80) Lc 18, 1-8 – 23/03/2022
- Il testo
1Diceva loro una parabola sulla necessità che essi pregassero sempre e di non inasprirsi, dicendo: «C’era in una città un giudice che non temeva Dio e non aveva rispetto dell’uomo. C’era una vedova in quella città e andava da lui dicendo: “Fammi giustizia con il mio avversario”. 4Ed [egli] non voleva per [lungo] tempo. Dopo queste cose disse in se stesso: “Se anche non temo Dio, né ho rispetto di uomo, a causa del procurarmi fatica di questa vedova [le] farò giustizia, affinché non venga fino alla fine a tormentarmi”». 6Disse il Signore: «Ascoltate cosa il giudice di iniquità dice. 7[E] Dio non farà la giustizia dei suoi eletti che gridano a lui giorno e notte, e sarà magnanimo con loro? 8Vi dico che farà giustizia loro in fretta. Ma il Figlio dell’uomo, venuto, forse che troverà la fede sulla terra?».
- Il messaggio
1Diceva loro una parabola sulla necessità che essi pregassero sempre e di non inasprirsi Il verbo utilizzato e che traduciamo con «inasprirsi» è enkakéo, con riferimento a un male (kakos) che entra (en), si potrebbe intendere con «incattivirsi». Il senso fa riferimento ad una preghiera che prevede la compresenza del male, che non viene cacciato via dalla preghiera. Il rischio previsto è che il male che si vive può sopprimere la preghiera. L’inasprirsi non fa semplicemente riferimento ad una mancanza di esaudimento della preghiera, ma a situazioni che potrebbero incattivirci, il male può trasformarci e uno degli effetti è che smettiamo di pregare.
Per spiegare questa dinamica che appartiene alla nostra esistenza, Gesù utilizza una parabola. «C’era in una città un giudice che non temeva Dio e non aveva rispetto dell’uomo. C’era una vedova in quella città e andava da lui dicendo: “Fammi giustizia con il mio avversario”. Il giudice si sente senza vincoli morali nei confronti degli uomini, non crede a Dio, non ha remore di coscienza nemmeno nei confronti di Dio. Accanto a lui c’è una vedova, che ha la caratteristica di essere donna, senza rappresentanza nella società perché vedova. Si tratta di un ostacolo insormontabile per la vedova, di una impossibilità ad essere esauditi e a ricevere giustizia. Questa è inoltre una situazione che si protrae per troppo tempo: 4Ed [egli] non voleva per [lungo] tempo. La vedova ha ricevuto un torto, vorrebbe essere difesa ma per molto tempo questa giustizia non viene fatta. Questa donna potrebbe, dinnanzi alla situazione, inasprirsi, incattivirsi, scoraggiarsi. Al contrario, questa donna continua ad andare dal giudice, e dovremmo chiederci perché.
Questa sua ostinazione, instancabilità producono un ragionamento nel giudice: Dopo queste cose disse in se stesso: “Se anche non temo Dio, né ho rispetto di uomo, a causa del procurarmi fatica di questa vedova [le] farò giustizia, affinché non venga fino alla fine a tormentarmi”. L’insistenza diventa la porta per aprire qualcosa che era chiuso in maniera definitiva. La domanda centrale da porsi è sul perché questa donna perseveri. La ragione non è nel giudice, perché egli non ha nessuna intenzione di fare giustizia, la ragione è dentro se stessa; lei non perde quell’elemento di interiorità che continua a muoverla per andare dal giudice.
6Disse il Signore: «Ascoltate cosa il giudice di iniquità dice. 7[E] Dio non farà la giustizia dei suoi eletti che gridano a lui giorno e notte, e sarà magnanimo con loro? L’atteggiamento interiore della vedova diventa pietra di paragone per quello che sta dicendo Gesù. Gli eletti che gridano a Gesù giorno e notte sono coloro che continuano incessantemente, persistentemente a pregare. Egli sottolinea l‘importanza di una preghiera che sia veramente insistente.
8Vi dico che farà giustizia loro in fretta. Ma il Figlio dell’uomo, venuto, forse che troverà la fede sulla terra?». L’esaudimento è legato ad una qualità della preghiera, che deve essere costante, insistente, che non si lascia fiaccare da una situazione che potrebbe abbatterci. Cosa perdiamo quando smettiamo di pregare? Perdiamo la fiducia che Dio possa esaudirci. Tuttavia perdiamo anche qualcosa che afferisce alla qualità del rapporto con Dio, cioè la fede. In ballo dunque, quando preghiamo di fronte ad un male, ad una situazione che ci fa fare fatica, c’è il rapporto con Dio. Gesù ci chiede la fede, ci chiede di continuare ad avere con Dio un rapporto di fiducia. Quando di fronte ad una situazione lasciamo perdere la preghiera, manifestiamo una carenza di fede, quando davanti ad una situazione difficile ci mettiamo in contatto diretto e continuo con Dio, allora esprimiamo una relazione, cioè una fede.
Di qui si spiega l’ultima domanda che pone Gesù, perché tra la manifestazione del Figlio dell’uomo e la venuta nella gloria c’è il momento della prova, nel quale bisogna conservare la fede. Tutte le prove della vita che comportano sofferenza mettono in discussione la nostra fede nel Signore e quindi lo scoraggiamento o peggio ancora lo scandalo o l’arrabbiatura sono tutte espressioni di un distacco dalla fede. Non ci viene detto che giustizia deve avere la vedova, perché Gesù sta facendo un paragone, la parabola serve per dire che Dio farà giustizia a coloro che gridano giorno e notte tanto più rispetto ad un giudice iniquo. Egli inoltre mette in rilievo la forza d’animo della vedova, che non si lascia abbattere: una tale forza è un modo per spiegare cosa sia la fede.
- Le risonanze personali
vv. 1-8 Mi sono chiesta anche io quante volte sono stata nei panni del giudice. Gesù ci invita a non inasprirci come il giudice che dopo tanti tormenti si decide ad ascoltare la vedova, e per non inasprirci ci invita a pregare tanto. L’ho paragonato al brano precedente, con l’invito a pregare ora e sempre. Solo pregando si aprono tante porte, una delle prime è la relazione.
vv. 1-8 Il verbo inasprirsi mi ha riportato alla mente la parabola del seminatore, le difficoltà possono soffocare la nostra fede e la nostra preghiera. La parabola mette in luce la bontà di Dio, indubbia, l’ultima domanda di Gesù invece ci fa capire che il problema è in noi, nella nostra fede troppo vacillante.
- Alcune domande per riflettere
- Mi è capitato nel vivere una sofferenza di cedere e abbandonare la preghiera? In che modo il male subito è entrato dentro di me? Cosa mi ha fatto? Come mi ha cambiato? Posso rimettere in preghiera questa ferita e provare a recuperare un atteggiamento di fiducia?
- Mi è capitato di vivere una difficoltà che è sembrata oggettivamente insormontabile e che si è protratta per «lungo tempo»? Come mi sono posto di fronte ad essa? Come mi sono posto di fronte al ripetuto silenzio/diniego rispetto alla mia richiesta/preghiera?
- La perseveranza della vedova le ottiene la giustizia. Ma per quale motivo la vedova persevera? Cosa la spinge a non abbattersi? Cosa c’entra questo motivo con la magnanimità di Dio?