maggiormente di noi stessi o di Lui? Dobbiamo separarci da noi stessi, dal nostro modo di giudicare, dalle nostre sensibilità, dai nostri legami. I legami, in quanto tali, legano. In definitiva, il verbo odiare, è un termine forte, e in quanto tale non va sminuito il suo significato; più avanti nel brano si parlerà proprio di chi non ha la forza di portare a termine la torre, di chi è debole, ovvero incapace di odiare per seguire Gesù, e che quindi segue sé stesso.

27Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me non può essere mio discepolo.” Se qualcuno fisicamente sta facendo dei passi verso Gesù ma non è in grado di fare quello che dice non è suo discepolo, c’è bisogno della forza per dire di no a sé stessi. La seconda parte del brano (vv. 28-33) utilizza delle immagini che sono abbastanza chiare. Cosa succede a chi decide di una sequela nuova con criteri vecchi? È una sequela falsa, una comunione illusoria (come quella della parabola della porta stretta (Lc 13, 22-30: «Abbiamo mangiato davanti a te e bevuto e hai insegnato nelle nostre piazze”. E allora dirà dicendo: “Non so [voi] di dove siete. Allontanatevi da me tutti [voi] operatori di ingiustizia.»). Gesù ci ama più di quanto noi ci amiamo, e quando Gesù ci parla, dice al nostro cuore che noi stiamo andando dietro di Lui ma il nostro cuore non sta andando dietro di lui .

8Chi, infatti, di voi che vuole costruire una torre, prima sedutosi, non calcola la spesa, se ha [mezzi] per il compimento? 29Affinché, posto egli un fondamento, e non avendo forza per finire, tutti quelli che vedono non comincino a prendersi gioco di lui 30dicendo: “Quest’uomo ha cominciato a costruire e non ha avuto forza per finire”. In riferimento al costruttore di torri, Gesù sta spiegando che denuncia la propria inconcludenza, non riesce a costruire perché gli mancano le forze: notiamo ancora una volta un’assonanza con il brano della porta stretta, in cui Gesù invita a combattere per entrare dicendo anche che però in molti non avranno la forza per farlo. Per andare contro noi stessi dobbiamo metterci tutte le nostre forze, altrimenti ci illudiamo e non ci riusciamo.

31O quale re, recatosi da un altro re a fare guerra, sedutosi prima non si consiglia se è possibile con diecimila [uomini] affrontare chi gli viene incontro con ventimila? Se no, essendo egli ancora lontano, manda un’ambasceria a chiedere per la pace. Attraverso questa seconda immagine, Gesù mette in gioco l’immagine della guerra. Una guerra che ha a che fare con la nostra interiorità: «combattete per entrare nella porta stretta».

34Buono dunque il sale. Se, però, anche il sale fosse reso insipiente, con cosa sarà condito? 35 né per terra né per concime è ben collocabile. [ma] fuori lo gettano. Chi ha orecchi per ascoltare ascolti». L’aggettivo «insipiente», non vuol dire insipido, in greco il sale diventa “non-sapiente”. Gesù gioca con le parole tra «sapore» e «sapienza». Un sapiente che non è sapiente a cosa serve? Viene gettato fuori. In tal modo Gesù c rimanda alla nostra convinzione di essere discepoli: egli è per noi è un sapiente o un folle? Possiamo chiederci chi stiamo seguendo? Gesù non si accontenta di essere amato allo stesso modo delle altre cose. Lui viene prima delle altre cose. E questa è la cosa più complicata da fare. Il motivo per cui non abbiamo forze è la separazione dai nostri averi, legami e cose, ed è questo legame che ci rende deboli. Il problema di fondo posto dal brano risiede nell’accettare di negare se stessi o continuare a pensare come al solito: ognuno di noi sceglie in base a quanto è attaccato ai beni. Forza e debolezza sono dimensioni connesse ai nostri legami. I legami non sono sani se ossessivi e schiaccianti, al contrario il legame con Dio è libero, per questo Gesù ci invita a smettere di amare secondo i nostri modelli e ci esorta a farlo come Lui ci dice.Il problema non è dell’altro ma del nostro Io, i nostri legami, i nostri attaccamenti ci limitano nella sequela di Gesù.

  • Alcune domande per riflettere
  • Per seguirlo Gesù mi chiede di «odiare» i legami di sangue per costruire legami che abbiamo come cuore la sua sequela e la condivisione del Regno. Quanto sono disposto a rinunciare al modo «carnale» di intendere la famiglia per sperimentare la stessa realtà familiare come Gesù la vede? Quanto sono disposto a seguire Gesù in questa avventura?
  • La sequela di Cristo è paragonabile alla costruzione di una realtà i cui mezzi hanno a che fare con la forza/determinazione di proseguire. In che modo si potrebbe definire questa forza interiore? Dove abita in me? Come faccio a farla crescere?
  • Le richieste che Gesù fa per la sua sequela sono dure, a prima vista difficili da attuare. Le riconosco come sapienza oppure sono per me utopie irrealizzabili, e dunque di fatto relativizzabili? In quest’ultimo caso Gesù sarebbe ancora mio Maestro?

[1] Cfr. la Prima lettera ai Cirinzi, 15, 50: «Carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio ; e il prologo del Vangelo di Giovanni: «costoro, né da volere di uomo, né da volere di carne ma da Dio sono stati generati»