82) Lc 18, 15-23 – 06/04/2022
1. Il testo
15Conducevano verso di lui anche gli infanti affinché li toccasse. Vedendo, i discepoli li ammonivano. 16Ma Gesù, [li] chiamò dicendo queste cose: «Lasciate che i bambini vengano verso di me e non glie lo impedite, di costoro infatti è il Regno di Dio. 17In verità vi dico, chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino, non entra in esso».
18E lo chiamò uno dei capi dicendo: «Maestro buono, dopo aver fatto cosa erediterò la vita eterna?» 19Disse a lui Gesù: «Perché mi dici buono? Nessuno è buono se non uno, Dio. 20[Tu] conosci i comandamenti: non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora il padre e la madre». 21Quegli disse: «Tutte queste cose ho osservato dalla giovinezza». 22Avendo udito Gesù gli disse: «Ancora una cosa ti manca: tutto quanto hai vendi[lo] e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli, e qui seguimi». 23Ma quello avendo udito queste cose divenne triste. Era infatti assai ricco.
2. Il messaggio
Questo è un vangelo provocatorio, perché comincia con un episodio particolare. Presentano a Gesù, gli infanti, i neonati, perché li tocchi, e ciò produce nei discepoli irritazione tanto da allontanarli.
Successivamente Gesù parla dei bambini (più grandi degli infanti), il riferimento serve per sottolineare un atteggiamento a cui ci siamo abituati. La presenza di Gesù attira, è bello ascoltarlo e non si vorrebbe essere disturbati da coloro che chiedono guarigione (come riportato nel capitolo 8 di Lc, nell’episodio della figlia del centurione : «perché disturbi il maestro? Tua figlia è morta»). La presenza dei bambini, importuna, deconcentra da quello che è l’ascolto di Gesù, ognuno vorrebbe avere il maestro tutto per sé.
Rispetto a questo atteggiamento, tuttavia, Gesù capovolge la prospettiva. «Lasciate che i bambini vengano verso di me e non glie lo impedite, di costoro infatti è il Regno di Dio», ed esprime un comando, di non impedire ai bambini di andare verso di Lui, perché difatti di costoro è il Regno di Dio.
Il Regno di Dio è dei bambini, dove ci sono loro c’è qualcosa che appartiene al Regno; Gesù utilizza la presenza dei bambini per far capire come bisogna accogliere la sua presenza e quella del Regno. Addirittura riferisce che chi non è come loro, non può entrarvi. Il Regno è presente, il regno è dei bambini e chi non lo vive come loro non può entrarvi. I bambini non vanno cacciati, ma avvicinati a Gesù, introdotti a Gesù, e va osservato il loro modo di relazionarsi a Lui perché quello è il modo per tutti.
È necessario far in modo che i bambini siano presenti nelle celebrazioni e far in modo che loro comprendano che cosa significhi stare in chiesa, chiaramente è faticoso, perché siamo nella stessa condizione dei discepoli, perché i bambini danno fastidio, e se ascoltiamo la nostra sensibilità andremmo contro Gesù. E’ giusto ed è bello che i bambini crescano all’interno di una comunità, ed è giusto che la comunità si faccia carico della presenza dei bambini che danno fastidio, perché un bambino non può non essere bambino e simultaneamente è giusto che ad un bambino venga insegnato progressivamente come si sta in questo luogo. Si tratta di una responsabilità della comunità nei confronti delle nuove generazioni che devono essere introdotte a Gesù.
Si presenta poi un capo dei sacerdoti che esprime una ricerca del cuore: 18 «Maestro buono, dopo aver fatto cosa erediterò la vita eterna?» Questa domanda riflette il modo di pensare di un israelita, il regno si eredita, si riceve, ma c’è la presenza di un futuro («erediterò») che stride con il presente di cui parla Gesù a proposito del riferimento al Regno.
19Disse a lui Gesù: «Perché mi dici buono? Nessuno è buono se non uno, Dio.» E’ come se Gesù ponesse la domanda Chi sono per te? È una domanda importante, posta dopo aver parlato dei bambini che accolgono il regno con semplicità senza se e senza ma, senza ragionamenti, senza opposizioni, forse anche in maniera incosciente, senza tutta quella pienezza di testa che caratterizza un adulto.
20[Tu] conosci i comandamenti: non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora il padre e la madre». I comandamenti che Gesù cita sono il quarto, il quinto, il sesto e l’ottavo, mancano i primi tre e gli ultimi due. I primi tre riguardano Dio, e quest’uomo riferisce a Gesù di averli osservati tutti sin da quando era piccolo. 21Quegli disse: «Tutte queste cose ho osservato dalla giovinezza». Gesù ascolta e gli dice «Ancora una cosa ti manca: tutto quanto hai vendi[lo] e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli, e qui seguimi». Le parole «È qui», significano «in questo momento», ciò significa che la sequela è adesso, si ha la possibilità ora di vivere la realizzazione del Regno.
23Ma quello avendo udito queste cose divenne triste. Era infatti assai ricco. Perché dovrebbe diventare triste se le ricchezze gli bastassero? Se le ricchezze sono tutto ciò che quest’uomo desidera, perché dovrebbe diventare triste? È triste perché scopre che non è capace di dire si al Regno perché legato alle ricchezze e questo fa scoprire un po’ meglio quella che è la dinamica di quest’uomo. Nella domanda «Signore cosa devo fare perché erediterò il regno?» sembra che lo spostare in avanti il regno di Dio sia anche un po’ un modo per dire, «è bello il regno di Dio, ma non adesso», tanto che all’invito di Gesù di ricevere il Regno adesso costui risponde di preferire le ricchezze. Questo svela le dinamiche interiori che appartengono a tutti: spostare il paradiso, il rapporto con Dio, la felicità che ne deriva dalla relazione con lui in un futuro indefinito.
Per quest’uomo infatti il paradiso è qualcosa che accade dopo la morte. Ci assomiglia in questo: in realtà noi non vogliamo morire, e in fondo se qualcuno ci dicesse che possiamo prolungare la nostra vita, noi lo rifaremmo all’infinito perché vogliamo rimanere qui sulla terra, ed è bene che la felicità che Gesù ci propone stia lontana. Le parole di Gesù sembrano chiedere se vogliamo davvero la Sua felicità ora, e la risposta che ne deriva è significativa del fatto che che in realtà il paradiso non lo si vuole, non lo si conosce e se possibile lo si sposta quanto più lontano possibile. Viviamo degli attaccamenti terreni che ci impediscono uno slancio e non ci portano ad accettare quello che Gesù vuole donarci.
3.Alcune domande per riflettere
- Il vangelo di Gesù è una sapienza incarnata. Abbiamo bisogno non solo di ascoltarlo nella meditazione, ma anche di vederlo nella vita. E forse in quelle situazioni che sono più scomode per noi. Quanta disposizione ho di vedere la presenza del regno di Dio in quelle realtà che non amo incontrare? Quanto sono tentato di vedere il Regno solo nelle realtà che mi fanno piacere?
- Il Regno di Dio è presente e se ne fa esperienza quando si rimuove dal proprio cuore ciò che costituisce un filtro – una condizione – alla Parola di Dio ascoltata? Quali sono le condizioni interiori che io pongo alla Parola di Dio? Quali elementi del vangelo sono per me “in-credibili”?
- Il capo che si rivolge a Gesù sembra vivere una scissione interiore: il presente ha le proprie ricchezze e il futuro è dedicato al Regno di Dio. Questo è segno di un Regno non veramente desiderato. Quanto desidero incontrare il Regno di Dio nel presente. Quante volte i miei pensieri su Dio sono indefinitivamente spostati in un tempo futuro? Cosa sarei disposto a dare per incontrare Gesù nella mia vita?