90) Lc 20, 9- 19 – 16/06/2022
- Il testo
9Cominciò a dire verso il popolo questa parabola: «Un uomo piantò una vigna e la affidò a coltivatori e partì per un tempo sufficiente. 10E in un momento mandò ai coltivatori un servo perché [essi] dessero a lui dal frutto della vigna. Ma i coltivatori, percuotendolo, lo rimandarono vuoto. 11Ed [egli] pose un altro servo da mandare. Ma quelli anche costui dopo averlo percosso e mancato di onore lo rimandarono vuoto. 12Ed [egli] pose il terzo da mandare. Ma quelli rimandarono anche questo dopo averlo ferito.
13Disse dunque il Signore della vigna: “Che farò? Manderò il mio figlio, l’amato. Probabilmente avranno rispetto di costui”. 14Vedendolo i coltivatori discutevano tra loro dicendo: “Costui è l’erede. uccidiamolo affinché sia a noi l’eredità”. 15E scacciatolo fuori dalla vigna [lo] uccisero. Cosa dunque farà loro il Signore della vigna? 16Verrà e ucciderà questi coltivatori e darà la vigna ad altri».
Avendo udito dissero: «Non avvenga!»
17Ma quegli, guardandoli dentro, disse: «Perché dunque è scritto questo: “La pietra che i costruttori hanno scartato, questa è stata resa per [essere] testata d’angolo?” 18Chiunque cade su quella pietra sarà spezzato e colui sul quale [essa] cadrà si distruggerà. 19E cercarono gli scribi e i sommi sacerdoti di gettare le mani su di lui in quell’ora, e furono impauriti dal popolo. Sapevano infatti che verso di loro aveva detto questa parabola.
- Il messaggio
La mancata risposta degli Scribi e dei Sommi Sacerdoti verso Gesù rappresenta un punto di rottura e di non ritorno, perché essi più che alla verità delle cose sembrano interessati alla Sua autorità: questo conduce al una contesa. In risposta a questa situazione, Gesù racconta una parabola diversa dalle altre, la simbologia della vigna riporta all’immagine del Popolo di Dio. Gli Scribi ed i Sommi Sacerdoti Sapevano infatti che verso di loro aveva detto questa parabola: ci sono dei coltivatori che non sono i proprietari, che devono occuparsi della vigna, il Popolo di Israele, e della quale verranno chiesti i frutti, ma dal legittimo proprietario.
Si comprende bene quale sia l’oggetto conteso: il Popolo di Israele. Il sacerdote ha una funzione nei confronti del Popolo. E il versetto 19, e furono impauriti dal popolo, fa comprendere l’oggetto del possesso conteso, dimenticando che il popolo è di Dio.
9 Un uomo piantò una vigna e la affidò a coltivatori e partì per un tempo sufficiente. Il tempo è sufficiente perché produca frutto. Dio, infatti, ci dona un tempo per fare le nostre cose. Ma questo tempo ha una fine.
10E in un momento mandò ai coltivatori un servo perché [essi] dessero a lui dal frutto della vigna. Il termine greco utilizzato, letteralmente “dal frutto della vigna”, indica la parzialità non la totalità; dei frutti infatti vengono tralasciati. Tuttavia, dinanzi a questa richiesta, l’atteggiamento dei coltivatori è sorprendente perché nei tre esempi essi rifiutano l’Autorità del Signore, rimandando indietro i servi con un’escalation di violenza, sempre maggiore: percosse (al primo servo); percorse e mancanza di rispetto (al secondo); ferite (al terzo servo): Ma i coltivatori, percuotendolo, lo rimandarono vuoto. 11Ed [egli] pose un altro servo da mandare. Ma quelli anche costui dopo averlo percosso e mancato di onore lo rimandarono vuoto. 12Ed [egli] pose il terzo da mandare. Ma quelli rimandarono anche questo dopo averlo ferito.
La sequenza degli eventi è accompagnata da una insistenza del Signore, che svela come il Signore tenga proprio a questa Vigna, e vuole i frutti senza arrendersi alla prima occasione. Non immagina che si arrivi ad una deriva così alta tanto che venga ucciso il proprio figlio: 13Disse dunque il Signore della vigna: “Che farò? Manderò il mio figlio, l’amato. Probabilmente avranno rispetto di costui”.
Egli, quindi, crede che la società sia ancora in grado di mantenere l’onore e il rispetto, nonostante l’escalation di violenza cui ha assistito, e nonostante l’onore e il rispetto siano stati già negati al secondo servo. Quindi, metaforicamente parlando, la persona di Gesù, del Figlio, è anche la cartina di tornasole di quale sia la condizione della società. La figura del Figlio, di fatto, è quella che sblocca la situazione, perché ancora una volta svela la verità. L’insistenza del Signore, la violenza dei coltivatori trovano il punto di incrocio nel Figlio. Questi infatti fa emergere i pensieri del cuore. Il Figlio è l’antagonista dei desideri illegittimi dei coltivatori, e l’uccisione è la soluzione estrema, conseguenza dell’atteggiamento portato fino all’estremo dei desideri personali dei coltivatori. Nei coltivatori avviene questo: si desidera talmente tanto usurpare questa situazione che si è pronti ad uccidere. Ritroviamo una similitudine con l’atteggiamento di Caino (il fatto che Dio preferisca i doni di Abele fratello ai suoi diventa insopportabile tanto da non accettare ed ammazzare). Gesù così fa emergere che la Società dei coltivatori è malvagia, infatti questa adotta il principio di Caino, un principio fratricida: 14Vedendolo i coltivatori discutevano tra loro dicendo: “Costui è l’erede. uccidiamolo affinché sia a noi l’eredità”. 15E scacciatolo fuori dalla vigna [lo] uccisero.
Si tratta evidentemente di una lettura della condizione dell’uomo; non c’è spazio per una visione buonista. I nostri modi di pensare nei confronti di Gesù esprimono, portati all’estreme conseguenze, la verità dei nostri atteggiamenti: seguiremo Gesù, o siamo pronti ad ucciderlo?
Qual è l’epilogo? La punizione è la morte dei vignaioli, la sottrazione della vigna che viene affidata ad altri, non è più questione dei frutti: Cosa dunque farà loro il Signore della vigna? 16Verrà e ucciderà questi coltivatori e darà la vigna ad altri. Impressiona come gli Scribi e Sommi Sacerdoti si ribellino dinanzi a queste parole: Avendo udito dissero: «Non avvenga!» Ed infatti, con questa esclamazione, questi si identificano nei vignaioli, e facendo questo accettano chiaramente il principio del sopruso, accettano il desiderio anche se illegittimo di impadronirsi della vigna e di uccidere l’erede. Questo è un punto di non ritorno: noi accettiamo il male anche consapevolmente, perché il nostro desiderio è quello di impadronirci della vigna, e non siamo riusciti a negare il nostro desiderio, che qui diventa omicida.
La risposta di Gesù, però, è lapidaria: 17Ma quegli, guardandoli dentro, disse: «Perché dunque è scritto questo: “La pietra che i costruttori hanno scartato, questa è stata resa per [essere] testata d’angolo?” 18Chiunque cade su quella pietra sarà spezzato e colui sul quale [essa] cadrà si distruggerà. Finanche l’uccisione del Giusto, lo scartare la pietra angolare, diventerà strumento di condanna di quei malvagi e redenzione del Giusto. Cioè, Dio utilizza finanche la malizia umana, la cattiveria umana, per capovolgere la situazione che si viene a creare. Il che significa, secondo quanto detto da Gesù, che si può anche fare i furbi, ma Dio ritorcerà contro questa stessa furbizia. La bontà di Dio è più forte della malvagità, anche se si deve passare per la morte. Questo è il punto cruciale: la Pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo.
Gli Scribi ed i Sommi Sacerdoti fanno proprio anche l’atteggiamento di Giuda. Si sono svelati nella loro malvagità, hanno deciso di non essere nella verità dinanzi a Dio, hanno scelto per il male, e sono chiamati e farlo, anche in fretta.
Ciò che impressiona è che Gesù, pur potendoli fermare, non li ferma; non ferma le loro trame, che avrebbe potuto denunciare. Gesù accetta che essi esercitino fin in fondo la loro libertà, assumendo la fatica, il dolore, persino la morte che ne deriva dalla loro decisione; ma mostrando che quella malizia, quella cattiveria non potranno essere l’ultima parola. Questo è di monito a noi: il male, la furbizia, la scorciatoia non possono avere l’ultima parola, non hanno futuro. Dio ha già vinto il mondo, ma questo il mondo non lo sa!
Questo passo dei Vangelo fa riferimento, evidentemente, alla vittoria di Cristo passando per la Sua apparente sconfitta, al Suo essere scartato, al Suo non essere stato considerato tale agli occhi dei grandi del mondo. E questo ci insegna anche tanto per comprendere la nostra “efficacia” nel mondo. Abbiamo bisogno di essere cristiani realmente credenti anche in particolari situazioni di reiezione, allontanamento. Perché, forse, sono proprio queste situazioni accettate che permettono a Dio di agire.
3. Alcune domande per riflettere
- [La mia fede] Gesù è sempre verità. Non solo Verità che viene da Dio, ma anche verità di noi stessi. Dal rapporto con Gesù e la sua Parola viene fuori, cioè, chi siamo realmente. Cosa dice alla mi a vita la Parola di Gesù? Sono folla che lo protegge o scriba che – sentendosi minacciato – tenta di eliminarlo?
- [Gli altri] Portare alle estreme conseguenze le decisioni che cercano felicità non secondo Gesù conduce a uccidere. Prima Gesù e poi gli altri, visti come miei concorrenti. Quanto vedo nell’altro un fratello e quanto un concorrente alla mia felicità. In cosa l’altro mina la mia sicurezza di felicità? In cosa è un aiuto?
- [La prassi] La malizia umana che difende illegittimi “possessi” è destinata a soccombere. Nessuna furbizia può vincere con Dio. Quanto la mia fede mi rende consapevole della superiorità di Dio? Quanto penso di poter custodire un privato che non compete – esclude – Dio?