12) Lc 2,33-40 15/01/20
1. Il testo
33E il padre e la madre di lui erano stupiti delle cose dette su di lui. 34E Simeone li benedisse e disse a Maria, la madre di lui: «Ecco costui giace per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35 – e a te una spada trafiggerà la tua anima – così che siano svelati i pensieri da molti cuori».
36E c’era Anna, una profetessa, figlia di Fanuele, dalla tribù di Aser. Ella era avanzata in molti giorni. Avendo vissuto con il marito sette anni dalla sua verginità 37, e poi vedova fino a ottantaquattro anni, non lasciava il tempio servendo con digiuni e preghiere, notte e giorno. 38E giunta in quell’ora ringraziava Dio e parlava di lui [bambino] a tutti coloro che attendevano la liberazione di Gerusalemme.
39E come compirono tutto secondo la legge del Signore, ritornarono in Galilea nella loro città di Nazaret. 40 Il bambino cresceva e si rafforzava pieno di sapienza, e grazia di Dio era su di lui.
2. Il messaggio
Si tratta di un brano di rivelazione, infatti si legge alla Candelora (2 febbraio, festa della Presentazione di Gesù al tempio).
33E il padre e la madre di lui erano stupiti delle cose dette su di lui. Quello che sta accadendo ci aiuta a comprendere sempre di più la persona di Gesù. Nonostante Giuseppe e Maria abbiano già ascoltato l’angelo Gabriele e i pastori, sono stupiti – ‘stupore’ implica anche ‘novità’. Mman mano che si procede col racconto assistiamo ad un incremento della conoscenza di Gesù da parte dei genitori (le persone in assoluto più vicine a lui) e dunque dello stupore. Al contrario, quando pensiamo di sapere bene o male chi sia Gesù, quello che ci chiede, e ci sentiamo a posto abbiamo perso questa dimensione di stupore, di ricerca e di conoscenza di Gesù. In ogni vocazione (che sia matrimonio, consacrazione, etc…) non si finisce mai di scoprire quello che Gesù ci chiede. Ad esempio, Anna si presenta come una figura che vive un certo tipo di vocazione e poi va avanti nella conoscenza di Gesù, è presente una dimensione di crescita.
34E Simeone li benedisse e disse a Maria, la madre di lui: «Ecco costui giace per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35 – e a te una spada trafiggerà la tua anima – così che siano svelati i pensieri da molti cuori». Simeone benedice Giuseppe e Maria e poi dice una cosa molto particolare: “costui giace” (keitai), che si può tradurre con “sta”, “è presente”. Il bambino diventa cioè una cartina di tornasole, il punto rispetto al quale noi decidiamo se cadere o stare in piedi, è Gesù la persona rispetto alla quale c’è questa divisione di categorie. Simeone dice che c’è una sola distinzione: quelli che restano in piedi rispetto a Gesù e quelli che cadono. Ma che significa restare in piedi o cadere? Per svelare i pensieri ci vuole la contraddizione. Possiamo affermare di avere fede o meno in Gesù, Lui giace per la caduta e la resurrezione, vi sono coloro che lo rinnegano e quelli che l’accolgono. Ma in che modo scopriamo se abbiamo realmente fede? Questo accade quando rispetto ad una contraddizione noi continuiamo ad avere fiducia in Lui o no. E’ molto facile aver fiducia quando Gesù compie miracoli (moltiplica i pani, guarisce il lebbroso, etc…), non è quello il momento della fiducia. La fiducia in Lui avviene quando Gesù diventa SEGNO DI CONTRADDIZIONE e quindi non lo capiamo, ci scandalizza. La fiducia non può esser frutto di ragionevolezza, che rischierebbe di sostituire l’atto di affidamento. Esso avviene in una situazione di prova. Non si tratta di una novità, si trova anche in Deuteronomio cap.8 vv.2: «Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore».Il deserto è il luogo della prova, dove mancano le cose normali e dove si manifesta se Israele ha fede o no. Come nel brano evangelico (Gv. 21, 1-14) in cui i discepoli sono invitati a gettare le reti dall’altro lato, anche noi siamo invitati a compiere un atto di fiducia che supera la nostra esperienza. Per esercitare la fede ci vuole la prova, senza di essa non sapremo mai se la nostra fede è vera o no; i primi a non sapere se abbiamo fede o meno siamo noi. Anche il Salmo 138 recita: «Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri…»: il Signore ci conosce meglio di quanto noi possiamo conoscerci e infatti lo stesso salmo termina con: «mettimi alla prova», il salmista esorta Dio a metterlo alla prova affinché lui stesso conosca i suoi pensieri. Il Signore ci mette alla prova non perché non conosca la nostra interiorità, ma perché noi non sappiamo se abbiamo sufficiente fede in Lui. C’è tutta una tradizione monastica che nasce nel IV sec. d.C. in cui i monaci si dirigono nel deserto per ripetere l’esperienza d’Israele (senza acqua, cibo, in silenzio) per comprendere se la loro fede sia autentica o meno.
Si può notare che l’inciso «E a te una spada trafiggerà la tua anima»si trova tra «segno di contraddizione» e «siano svelati i pensieri di molti cuori». Maria non è esente dalla prova, perché dovrebbe esserlo? Lei è come tutti gli altri, anzi la sua prova è più consistente perché ha ricevuto di più: ha fatto esperienza dell’arcangelo Gabriele, ha portato in grembo il Dio-uomo; in termini di creaturalità è di gran lunga superiore a tutte le altre creature, è ineguagliabile essendo la Madre di Dio. Per questo la sua è la prova più difficile (cf. Lc 32, 48: «a chi molto è stato dato sarà richiesto molto di più»). Questo discorso riguarda l’esperienza di ciascuno di noi, fare esperienza di Cristo e poi non cambiare vita equivale a rinnegarlo. Se uno è totalmente ignorante in merito e si comporta come se Gesù non esistesse è un conto, ma se lo si conosce e ci si comporta come se non esistesse è peggio. Qual è la prova di Maria? Ha avuto un figlio che era promesso re d’Israele, regnante con scettro di ferro tutto l’Universo, che muore in croce condannato dalla Chiesa del tempo, quindi “maledetto”; questa è una prova perché va contro le accuse rivolte a Gesù. Uno degli aspetti più terribili della croce è lo scandalo, quindi non tanto le sofferenze fisiche che comunque costituiscono un aspetto importante, ma soprattutto lo scandalo che deriva dalla condanna religiosa di Gesù, ritenuto un bestemmiatore. Lo scandalo è proprio questo: Dio incarnato che muore scomunicato dalla sinagoga. Le prove esprimono sempre misteriosamente qualcosa che appartiene al modo di fare di Dio e non a tutte le nostre coerenza logiche.
36E c’era Anna, una profetessa, figlia di Fanuele, dalla tribù di Aser. Ella era avanzata in molti giorni. Avendo vissuto con il marito sette anni dalla sua verginità 37, e poi vedova fino a ottantaquattro anni, non lasciava il tempio servendo con digiuni e preghiere, notte e giorno. 38E giunta in quell’ora ringraziava Dio e parlava di lui [bambino] a tutti coloro che attendevano la liberazione di Gerusalemme. Nella vicenda di Anna sembra che si incarni una situazione che è espressione della distinzione appena fatta tra caduta-e resurrezione. Potremmo chiederci se si tratta di una storia triste o felice. Apparentemente è triste. Eppure a ben guardare essa è presentata come storia felice. Dopo esser rimasta vedova sembra quasi si sia “sposata” col tempio… e riesce a fare esperienza del compimento della sua attesa! Questo mostra che a seconda della nostra prospettiva la situazione cambia, la fede o si possiede o no, non c’è una via di mezzo, o il Vangelo è verità o menzogna. La pretesa con la quale parla Gesù non ha precedenti, non è possibile relativizzare. Anna è felice: il bambino è l’origine della sua gioia e contentezza, è il compimento di tutte le sue attese, veglie. In lui finalmente si è instaurata una conoscenza con quel Dio che adora. La cosa interessante è che non ne parla a tutti, ma soltanto a coloro che aspettano la liberazione d’Israele. Qui c’è il centro della nostra fede, perché una persona che vive in attesa di una liberazione è pienamente consapevole di essere incatenata, schiava. Immaginiamo un carcerato che attende l’ora in cui finirà la sua pena, allo stesso modo Anna vede il bambino e si sente liberata, e può dirlo a chi vive la stessa condizione di attesa della liberazione. In questo senso, se non vi è questo desiderio, il segno di contraddizione non si comprende, non interessa. Gesù rimane segno di contraddizione perché ha una pretesa nelle cose che dice che nessun altro ha.
39E come compirono tutto secondo la legge del Signore, ritornarono in Galilea nella loro città di Nazaret. 40 Il bambino cresceva e si rafforzava pieno di sapienza, e grazia di Dio era su di lui. La frase finale si ricollega al brano precedente, Luca lo chiarirà ancora meglio nei brani successivi, volendoci spiegare che il mistero di Gesù è anche il mistero dell’uomo. Gesù (come per Maria) cresce in età, sapienza e grazia tramite un processo graduale. Maria, ad esempio, non è nella condizione di sapere tutto, perché altrimenti non avrebbe fede. Accetta con fiducia una cosa terribile, una spada che trafigge l’anima, ma sa che viene da Dio, che Lui la permette, dunque la accetta.
In conclusione, il brano ci invita a riflettere su quali siano gli aspetti di contraddizione che arrivano da Gesù nella nostra vita e soprattutto se questi aspetti sono da noi accettati o no. Nello specifico, questo brano non ci chiede di fare nulla, non ci dice quali siano le azioni da compiere, ma ci fornisce una visione di come agisce Dio. Rispetto a questa visione, noi possiamo accettare o meno quello che viene da Dio e possiamo fare un’analisi della nostra capacità di leggere alla presenza della luce di Dio le cose che non ci piacciono. Oggi tendiamo ad avere una mentalità tale che se non vi è una realtà tangibile non la consideriamo; in realtà però noi siamo fatti di grande interiorità, ed è questa che influenza il nostro modo di vedere le cose e di relazionarci con cose e persone.
3. Le risonanze personali
vv. 33-40 Mi sono riecheggiati costantemente i vv. 34 e 35, relativi a Gesù e Maria. Quello relativo a Gesù parla di morte e risurrezione, una proprio i termini della passione e della pasqua, quello relativo a Maria fa riferimento alla Parola che è come una spada a doppio taglio, e mi fa pensare a quanto Maria sia stata unita alla Parola, da portarla nel suo grembo e nel suo cuore, e quanto questo le sia costato. Ma dei due vv. mi colpisce il termine ‘per molti’. Entrambi hanno sofferto, hanno vissuto ‘per molti’ (locuzione eucaristica), non per sé, ed è questo che ha fatto la nostra salvezza. Così, anche noi siamo chiamati a vivere per gli altri, a farci dono, a donare la nostra vita.
vv. 33-40 In questo passo la prima cosa che mi colpisce è lo stupore di Giuseppe e Maria. Loro, nonostante abbiano già accolto la Parola e visto la realizzazione di questa nelle loro vite, continuano ad essere meravigliati di quello che Dio opera mediante Gesù. Questo aspetto mi ha fatto riflettere su come la Parola, se accolta, ha sempre la capacità di stupire del modo in cui Dio opera. Proseguendo nel brano troviamo le parole di Simeone a Maria che ha suscitato diversi pensieri. Come prima cosa ho notato che Simeone si rivolge solo a Maria. Sole lei può comprendere a pieno la contraddizione perché a differenza di Giuseppe solo lei accompagnerà il figlio alla croce? Inoltre l’inciso «una spada ti trafiggerà l’anima» è un’espressione molto forte e mi sorprende da un lato il silenzio di Maria, che ancora una volta custodisce nel cuore questa parola dura, e dall’altro il fatto che dopo aver compiuto tutto secondo la legge rientrano in Galilea e contribuiscono alla crescita di Gesù. Ho pensato così a quale sia il mio modo di reagire quando ci sono delle cose nella mia vita che non vanno come vorrei. Sempre nelle parole di Simeone troviamo l’espressione «così che siano svelati i pensieri da molti cuori». Questa espressione mi ha riportato al concetto di “educare i desideri del cuore” secondo la volontà di Dio e ho associato questo alla contraddizioneche vive il cristiano se riesce a superare il dolore in Cristo o rimane ancorato allo sconforto. Un esempio ci è offerto dalla profetessa Anna che ha vissuto un dolore ma continua a vivere servendo il Signore e nella vecchiaia ringrazia Dio e rende testimonianza.
vv. 33-40 Maria, Giuseppe ed Anna sono grandi esempi di chi nonostante le tribolazioni, nonostante le condizioni sfavorevoli non si fanno scalfire nel desiderio di Dio più importante di ogni cosa e di ogni persona cara . La preghiera è quella di chiedere al Signore di aiutarci a prendere loro come modello nei momenti in cui crediamo che il Signore non sia attento alle nostre necessità solo perché non vediamo realizzati i nostri desideri.
vv.34 Simeone pronuncia altre profezie, una su Gesù e una su Maria. Io accetto nella mia vita i segni di contraddizione che mi pone Gesù? Accetto che seguendo Gesù si va incontro a persecuzioni e difficoltà come Maria?
v.35 Maria e Giuseppe ascoltano queste parole, in particolar modo dirette a Maria . La prima domanda che sorge spontanea è come può Maria aver vissuto dopo questa rivelazione? Ogni mamma desidera per il proprio figlio il meglio fino al punto di evitare che questo possa vivere qualche esperienza dolorosa . Come ha vissuto Maria dopo queste parole ? Nel brano viene solo riportato lo stupore e il fatto che comunque portarono a compimento tutto quanto era prescritto dalla legge del Signore . Non si parla di turbamento, sconvolgimento nulla di tutto questo, solo di una coppia che ascolta, accoglie il messaggio ed obbedisce alla legge del Signore anche quando le cose prospettate non sono proprio facili da accettare.
v.36. La figura di Anna, perché viene riportata ? Qual è il messaggio che ci viene dato con questa descrizione ? Anna sembra una donna che ha vissuto una vita infelice sposata e vedova da sempre, deprivata dalla presenza del marito da sempre, deprivata dell’affetto, della complicità, del supporto, della condivisione dei carichi etc.. Eppure è lì nel tempio a servire il Signore con preghiere e digiuni notte e giorno, sempre! Come fa ad essere così fedele al Signore ? Come fa ad essere così riconoscente nei confronti del Signore nonostante tutto ?
v. 38 Si è compiuta la promessa e la reazione di Anna è di ringraziamento e di testimonianza.