- Mt 4,12-22 6 – 10/05/2023
- Il testo
12Avendo udito che Giovanni era stato consegnato, [Gesù] si ritirò nella Galilea e, lasciata Nazaret, recatosi abitò a Cafarnao, villaggio marittimo nelle regioni di Zabulon e Neftali, 14affinché fosse compiuto il detto per mezzo di Isaia il profeta che dice: «15Terra di Zabulon e terra di Neftali, strada del mare, al di là del Giordano, Galilea dei gentili, 16il popolo che sedeva nella tenebra vide una grande luce, e a quelli che erano seduti in regione e ombra di morte una luce è sorta».
- Il messaggio
12Avendo udito che Giovanni era stato consegnato, [Gesù] si ritirò nella Galilea e, lasciata Nazaret, recatosi abitò a Cafarnao, villaggio marittimo nelle regioni di Zabulon e Neftali. L’inizio della missione di Gesù è segnato da un evento traumatico. Ancora una volta un evento di dolore. Abbiamo visto che varie decisioni che hanno riguardato la vita di Gesù sono derivate dalla persecuzione. Gesù è in Giudea, ma dopo la consegna di Giovanni si allontana. Sembrerebbe quasi che sia una zona pericolosa, Gesù è capace di leggere delle situazioni come segni in grado di muovere la Sua missione. Il Suo non è un fuggire, ma è un capire i segnali. Egli dà inizio alla sua missione nella Galilea delle Genti, che in modo particolare è a contatto con il mondo gentile, ossia pagano, cioè con il mondo che non segue il Dio di Israele.
14affinché fosse compiuto il detto per mezzo di Isaia il profeta che dice: «15Terra di Zabulon e terra di Neftali, strada del mare, al di là del Giordano, Galilea dei gentili, 16il popolo che sedeva nella tenebra vide una grande luce, e a quelli che erano seduti in regione e ombra di morte una luce è sorta». Si reca lì perché si compia una profezia che è ancora quella di Isaia. Si tratta di un linguaggio metaforico del popolo seduto nelle tenebre. Queste riguardano sicuramente la non conoscenza della verità che è Dio.
Potremmo chiederci perché Dio non vada dai più osservanti. Dio comincia la Sua missione dal popolo, da zone mescolate con il paganesimo. Dio va nella periferia, dove c’è più povertà. Da quel momento la Luce diventa la predicazione di Gesù che dice: 17Da allora Gesù cominciò ad annunciare e a dire: «Convertitevi, è vicino infatti il Regno dei cieli». Questa è esattamente la stessa parola che pronuncia Giovanni il Battista. Cambia tuttavia chi la pronuncia: il Signore.
Ed emerge che perchè la Parola di Dio si realizzi, c’è bisogno che la dica Gesù. Anche il profeta Isaia profetizza, ma la Parola si realizza quando Gesù la predica. Ma cosa dice?
La conversione non è da considerare come un «diventare più buoni», la metànoia consiste nell’avere la predisposizione a cambiare il proprio pensiero, la propria idea. La conversione è la condizione perchè noi possiamo incontrare un Regno che è presente, è la condizione per lasciarci plasmare da questa presenza che è Gesù. Il Regno Dio passa e chiama, per poter entrare nella vita delle persone. Coloro che rispondono hanno già in se stessi un principio di conversione. Tuttavia, la conversione non è un atto singolo, è un percorso, perchè Dio ci vuole sempre trasformare. La conversione è sempre un atto che ci viene chiesto, è un modo di conformarsi sempre di più alla Parola del Signore. La metànoia è la capacità di lasciarsi plasmare, è un’elasticità e morbidezza. All’opposto vi è la durezza di cuore, l’incapacità di muoversi sulla base della Parola che Gesù ci pone, pensando in fondo di essere buoni e convertiti.
18Camminando lungo il mare della Galilea vide due fratelli, Simone detto Pietro e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare. Erano infatti pescatori. 19E dice loro: «Su! dietro di me, e vi farò pescatori di uomini». 20Quelli subito, lasciate le reti, lo seguirono. Gesù ha bisogno della nostra libertà ed esprime il suo carisma ed autorevolezza. I primi quattro chiamati sono pronti. Gesù chiama Andrea e Pietro mentre essi lavorano. Gesù chiede loro di seguirlo e di lasciare il lavoro, affinchè il loro lavoro sia trasformato, in quanto diventeranno da pescatori di pesci a pescatori di uomini. La chiamata di Gesù modifica il lavoro che loro fanno nella qualità del servizio verso gli altri. Il loro lavoro è trasformato nel senso che Gesù non lo stravolge ma lo fa diventare un lavoro per la salvezza degli altri. Bisogna avere la capacità anche di farsi trasformare nell’esercizio del proprio lavoro.
Questo ci dice anche una nuova cosa: Gesù avrebbe potuto salvare anche tutti da solo. Ma vuole che l’uomo si salvi con l’aiuto dell’uomo. Gesù vuole che noi collaboriamo alla salvezza reciproca perchè ci chiede di amarci gli uni e gli altri. Quindi chiede che non siamo semplicemente passivi, ma che diventiamo recettori dell’amore di Dio e portatori di questo amore di Dio. Dio vuole salvarci, facendoci fare le stesse cose che fa lui: salvare.
Per quanto riguarda gli altri due, lasciano le reti e il padre, e i garzoni. In questo caso la metànoia, la disponibilità, ha un nuovo senso: accogliere il Regno, lasciare anche gli affetti per il Regno. In un altro passo Gesù afferma che chi ha fatto questo riceverà in 100 volte tanto in fratelli, sorelle, madri e padri (Mt 19, 29). Questo lasciare e farsi trasformare è necessariamente un atto di fiducia, dove la fiducia è combattuta dalle resistenze, dai pensieri.
La metànoia, in conclusione, è la capacità di mettersi in discussione sulle proprie idee. Queste paradossalmente potrebbero sembrarci inizialmente anche più giuste di quello che il Vangelo ci dice. Ma per comprendere a pieno la grandezza del vangelo bisogna farne esperienza. E per farne esperienza bisogna prima fidarsi. La fede è la condizione della metanoia.
- Alcune domande per riflettere
- [La mia fede] Per rivelarsi Dio sceglie di risiedere nel territorio di Israele più vicino alle zone gentili. Quelle che hanno vissuto maggiormente la mescolanza etnica e religiosa. e che sono “meno osservanti”. Quali sono le persone con cui parlo della fede? Quanto il timore di non essere accolto frena la mia testimonianza? Chi sono oggi gli ultimi nella fede? e dove sono?
- [Gli altri] Gesù chiama i primi discepoli a diventare «pescatori di uomini». La chiamata a vivere il regno non è, così, mai mirata a un beneficio solo personale, ma coinvolge il beneficio anche agli altri fratelli e sorelle. E chiede una trasformazione del proprio lavoro/impegno di vita. Quali tratti di apertura all’altro ha la mia vocazione? sono disposto a lasciar trasformare il mio lavoro da Gesù per renderlo più “umano”?
- [La prassi] L’esperienza del regno mostra che Gesù non chiede mai di lasciare come azione fine a se stessa. Si lascia per far fare a Dio nella propria vita. Che poi ridà 100 volte tanto (cf. Mt19,29). Ho esperienza di questo nel mio cammino di fede? In quale cosa Gesù mi ha sorpreso? quando la sua azione ha superato le mie aspettative? Questo ha fatto crescere la riconoscenza, l’amore e la fiducia ne suoi confronti?
- [La mia offerta] La seconda chiamata di Gesù mette in evidenza un altro aspetto della presenza del Regno. Il lasciare. Non solo lasciarsi trasformare. Ma anche lasciare la casa, gli affetti. Senza non si può veramente accogliere questa trasformazione. Quanto sono disposto a mettere in secondo piano i miei legami affettivi e familiari per accogliere il regno? Quanto sono disposto a lasciare che sia il regno a costruire legami?
- La parola pronunciata da Gesù è la stessa di quella che pronuncia il Battista, ma il suo effetto no. Con Lui il Regno si compie. Quando pensiamo alla Parola la pensiamo in relazione a Gesù? Al fatto che Lui la sta pronunciando. Oppure la riferiamo solo a noi stessi? Cosa direbbe a noi quella parola pronunciata direttamente da Gesù?